Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3730 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3730 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/11/2023
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOME, nato a Vicenza il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 08/02/2023 del Tribunale di Agrigento, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta per l’imputato la memoria dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 8 febbraio 2023 il Tribunale di Agrigento ha condannato NOME COGNOME alle pene di legge per il reato dell’art. 44, lett. a), d.P.R. n. 380 del 2001, perché, in qualità di proprietario di un immobile in Lampedusa, aveva realizzato le opere denunciate con la segnalazione di inizio attivi senza rispettare le distanze minime tra le costruzioni confinanti, indivitluate in minimo tre metri.
2. L’imputato lamenta con il primo motivo il vizio di motivazione perché il Giudi e aveva ritenuto integrato il reato per l’inosservanza della distanza di dieci
metri tra pareti finestrate che non era prevista dall’art. 23, comma 18, del Regolamento edilizio del Comune RAGIONE_SOCIALE Lampedusa; con il secondo la violazione dell’art. 2-bis, comma 1-ter, d.P.R. n, 380 del 2001, perché il manufatto ricostruito era identico a quello demolito e rispettava le distanze previste dalla legge urbanistica del 1942 e dal d.m. n. 1444 del 1968; con il terzo il travisamento della prova perché la chíostrina o intercapedine era di proprietà del vicino e non vi si affacciavano sue finestre.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha accertato che l’imputato, nel ricostruire il fabbricato demolito, ha violato le distanze da altro preesistente edificio.
La prima censura non coglie nel segno perché eccepisce che il Regolamento edilizio del Comune di Lampedusa non conteneva alcuna prescrizione in ordine alle distanze tra gli edifici e/o tra gli edifici e ì confini, sebbene la decisione sia sta fondata sull’art. 873 cod. civ. e sull’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, non derogabili, secondo la corretta ricostruzione normativa della sentenza, dalla legislazione regionale o dalla regolamentazione comunale.
La seconda censura è fattuale e rivalutativa. Il ricorrente sostiene di aver presentato la SCIA per la demolizione e ricostruzione di un antico fabbricato per cui non era tenuto al rispetto RAGIONE_SOCIALE distanze dal fabbricato limitrofo, ma solo del sedime e del volume. Il Tribunale ha accertato però che il progetto non recava la presenza della chiostrina su cui c’erano RAGIONE_SOCIALE finestre della proprietà COGNOME, che non c’era la prova che la chiostrìna fosse di proprietà del COGNOME e che questi per primo avesse violato le distanze. Pertanto, ha valutato, con motivazione non manifestamente illogica o contraddittoria, che l’imputato avesse violato i dieci metri di distanza previsti dall’art. 9 d.m. n. 1444 del 1968. A differenza di quanto prospettato dal ricorrente non risultano provate le circostanze che avrebbero dato luogo all’applicazione dell’art. 2-bis, comma 1-ter, d.P.R. n. 380 del 2001.
La terza censura è del pari fattuale e rivalutatíva perché attiene all’accertamento RAGIONE_SOCIALE caratteristiche della chiostrina e alla sua proprietà da parte del COGNOME. Secondo il ricorrente, l’abuso sarebbe ascrivibile al COGNOME. Tale circostanza, tuttavia, rimane meramente congetturale, perché il Tribunale ha accertato, al contrario, che nulla era emerso in merito alla proprietà della chiostrina.
Esorbita dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito. Il controllo sulla motivazione è circoscritto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola
verifica dell’esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza RAGIONE_SOCIALE argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo, e della non emersione di alcuni dei suddetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame. La presenza di tali requisiti rende la decisione insindacabile (si veda tra le più recenti, Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, NOME, R v. 284556-01).
Sulla base RAGIONE_SOCIALE considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione delta causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Così deciso, il 23 novembre 2023
Il Consigliere estensore