Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46380 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46380 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a SETTIMO TORINESE il 17/08/1961
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10/04/2024 la Corte di appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Ivrea del 09/05/2022, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 2 di reclusione in ordine al reato di cui all’articolo 10 d. Igs. 74/2000, in riferimento alle fatture emesse nelle annualità 2013, 2014, 2015, 2016 e 2018.
Avverso tale sentenza l’imputato propone ricorso per cassazione.
2.1. con il primo motivo lamenta violazione di legge in quanto la Corte di appello non avrebbe operato, al contrario della sentenza di primo grado, alcuna verifica delle condotte alternativamente contestate all’imputato (distruzione ovvero occultamento).
La sentenza di primo grado aveva ritenuto applicabile in favor rei la condotta di “distruzione” (indicando quale data di consumazione quella di emissione dell’ultima fattura), salvo poi non ricavarne le debite conseguenze sotto il profilo della prescrizione medio tempore intercorsa, almeno in riferimento all’annualità 2013.
La pronuncia di primo grado aveva errato nell’indicare che il reato in contestazione conserva, anche in caso di distruzione della documentazione, natura unitaria, laddove al contrario esso costituisce pacificamente reato istantaneo, almeno in riferimento al singolo anno di imposta.
2.2. Con il secondo motivo contesta la dosimetria della pena.
In presenza di 6 differenti reati, commessi in annualità in relazione alle quali il regime sanzionatorio era mutato più volte per effetto di successive novelle legislative, alcuni dei quali prescritti, doveva essere applicata la disciplina della continuazione e non quella del reato unitario, considerando reato più grave il 2015.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va in primo luogo osservato che ci si trova di fronte ad una doppia conforme di merito, avendo la sentenza impugnata fatto rinvio per relationem alla sentenza di primo grado.
Ciò premesso, la doglianza relativa alla contestazione “alternativa” tra distruzione e occultamento (sviluppata, a detta della stessa ricorrente, dalla prima sentenza), così come della prescrizione di alcuni reati per effetto della asserita pluralità degli stessi in riferimento alle singole annualità, doveva essere
dedotta con i motivi di appello, come ricapitolati a pagina 2 della sentenza impugnata (sull’obbligo di contestare a pena di inammissibilità tale riepilogo ove non conforme ai motivi di appello vedi, ex multis, Sez. 3, n. 11830 del 13/03/2024, COGNOME n.m.; Sez. 3, n. 8657 del 15/02/2024, Immobile, n.m.; Sez. 3, n. 33415 del 19/05/2023, COGNOME n.m.; Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 270627 – 01; Sez. 2, n. 9028/2014 del 05/11/2013, COGNOME, Rv. 259066).
Il che la ricorrente non ha fatto.
Pertanto, la valutazione del tempus commissi delicti operata dal giudice di prima cura, non essendo stata debitamente impugnata, non può costituire oggetto di scrutinio da parte della Corte.
Il Collegio evidenzia peraltro che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 14461 del 25/05/2016, dep. 2017, Quaglia, Rv. 269898 – 01), la condotta del reato previsto dall’art. 10 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, può consistere sia nella «distruzione» che nell’«occultamento» delle scritture contabili o dei documenti di cui è obbligatoria la conservazione, con conseguenze diverse rispetto al momento consumativo, giacché la distruzione realizza un’ipotesi di reato istantaneo, che si consuma con la soppressione della documentazione, mentre l’occultamento – consistente nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori – costituisce un reato permanente, che si protrae sino al momento dell’accertamento fiscale, dal quale soltanto inizia a decorre il termine di prescrizione.
Si è anche affermato, nella stessa pronuncia, che l’imputato, per avvalersi della dedotta maturazione della prescrizione in conseguenza della qualificazione della condotta come distruttiva, avrebbe dovuto dimostrare sia la circostanza che la documentazione contabile era stata distrutta, e non semplicemente occultata, sia l’epoca di tale distruzione.
In altre parole, è lo stesso, in virtù del principio della c.d. «vicinanza della prova», che può acquisire o quanto meno fornire, tramite l’allegazione, tutti gli elementi per provare il fondamento della tesi difensiva (Sez. 2, n. 3883 del 19/11/2019, dep. 2020, Pomilio, Rv. 278679 – 03; Sez. 2, n. 6734 del 30/01/2020, Bruzzese, Rv. 278373 – 01).
Onere cui la ricorrente non si è attenuta, con conseguente aspecificità della censura.
L’inammissibilità del primo motivo, che non consente di contestare la natura unitaria del reato, ritenuta dalla prima sentenza, rende a cascata inammissibile il secondo motivo, relativo al trattamento sanzionatorio, calcolato non sulla base dell’istituto della continuazione ma dell’unicità della violazione.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 18 ottobre 2024.