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Disturbo quiete pubblica: rumori in condominio

Una coppia viene condannata per disturbo della quiete pubblica a causa di rumori condominiali. La Corte di Cassazione annulla la sentenza, chiarendo che per configurare il reato non basta la lamentela del vicino, ma serve la prova che il rumore disturbi una pluralità indeterminata di persone, altrimenti si tratta di un illecito civile.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rumori in condominio: quando scatta il reato di disturbo della quiete pubblica?

Il confine tra una semplice lite condominiale e un reato penale è spesso sottile. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2071/2024) ha fornito un chiarimento fondamentale sul disturbo della quiete pubblica in ambito condominiale, stabilendo che non basta la lamentela del vicino del piano di sotto per far scattare una condanna penale. È necessario dimostrare che i rumori abbiano la capacità di molestare un numero indeterminato di persone.

I Fatti del Caso

Due coniugi erano stati condannati dal Tribunale di Taranto al pagamento di un’ammenda per il reato previsto dall’art. 659 del Codice Penale. L’accusa era quella di aver provocato, nel loro appartamento, rumori molesti (come il ticchettio dei tacchi e lo spostamento di mobili) nelle prime ore del mattino, superando la normale tollerabilità. Le lamentele provenivano esclusivamente dalle due residenti dell’appartamento sottostante, che avevano sporto denuncia.

L’Appello in Cassazione: Illecito Civile o Reato Penale?

I difensori della coppia hanno presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un punto cruciale: il reato di disturbo della quiete pubblica tutela, come dice il nome stesso, la ‘quiete pubblica’, non quella del singolo. Per configurarsi, il disturbo deve avere una potenziale diffusività tale da arrecare molestia a una cerchia indeterminata di persone (ad esempio, gran parte del condominio o del vicinato) e non solo ai diretti confinanti. Nel caso di specie, nessuna altra persona nel condominio aveva lamentato i rumori o testimoniato in tal senso. La difesa ha quindi argomentato che la questione rientrasse nell’ambito dell’illecito civile (art. 844 c.c.), che regola i rapporti tra vicini, e non in quello penale.

Le Motivazioni: la diffusività del rumore come elemento chiave del disturbo della quiete pubblica

La Corte di Cassazione ha accolto pienamente le argomentazioni della difesa, annullando la sentenza di condanna ‘perché il fatto non sussiste’. I giudici hanno chiarito che, per integrare la contravvenzione di disturbo della quiete pubblica, non è sufficiente che i rumori siano semplicemente fastidiosi per chi abita nell’appartamento adiacente. È indispensabile provare l’idoneità del rumore a disturbare un numero più vasto di persone.

La Corte ha specificato che rumori come il calpestio con i tacchi o il trascinamento di mobili, per loro natura, hanno una propagazione limitata principalmente in senso verticale (dal pavimento di un’unità al soffitto di quella sottostante). È quindi improbabile che possano essere percepiti concretamente da altri condomini, a meno di una particolare conformazione dell’edificio o di un’intensità sonora eccezionale, circostanze che devono essere provate in giudizio. Poiché nel processo erano emerse solo le lamentele delle vicine del piano di sotto e non vi erano prove (come perizie fonometriche o testimonianze di altri residenti) di una più ampia diffusività, mancava l’elemento costitutivo del reato: l’offesa alla quiete pubblica.

Le Conclusioni: La Decisione della Corte

Con questa sentenza, la Cassazione ribadisce un principio fondamentale: non ogni rumore molesto in condominio è un reato. La lamentela del singolo, seppur legittima, può dar vita a un’azione civile per ottenere un risarcimento del danno o un ordine di cessazione delle molestie ai sensi dell’art. 844 del Codice Civile. Per arrivare a una condanna penale, invece, l’accusa deve dimostrare che il rumore ha superato la sfera privata dei rapporti di vicinato e ha assunto una dimensione ‘pubblica’, ovvero ha leso l’interesse della collettività al riposo e alla tranquillità. La mancanza di questa prova determina l’insussistenza del fatto-reato, come avvenuto nel caso esaminato.

Quando un rumore in condominio diventa reato di disturbo della quiete pubblica?
Un rumore diventa reato di disturbo della quiete pubblica quando è idoneo, per sua natura e intensità, a disturbare non solo i vicini diretti, ma un numero indeterminato di persone, ledendo così la tranquillità della collettività e non solo quella del singolo.

La sola testimonianza del vicino di casa è sufficiente per una condanna penale?
No. Secondo questa sentenza, la sola lamentela degli abitanti dell’appartamento sottostante, in assenza di prove sulla percezione del rumore da parte di altri condomini o di una sua ampia diffusività, non è sufficiente a integrare il reato, poiché non dimostra il carattere ‘pubblico’ del disturbo.

Qual è la differenza tra l’illecito civile per rumori (art. 844 c.c.) e il reato di disturbo della quiete pubblica (art. 659 c.p.)?
L’illecito civile (art. 844 c.c.) riguarda la violazione dei limiti della normale tollerabilità nei rapporti tra proprietà vicine e può portare a un risarcimento del danno. Il reato penale (art. 659 c.p.) protegge l’ordine pubblico e richiede che il rumore abbia l’effetto di arrecare disturbo a una cerchia più ampia e indeterminata di persone, configurando un’offesa alla collettività.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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