Distruzione scritture contabili: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile
La distruzione scritture contabili è un grave reato fiscale che mira a impedire la ricostruzione dei redditi e del volume d’affari per evadere le imposte. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini invalicabili del giudizio di legittimità, dichiarando inammissibile il ricorso di un imprenditore e confermando la sua condanna. Analizziamo questa decisione per capire i limiti del ricorso in Cassazione e le ragioni che portano a una condanna per questo tipo di reato.
I fatti del caso: l’occultamento della contabilità
Un imprenditore è stato condannato in primo grado e in appello per aver occultato o distrutto le scritture contabili e i documenti obbligatori della sua attività, al fine di evadere l’IVA e le imposte sui redditi. La Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza del Tribunale, rideterminando la pena in un anno, sei mesi e venti giorni di reclusione.
La colpevolezza dell’imputato era emersa chiaramente durante una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza. Nonostante un ingente volume d’affari generato tra il 2013 e il 2019, con l’emissione di numerose fatture, l’imprenditore non aveva esibito alcuna documentazione contabile. Questa circostanza, unita all’assenza di denunce di smarrimento o di giustificazioni plausibili, ha portato i giudici a concludere che la contabilità, regolarmente istituita, fosse stata volontariamente sottratta ai controlli.
I motivi del ricorso e la valutazione della Cassazione
L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi, tre dei quali miravano a contestare la sua responsabilità, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione. Il quarto motivo, invece, criticava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
La Corte di Cassazione ha ritenuto i primi tre motivi inammissibili. Ha infatti chiarito che tali doglianze non rientravano nel numerus clausus delle censure ammesse in sede di legittimità. L’imputato, infatti, non contestava una violazione di legge, ma cercava di ottenere una nuova valutazione delle prove e una diversa ricostruzione dei fatti. Questo tipo di riesame è riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere richiesto alla Corte di Cassazione, il cui compito è solo verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.
La responsabilità per la distruzione scritture contabili
La Corte ha sottolineato come la motivazione della sentenza d’appello fosse congrua, esauriente e logicamente ineccepibile. I giudici di merito avevano correttamente dedotto la responsabilità dell’imputato da una serie di elementi chiari e concordanti:
1. Mancata esibizione: L’imprenditore non ha fornito alcuna documentazione contabile durante la verifica fiscale.
2. Volume d’affari: L’esistenza di un’intensa attività commerciale, provata dalle fatture, rendeva obbligatoria la tenuta della contabilità.
3. Consapevolezza: Le firme apposte dall’imputato sulle fatture dimostravano la sua piena consapevolezza dell’attività illecita.
4. Assenza di giustificazioni: Non sono state fornite spiegazioni credibili, come denunce di furto o smarrimento, per la sparizione dei documenti.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il giudizio di legittimità non è un ‘terzo grado’ di merito. La Corte non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici delle precedenti istanze se la motivazione della sentenza impugnata è priva di vizi logici o giuridici. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva costruito un percorso argomentativo solido, spiegando chiaramente perché l’imputato dovesse essere ritenuto responsabile del reato di distruzione scritture contabili.
Anche riguardo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la decisione è stata ritenuta corretta. La Corte territoriale aveva giustificato il diniego sulla base di due elementi concreti: il comportamento processuale non collaborativo dell’imputato e i suoi precedenti penali. Anche questa valutazione, essendo adeguatamente motivata, è stata giudicata insindacabile in sede di legittimità.
Le conclusioni
La decisione si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, l’imprenditore è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro. Questa ordinanza serve come un importante monito: non è possibile utilizzare il ricorso per cassazione come un pretesto per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti. La condanna per distruzione scritture contabili si fonda su prove concrete e, se la motivazione dei giudici di merito è ben argomentata, le possibilità di successo in Cassazione sono praticamente nulle.
Perché il ricorso contro la condanna per distruzione scritture contabili è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati dall’imputato non contestavano una violazione di legge, ma miravano a una nuova valutazione dei fatti e delle prove. Questo tipo di esame è precluso alla Corte di Cassazione, che può giudicare solo sulla corretta applicazione del diritto.
Su quali elementi si è basata la condanna per occultamento della contabilità?
La condanna si è basata su elementi concreti emersi durante la verifica fiscale: la totale assenza di documentazione contabile a fronte di un notevole volume d’affari, l’assenza di giustificazioni plausibili per la loro sparizione e la piena consapevolezza dell’imputato, dedotta dalle sue firme sulle fatture emesse.
Perché non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche?
Le circostanze attenuanti generiche non sono state concesse a causa del comportamento processuale non collaborativo tenuto dall’imputato durante il processo e a causa della presenza di precedenti penali a suo carico. La Corte ha ritenuto questa valutazione adeguatamente motivata e quindi non contestabile in Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38579 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38579 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/11/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale l Corte d’appello, in parziale riforma della sentenza del Tribunale in punto di trattame sanzionatorio, ha rideterminato la pena in anni uno, mesi sei e giorni venti di reclusione, aver occultato e/o distrutto scritture contabili e documenti, al fine di evadere l’IVA e le i sui redditi, ai sensi dell’art. 10 d.lgs. 74/2000.
Il ricorrente formula quattro motivi di ricorso. Con il primo e il terzo motivo, la violazione di legge e vizio della motivazione in ordine all’affermazione della responsabilità. il secondo motivo lamenta violazione di legge in ordine ai criteri di valutazione della prova. il quarto, violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenua generiche.
La prime tre doglianze non rientrano nel numerus clausus delle censure deducibili in sede di legittimità, investendo profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto riser cognizione del giudice di merito, le cui determinazioni, al riguardo, sono insindacabi cassazione ove siano sorrette da motivazione congrua, esauriente e idonea a dar conto dell’iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni del decisum. Nel caso di specie, da cadenze motivazionali della sentenza d’appello è enucleabile una ricostruzione dei fatti precisa circostanziata, in punto di responsabilità. La Corte territoriale ha affermato che da accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza, unitamente all’utilizzo dello strumento de Spesometro integrato, è emerso che il COGNOME non ha esibito alcuna documentazione contabile nel corso della verifica fiscale, pur essendo state emesse un ingente numero di fatture, per u volume di affari consistente dal 2013 al 2019, sicchè ha ritenuto che la contabilità, regolarme istituita, sia stata occultata o distrutta. Il giudice a quo ha inoltre eg precisato che, in di denunce di eventuali smarrimenti e l’assenza di giustificazioni plausibili, dalle sottoscr delle fatture, apposte dall’imputato, deve inferirsi la piena consapevolezza dell’attività i
In relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, si sottoline che anche le determinazioni del giudice di merito in ordine al trattamento sanzionatorio son insindacabili in cassazione ove siano sorrette da motivazione esente da vizi logico-giuridici. caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata avendo la Corte territoriale fatto riferimento al comportamento processuale non collaborativo ai precedenti da cui è gravato il COGNOME.
Stante l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisand assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 18 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 19/09/2025
Il consigliere estensore
Il Presidente