Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3788 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 3788 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/11/2022 della C(:)RTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona del sostituto procuratore COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 11 novembre 2022 la Corte di appello di Messina, confermando la sentenza emessa in data 01 febbraio 2022 dal Tribunale di Messina, ha condanNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di cui agli artt. 681 e 659 cod.pen. commessi fino al 14/07/2019.
La Corte ha respinto tutti i motivi di appello nel merito, relativi alla sussistenza dei reati e alla responsabilità dell’imputato COGNOME, ed ha confermato la congruità della pena irrogata.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso, con un unico atto, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per mezzo del loro difensore AVV_NOTAIO, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., in relazione all’art. 681 cod.pen., e il vizio d motivazione in relazione a tutti i motivi di appello.
La motivazione è errata laddove ha ritenuto affidabile il conteggio manuale dei presenti effettuato da quattro militari contemporaneamente, essendo fondata la possibilità di una duplicazione del conteggio a causa del metodo utilizzato. Non è provato che non fossero disponibili altri sistemi di conteggio, e comunque i Carabinieri avrebbero potuto contare i biglietti venduti, nonostante la chiusura del botteghino. L’affermazione dell’avvenuto superamento della capienza consentita, che comporta la sussistenza dei reato di cui all’art. 681 cod.pen., è pertanto illogica.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., in relazione all’art. 659 cod.pen., e il vizio di motivazione sul punto.
Risulta certo che la rumorosità del locale non è stata accertata con strumenti appositi il giorno 14/07/2019, e la Corte ha fondato la prova per la condanna su accertamenti svolti in epoca successiva, il 28/07/2019, che non possono dimostrare quanto verificatosi n& giorno contestato. Inoltre non è provato che l’attività fosse idonea a disturbare un numero indiscrimiNOME di persone.
2.3. Con il terzo motivo deducono la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., in relazione all’art. 2639 cod. civ., e il vizio motivazione circa il ruolo dell’imputato COGNOME.
Questi era solo occasionalmente presente sul posto, il 14/07/2019, ma era privo dei requisiti richiesti dall’art. 2639 cod. civ. per essere ritenuto il gestor
dell’attività. In particolare mancavano i requisiti della continuità e significativit degli atti di gestione, essendo irrilevanti la sua mera presenza nel locale e il rapporto di coniugio con l’amministratrice.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, perché meramente reiterativo dei motivi di appello e contenente doglianze solo di merito.
I ricorrenti hanno depositato conclusioni scritte con le quali ribadiscono le loro doglianze, sottolineando che non sono state dedotte questioni di merito, ma è stata eccepita la illogicità della motivazione, ad esempio fondando la prova della sussistenza dell’art. 659 cod.pen. su una misurazione dei decibel compiuta successivamente alla data del fatto. GLYPH La motivazione, poi, è errata quanto alla responsabilità del COGNOME, che è stata affermata nonostante la sentenza stessa parli di una sua presenza «seppur occasionale», mentre per attribuire la qualità di gestore è richiesta la continuatività e significatività degli atti di gestione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi, proposti con un unico atto da parte di ciascuno degli imputati, sono infondati con riferimento a tutti i motivi, e devono essere rigettati. La motivazione della sentenza impugnata, infatti, è adeguata e completa, e risponde sufficientemente a tutti i motivi di appello, che con i ricorsi vengono riproposti confrontandosi solo parzialmente e apparentemente con tale motivazione.
Il primo motivo di ricorso è generico, in quanto i ricorrenti non spiegano perché il conteggio manuale delle persone che uscivano dal locale, effettuato separatamente da quattro carabinieri, non sia affidabile.
La Corte di appello ha asserito che tale conteggio non desta particolari dubbi circa l’affidabilità del risultato, proprio perché effettuato da più persone, separatamente, e contando i singoli occupanti del locale nel momento in cui venivano fatti uscire, defluendo sotto il controllo dei militari stessi. I ricorrenti limitano ad asserire che il conteggio effettuato da più persone contemporaneamente renderebbe possibile una duplicazione del numero degli avventori, ma tale affermazione è palesemente infondata, dal momento che ciascun militare ha necessariamente conteggiato una sola volta ciascun avventore nel momento in cui questi usciva dal locale.
Inoltre la sentenza ha asserito che non erano disponibili, in quel momento, altri sistemi per conteggiare gli avventori, perché il botteghino era chiuso e non è stata riscontrata la presenza di un conta-persone. I ricorrenti affermano che l’assenza di tali sistemi sarebbe «una deduzione della Corte che non trova alcun riscontro negli atti processuali», ma non si confrontano con la sentenza stessa,che fonda tale affermazione sulla testimonianza del Igt. COGNOME, di cui i ricorrenti non contestano la falsità. E’ peraltro evidente che il mero conteggio dei biglietti venduti non consente di accertare l’effettivo numero di persone presenti dentro un locale, essendo notorio che, frequentemente, viene consentito l’accesso gratuito a certe categorie di persone o a soggetti incaricati di invitare e procurare avventori. Questo motivo di ricorso è, quindi, infondato.
3. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
La sentenza indica in modo chiaro che la misurazione strumentale della rumorosità dell’attività è stata effettuata solo in epoca successiva alla data di consumazione del reato, ma esso è ritenuto sussistente non per l’avvenuto superamento di un limite di rumorosità specificamente autorizzato, bensì perché l’attività, consistente nell’abuso di strumenti sonori, recava molestia e disturbo alla quiete delle persone.
