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Disturbo quiete pubblica: quando il rumore è reato

La Corte di Cassazione chiarisce la differenza tra illecito amministrativo e reato per emissioni rumorose. Un aerogeneratore produceva un rumore intollerabile, superando notevolmente i limiti di legge. Il Tribunale del Riesame aveva annullato il sequestro, derubricando il fatto a mero illecito amministrativo. La Cassazione ha annullato tale decisione, stabilendo che un superamento così marcato e con una vasta capacità di diffusione del rumore integra il reato di disturbo quiete pubblica previsto dall’art. 659, comma 1, del codice penale, in quanto l’attività eccede le normali modalità di esercizio e turba la quiete pubblica.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disturbo della quiete pubblica: quando il rumore eccessivo diventa reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 12672/2025) ha fornito un chiarimento fondamentale sulla linea di demarcazione tra illecito amministrativo e reato in materia di inquinamento acustico. La pronuncia riguarda il caso di un aerogeneratore le cui emissioni sonore avevano causato notevoli disagi, sollevando la questione cruciale: il superamento dei limiti di rumore è sempre e solo una violazione amministrativa? La Corte ha risposto negativamente, affermando che un rumore oggettivamente intollerabile e diffuso può configurare il più grave reato di disturbo quiete pubblica.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dal sequestro preventivo delle pale di un aerogeneratore da 850 KW, disposto in seguito a segnalazioni per le sue rumorose emissioni. Il Tribunale di Roma aveva inizialmente convalidato il sequestro, qualificando la condotta come reato ai sensi dell’art. 659, comma 1, del codice penale (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone). Successivamente, il Tribunale di Catanzaro, in funzione di Tribunale del Riesame, aveva annullato il provvedimento, ritenendo che si trattasse di un semplice illecito amministrativo previsto dalla legge quadro sull’inquinamento acustico (L. 447/1995), specificamente per il mero superamento dei limiti di emissione. Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’errata interpretazione della legge.

La Differenza tra Illecito e Reato nel Disturbo della Quiete Pubblica

La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i criteri distintivi tra le diverse fattispecie legate alle emissioni rumorose. Secondo la giurisprudenza consolidata, si possono configurare tre scenari:

1. Illecito Amministrativo (Art. 10, co. 2, L. 447/95): Si verifica quando vi è esclusivamente il superamento dei limiti di emissione sonora fissati dalle normative specifiche, senza altre violazioni. È la sanzione tipica per le attività che, pur rispettando le altre regole, risultano troppo rumorose.
2. Reato Contravvenzionale (Art. 659, co. 2, c.p.): Scatta quando un’attività o un mestiere rumoroso viene esercitato violando specifiche disposizioni di legge o prescrizioni dell’autorità (diverse da quelle sui limiti di rumore). Ad esempio, operare fuori dagli orari consentiti.
3. Reato Contravvenzionale (Art. 659, co. 1, c.p.): Si configura quando l’attività rumorosa, indipendentemente dalla sua natura, eccede le normali modalità di esercizio, generando un rumore idoneo a turbare la pubblica quiete. Non si guarda solo al superamento di una soglia, ma alla capacità del rumore di disturbare un numero indeterminato di persone.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha stabilito che il Tribunale del Riesame ha commesso un errore nel considerare la situazione come un “mero superamento dei limiti di emissione”. I dati emersi erano eloquenti: un superamento del rumore differenziale di 19,3 dB durante il giorno e 3 dB di notte, unito alla “propensione espansiva del rumore” generato. Secondo i giudici di legittimità, una condotta del genere non può essere liquidata come un semplice illecito amministrativo. Al contrario, tale marcato superamento dei limiti e la sua capacità di diffondersi nell’area circostante dimostrano che l’attività dell’aerogeneratore stava eccedendo le “normali modalità di esercizio”, diventando così una fonte di disturbo per l’intera comunità locale. Questa condotta, per la sua intrinseca idoneità a ledere la tranquillità pubblica, rientra a pieno titolo nella fattispecie penale del disturbo quiete pubblica ai sensi dell’art. 659, comma 1, c.p.

Conclusioni

La sentenza annulla l’ordinanza del Tribunale del Riesame e rinvia il caso per un nuovo giudizio, che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chi gestisce attività potenzialmente rumorose non può limitarsi a considerare solo il rispetto formale dei limiti tabellari. Se l’impatto acustico è talmente grave da disturbare la collettività, si rischia una condanna penale, con conseguenze ben più serie di una sanzione amministrativa. Viene così riaffermata la centralità del bene giuridico della quiete pubblica, tutelato penalmente quando la molestia sonora assume un carattere diffuso e intollerabile.

Quando il superamento dei limiti di rumore diventa un reato penale?
Diventa il reato di disturbo della quiete pubblica (art. 659, comma 1, c.p.) quando l’attività rumorosa eccede le normali modalità di esercizio, producendo un rumore così intenso e diffuso da essere idoneo a disturbare un numero indeterminato di persone, non limitandosi al semplice superamento di una soglia numerica.

Qual è stato l’errore del Tribunale del Riesame secondo la Cassazione?
L’errore è stato considerare il notevole superamento dei limiti di rumore (19,3 dB di giorno e 3 dB di notte) e la sua ampia diffusività come un “mero superamento dei limiti di emissione”, qualificandolo erroneamente come illecito amministrativo anziché come il più grave reato di disturbo della quiete pubblica.

Che differenza c’è tra il primo e il secondo comma dell’articolo 659 del codice penale?
Il primo comma punisce chiunque disturbi il riposo o le occupazioni delle persone con schiamazzi, rumori o abuso di strumenti sonori, tutelando la quiete pubblica in generale. Il secondo comma, invece, punisce specificamente chi esercita una professione o un mestiere rumoroso violando le disposizioni di legge o le prescrizioni dell’autorità, anche se non si prova un effettivo disturbo alla quiete pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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