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Disturbo quiete pubblica: condanna anche senza perizia

La Corte di Cassazione conferma la condanna al risarcimento danni per il titolare di un pub per disturbo della quiete pubblica, nonostante una precedente assoluzione in primo grado. La Corte chiarisce che per configurare il reato non è necessaria una perizia fonometrica, essendo sufficiente la testimonianza della persona offesa. Inoltre, il reato sussiste se il rumore ha la potenzialità di disturbare un numero indefinito di persone, come i clienti di un residence adiacente, anche se solo una persona ha sporto querela.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disturbo quiete pubblica: Risarcimento Civile Anche Dopo l’Assoluzione Penale

Il reato di disturbo della quiete pubblica, previsto dall’articolo 659 del Codice Penale, rappresenta un tema delicato che bilancia il diritto di esercitare un’attività commerciale e il diritto al riposo delle persone. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che una condanna al risarcimento dei danni può essere emessa anche in assenza di perizie tecniche e persino dopo un’assoluzione in primo grado. Analizziamo insieme questo caso per capire le implicazioni pratiche per cittadini e imprenditori.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla querela sporta dal gestore di un residence nei confronti della titolare di un pub adiacente, a causa dei rumori molesti provenienti dal locale. In primo grado, il Tribunale aveva assolto l’imputata. Tuttavia, la Corte d’Appello, su impugnazione della sola parte civile, ha riformato la sentenza, dichiarando la responsabilità dell’imputata ai soli fini civili e condannandola a un risarcimento di 1.000,00 euro. La titolare del pub ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il disturbo non fosse stato provato in modo adeguato, essendo stato lamentato da una sola persona e basato su rilievi fonometrici contestati.

Il Disturbo della Quiete Pubblica e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna al risarcimento del danno. La decisione si fonda su principi giuridici consolidati che meritano un’analisi approfondita, in particolare per quanto riguarda la natura del reato e le modalità di prova.

La Prova del Disturbo e il Superamento della Normale Tollerabilità

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’utilizzabilità dei rilievi fonometrici e la necessità di una prova tecnica per accertare il reato. La Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudice può fondare il proprio convincimento su qualsiasi elemento di prova, non essendo vincolato esclusivamente ad accertamenti tecnici.

Le dichiarazioni della persona offesa possono essere sufficienti a dimostrare che i rumori superano la soglia della “normale tollerabilità”. Questo significa che la testimonianza di chi subisce il disturbo, se ritenuta credibile, ha pieno valore probatorio. L’effettiva idoneità dei rumori a disturbare la quiete pubblica è un accertamento di fatto che il giudice di merito può compiere basandosi su dati fattuali, come le dichiarazioni testimoniali, che sono sintomatici di un fenomeno oggettivamente disturbante.

Natura del Reato e Diffusività del Rumore

Il secondo aspetto cruciale è la natura del reato di disturbo della quiete pubblica. La Corte ha ricordato che si tratta di un reato di pericolo, il che significa che non è necessario che un gran numero di persone sia stato effettivamente disturbato. È sufficiente che il rumore abbia la potenzialità di raggiungere e molestare un numero indeterminato di soggetti.

Nel caso specifico, i rumori provenienti dal pub erano idonei a disturbare non solo il gestore del residence, ma tutti i potenziali avventori della struttura ricettiva. Pertanto, anche se solo una persona ha sporto querela, la condotta è stata considerata penalmente rilevante (ai fini civili in questo caso) perché aveva la capacità diffusiva di ledere la quiete pubblica.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che la destinazione urbanistica della zona (commerciale o residenziale) è irrilevante. Ciò che conta è l’uso effettivo e lecito dell’immobile disturbato, che nel caso di un residence è inequivocabilmente destinato (anche) al riposo delle persone. La Corte ha inoltre chiarito che la parte civile è pienamente legittimata a impugnare una sentenza di assoluzione per ottenere il risarcimento del danno, e il giudice d’appello ha il potere di accertare la responsabilità ai soli fini civili. Infine, ha ribadito che il giudice non è vincolato a perizie tecniche e può valutare il superamento della normale tollerabilità basandosi su prove di diversa natura, incluse le dichiarazioni della parte lesa, purché la motivazione sia logica e coerente.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, i titolari di attività commerciali devono prestare la massima attenzione alle emissioni sonore, poiché la responsabilità può sorgere anche senza misurazioni tecniche, sulla base delle sole lamentele credibili. In secondo luogo, il fatto che un’area sia a vocazione commerciale non autorizza a produrre rumori che ledano il diritto al riposo di chi si trova nelle vicinanze. Infine, la decisione conferma che la tutela civilistica e quella penale viaggiano su binari che possono essere distinti: un’assoluzione in sede penale non garantisce l’immunità da una richiesta di risarcimento danni in sede civile.

È sempre necessaria una perizia fonometrica per dimostrare il reato di disturbo della quiete pubblica?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il giudice può accertare il superamento della normale tollerabilità basandosi su qualsiasi mezzo di prova, comprese le dichiarazioni testimoniali della persona offesa, senza la necessità di specifici accertamenti tecnici.

Si può essere condannati a un risarcimento danni per disturbo anche se si è stati assolti in primo grado?
Sì. La parte civile (la vittima) può impugnare la sentenza di assoluzione penale. Il giudice d’appello può riformare la decisione e, pur mantenendo ferma l’assoluzione penale, dichiarare l’imputato responsabile ai soli fini civili, condannandolo al risarcimento del danno.

Il rumore prodotto da un locale costituisce reato se disturba solo un’altra attività commerciale, come un residence?
Sì. Ciò che rileva non è la destinazione urbanistica dell’immobile, ma il suo uso lecito. Poiché un residence è un luogo destinato al riposo delle persone (i clienti), il rumore che ha la potenzialità di disturbare un numero indeterminato di ospiti integra il reato di disturbo della quiete pubblica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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