La fattispecie contestata, infatti, è quella del reato di cui all’art. 659, comma 1, cod.pen., e non quella di cui all’art. 659′ comma 2, cod.pen. Oggetto della prova, quindi, non è il superamento di un limite, bensì l’idoneità dell’attività a cagionare molestia e disturbo; infatti, secondo il principio costantemente dettato da questa Corte, «L’affermazione di responsabilità per il reato di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone non implica, attesa la natura di illecito di pericolo presunto, la prova dell’effettivo disturbo di più persone, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a disturbarne un numero indetermiNOME» (Sez. 3, n. 45262 del 12/07/2018, Rv. 273948). L’art. 659, comma 2, cod.pen., invece, punisce il non corretto esercizio di mestieri rumorosi, qualora vengano violate specifiche prescrizioni relative a tale esercizio, diverse dal mero superamento dei limiti di rumorosità fissati dalle disposizioni normative (cfr. Sez. 3, n. 56430 del 18/07/2017, Rv. 273605). E appena il caso di sottolineare, pur in assenza di contestazioni sul punto, che la modifica al regime di procedibilità di questo reato, introdotta dal d.lgs. n. 150/2022, non è applicabile al caso di specie, dal momento che il fatto ha avuto ad oggetto un trattenimento pubblico.
La prova dell’idoneità dell’attività a cagionare molestia e disturbo è stata correttamente ritenuta raggiunta mediante l’acquisizione, su consenso delle parti, dell’esposto presentato dal vicino NOME, secondo quanto riportato nella sentenza di primo grado, e mediante le misurazioni dei decibel
effettuate successivamente, in due diverse occasioni e in due diverse abitazioni, le quali hanno confermato la fondatezza di tale esposto ed hanno dimostrato la costante rumorosità eccessiva e disturbante dell’attività svolta dagli imputati. E’ un principio costantemente ribadito, infatti, quello secondo cui «In tema di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone, l’effettiva idoneità delle emissioni sonore ad arrecare pregiudizio ad un numero indetermiNOME di persone costituisce un accertamento di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, il quale non è tenuto a basarsi esclusivamente sull’espletamento di specifiche indagini tecniche, ben potendo fondare il proprio convincimento su altri elementi probatori in grado di dimostrare la sussistenza di un fenomeno in grado di arrecare oggettivamente disturbo della pubblica quiete (Fattispecie in cui l’intensità delle emissioni sonore è stata ricostruita mediante la deposizione dei testimoni, i quali avevano riferito di non riuscire a seguire i programmi televisivi)» (Sez. 3, n. 11031 del 05/02/2015, Rv. 263433)
L’idoneità a disturbare un numero indiscrimiNOME di persone è stata poi ritenuta dimostrata dall’accertamento della eccessiva rumorosità mediante misurazioni eseguite in due diverse abitazioni. E’ quindi corretta e fondata l’affermazione della sentenza impugnata, secondo cui «l’attività in questione, per la sua ubicazione, fosse idonea e suscettibile di arrecare disturbo». Essa, infatti, applica correttamente il principio secondo cui «Ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all’art. 659 cod. peri., non sono necessarie né la vastità dell’area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indetermiNOME di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio» (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273216)
E’ infondato, infine, anche il terzo motivo di ricorso, relativo alla responsabilità del solo ricorrente COGNOME.
I reati contestati non sono reati propri’ che possono cioè essere commessi solo da chi abbia la titolarità di una licenza di pubblico intrattenimento o della gestione di un’attività. L’art. 659, comma 1, cod.pen., punisce «chiunque» disturba l’occupazione e il riposo delle persone. L’art. 681 cod.pen. punisce «chiunque» tiene un pubblico spettacolo senza osservare le prescrizioni dell’autorità a tutela dell’incolumità pubblica, in questo caso senza rispettare il limite di capienza del locale, e secondo la giurisprudenza di legittimità «Integra la contravvenzione prevista dall’art. 681, cod. pen., l’organizzazione di un pubblico spettacolo senza il rispetto delle prescrizioni dell’autorità a tutela dell’incolumità pubblica di cui all’art. 80 del R.d. 18 giugno 1931, n. 773, T.U.L.P.S., sia in caso di attività esercitata in via permanente e professionale, sia
nell’ipotesi di allestimento occasionale o unico» (Sez. 3, n. 55361 del 2018, Rv. 274565), ovvero, secondo la massima riportata nella sentenza impugnata, «La norma incriminatrice prevista dall’art. 681 cod. pen. si applica anche nei confronti di chi, occasionalmente e se pure per una sola volta, abbia aperto un luogo di pubblico spettacolo» (Sez. 1, n. 33779 del 10/06/2013, Rv. 257176).
La sentenza impugnata si conforma al contenuto delle norme contestate e ai principi sopra richiamati, evidenziando che, nella data del 14/07/2019, l’attività rumorosa e non rispettosa delle prescrizioni dell’autorità pubblica veniva svolta sotto il controllo e la responsabilità del ricorrente COGNOME, in quanto unico soggetto presente sul posto, che si è interfacciato con gli operanti quando costoro si sono presentati per effettuare il controllo e contestare le violazioni in atto. Correttamente, quindi, i giudici hanno ritenuto che, nell’occasione contestata, il COGNOME era responsabile delle modalità di svolgimento dell’attività in questione, in quanto gestore dell’evento in corso, ed in quel momento la sua responsabilità si affiancava a quella della coimputata, titolare della licenza e quindi obbligata al rispetto di tutte le prescrizioni in occasione di qualunque intrattenimento svolto esercitando i poteri attribuiti dall’autorizzazione (cfr., su punto, Sez. 1, n. 31571 del 27/06/2006, Rv. 234784)
Sulla base delle considerazioni che precedono i ricorsi devono pertanto essere respinti, non sussistendo le denunciate carenza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30 novembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente