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Disturbo quiete pubblica: basta l’idoneità a nuocere

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di proscioglimento per il reato di disturbo della quiete pubblica a carico dei gestori di un chiosco. Il giudice di primo grado aveva escluso il reato perché solo una famiglia si era lamentata, ma la Suprema Corte ha ribadito che per configurare il reato è sufficiente la potenziale capacità della condotta di disturbare un numero indeterminato di persone, senza necessità di provare il disturbo effettivo. Annullata anche la posizione del funzionario comunale accusato di omissione.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disturbo della Quiete Pubblica: Non Serve la Prova, Basta la Potenzialità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 17696/2025) offre un importante chiarimento sul reato di disturbo della quiete pubblica, stabilendo che per la sua configurazione non è necessario dimostrare che più persone siano state effettivamente disturbate. È sufficiente che la condotta sia potenzialmente idonea a molestare un numero indeterminato di persone. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti: La Gestione Rumorosa di un Chiosco

Il caso ha origine dalle denunce di una famiglia residente nei pressi di un chiosco. I gestori dell’attività erano accusati di aver arrecato disturbo continuo fino a tarda notte attraverso musica ad alto volume, proiezione di partite di calcio, feste e rumori derivanti da operazioni di carico e scarico.
Parallelamente, un funzionario del Comune era stato accusato di omissione di atti d’ufficio per non aver fornito la documentazione amministrativa richiesta dai residenti e per non aver attivato le procedure previste dal piano di classificazione acustica comunale.

La Decisione del Giudice dell’Udienza Preliminare

In prima istanza, il Giudice dell’udienza preliminare (GUP) aveva emesso una sentenza di “non luogo a procedere”. Per i gestori del chiosco, il GUP aveva ritenuto che il fatto non sussistesse, poiché il disturbo era stato lamentato unicamente da una sola famiglia, escludendo quindi la dimensione “pubblica” della molestia. Per il funzionario comunale, il giudice aveva concluso che il fatto non costituisse reato, in quanto il Comune aveva comunque intrapreso alcune azioni, come invitare i denuncianti a rivolgersi all’ARPA e verificare le autorizzazioni del chiosco.

Il Ricorso della Procura e la nozione di disturbo della quiete pubblica

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la decisione del GUP dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una motivazione carente e illogica. Secondo la Procura, il GUP aveva erroneamente ignorato elementi processuali cruciali, come una consulenza tecnica che attestava la vicinanza del chiosco a numerose altre abitazioni. Questo elemento rendeva la condotta dei gestori intrinsecamente idonea a disturbare un numero indefinito di persone, a prescindere da quante se ne fossero effettivamente lamentate. Inoltre, la sentenza non aveva adeguatamente considerato l’omessa risposta del funzionario alla richiesta di accesso agli atti.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza di proscioglimento e fornendo chiarimenti fondamentali.

La Natura del Reato di Disturbo della Quiete Pubblica

Il punto centrale della decisione riguarda l’articolo 659 del Codice Penale. La Corte ha ribadito che il disturbo della quiete pubblica è un “illecito di pericolo presunto”. Ciò significa che la legge non richiede la prova dell’effettivo disturbo arrecato a più persone, ma solo la prova che la condotta (in questo caso, i rumori provenienti dal chiosco) fosse oggettivamente capace di molestare un numero indeterminato di individui.
Il GUP ha errato nel suo giudizio prognostico perché ha escluso immotivatamente questa idoneità, basandosi solo sul numero di denunce e trascurando la posizione del locale, adiacente a molteplici abitazioni, e i livelli di rumorosità accertati in orari notturni.

La Carenza Motivazionale sulla Posizione del Funzionario

Anche riguardo all’accusa mossa al funzionario pubblico, la Corte ha giudicato la motivazione del GUP “gravemente carente”. La sentenza di proscioglimento non aveva infatti affrontato in modo specifico uno dei capi d’imputazione, ovvero il mancato riscontro alla richiesta di accesso agli atti amministrativi, un dovere preciso per la pubblica amministrazione.

Le Conclusioni: Principi di Diritto e Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame riafferma un principio cruciale: per il reato di disturbo della quiete pubblica, ciò che conta è il potenziale e non l’effetto. La valutazione non deve limitarsi a contare quante persone si sono lamentate, ma deve considerare il contesto, la natura e l’intensità dei rumori e la loro capacità di propagarsi e raggiungere un numero indefinito di persone. Questa decisione rafforza la tutela del riposo e della tranquillità pubblica, ricordando ai gestori di locali che la responsabilità penale può sorgere anche in assenza di una protesta corale, se la loro attività è oggettivamente molesta per il vicinato. Per la Pubblica Amministrazione, la sentenza sottolinea l’obbligo di rispondere puntualmente alle istanze dei cittadini, la cui omissione può avere conseguenze penali.

Per configurare il reato di disturbo della quiete pubblica, è necessario che molte persone si lamentino?
No. Secondo la Corte, il reato è di pericolo presunto, quindi non è necessaria la prova dell’effettivo disturbo di più persone, ma è sufficiente che la condotta sia potenzialmente idonea a disturbare un numero indeterminato di individui.

Cosa si intende per “idoneità della condotta” a disturbare?
Si intende la capacità intrinseca di un’azione, come produrre rumori forti in orario notturno in una zona residenziale, di arrecare molestia a un numero indefinito di persone, a prescindere dal fatto che queste abbiano sporto denuncia o meno. La valutazione tiene conto del luogo, dell’orario e dell’intensità delle emissioni sonore.

Perché la sentenza di proscioglimento del Giudice dell’udienza preliminare è stata annullata?
È stata annullata perché il giudice ha compiuto un giudizio prognostico viziato. Ha escluso in modo immotivato l’idoneità dei rumori a disturbare più persone, basandosi solo sul fatto che una sola famiglia avesse denunciato, e ha ignorato elementi come la consulenza tecnica che evidenziava la vicinanza del locale a molte abitazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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