Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 11719 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 11719 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Croazia il 9/1/1959
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Trieste del 21/5/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 21.5.2024, la Corte d’Appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del G.u.p . del Tribunale di Udine del 5.4.2022 che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 22, comma 12 , d.lgs. n. 286 del 1998, ha ridotto la pena inflitta all’imputato a quattro mesi di reclusione.
La Corte di appello di Trieste ha dato atto che in primo grado era stato accertato che COGNOME in qualità di legale rappresentante della AS Mont che aveva sottoscritto un contratto di appalto con la società croata RAGIONE_SOCIALE,
avesse impiegato tre lavoratori bosniaci senza averne comunicato il distacco all’Ispettorato del lavoro.
L’imputato secondo la premessa dei giudici di secondo grado -ha proposto appello, evidenziando che i tre lavoratori erano dipendenti della società croata e che, ai sensi del d.lgs. n. 136 del 2016, un’impresa stabilita in uno stato membro dell’Unione Europea può distaccare lavoratori in un’altra impresa per un tempo limitato, se le società, come nel caso di specie, appartengono allo stesso gruppo (c.d. distacco transnazionale): l’omessa comunicazione all’Ispettorato, in questo caso, configura un illecito amministrativo. Peraltro, questa è proprio l’ipotesi che -evidenzia l’atto di appello -aveva formulato un’annotazione di p.g. dell’1.12.2020.
La difesa di COGNOME ha lamentato che i documenti de positati all’esito delle indagini preliminari dimostrerebbero, attraverso fatture e contratti, che la RAGIONE_SOCIALE era una società attiva e si è doluta che il giudice di primo grado abbia omesso di vagliare la eventuale sussistenza del distacco transnazionale.
Ciò detto, la Corte d’ a ppello rileva innanzitutto che, ai sensi dell’art. 2 d.lgs. n. 136 del 2016, il ‘lavoratore distaccato’ è il lavoratore abitualmente occupato in uno stato m embro dell’U nione europea diverso dall’Italia, il quale, per un period o limitato (un anno, prorogabile di sei mesi), svolge il proprio lavoro in territorio italiano, purché, ai sensi del successivo art. 3, ricorrano una serie di elementi da valutare perché possa considerarsi autentico il distacco.
Ebbene, i giudici di secondo grado ritengono che nel caso di specie il distacco non sia autentico, perché dagli accertamenti è risultato che la RAGIONE_SOCIALE è una società attiva con sede a Zagabria e con quarantaquattro dipendenti, ma anche che la società non ha alcun contratto in essere in Croazia, ossia lo Stato membro di stabilimento, e che non risultano informazioni sul reddito fatturato nello stesso Stato. Non solo, ma dalle indagini è risultato che i lavoratori formalmente riconducibili alla RAGIONE_SOCIALE COGNOME siano stati formati in Italia presso la AS Mont e dai documenti acquisiti sono emersi anche elementi per affermare la promiscuità esistente tra la AS Mont italiana, rappresentata dal padre dell’imputato, e la Ferro COGNOME croata, rappresentata dal figlio imputato.
La difesa ha prodotti tre contratti di cooperazione tecnico-commerciale stipulati con unico cliente croato, che dimostrerebbero la effettiva attività imprenditoriale autonoma della RAGIONE_SOCIALE in Croazia. I contratti prevedevano l’esecuzione di lavori di saldatura e montaggio di strutt ure metalliche, ma, per vero, non determinavano né il luogo di esecuzione del contratto, né il prezzo. La RAGIONE_SOCIALE ha poi emesso alcune fatture, che però, secondo la Corte d’Appello, non dimostrano il pagamento dei lavori, giacché dalle informazioni trasmesse dal
servizio di cooperazione comunitaria IMI non risultano eseguite prestazioni lavorative in Croazia dalla Ferro Mont Doo.
Di conseguenza, la Corte d’ appello ritiene dimostrato che la RAGIONE_SOCIALE operi unicamente con somministrazione di manodopera per aziende italiane, senza che ricorra l’ipotesi dell’illecito amministrativo, integrato solo in caso di somministrazione di manodopera attraverso cittadini comunitari, e non extracomunitari (come i soggetti bosniaci) utilizzati senza permesso di soggiorno. L’omissione della dichiarazione di distacco ha la finalità di utilizzare gli operai stranieri oltre i limiti temporali stabiliti dalla legge e la consapevolezza dell’imputato emerge chiaramente dalla commistione tra la AS Mont e la Ferro Mont Doo.
La circostanza, segnalata dalla difesa dell’imputato, secondo cui dopo la perquisizione è stata effettuata la comunicazione del distacco, non rileva -secondo i giudici di secondo grado -perché il reato si era già consumato prima.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore del condannato, articolando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il travisamento della prova per omessa valutazione di un fascicolo allegato alla memoria difensiva depositata nella cancelleria del G.i.p. del Tribunale di Udine il 3.6.2021.
Con tale memoria, la difesa aveva allegato documenti e investigazioni difensive per dimostrare che il distacco fosse autentico, seppure formalizzato solo tardivamente, nel senso che contenevano la dimostrazione che la Ferro Mont Doo svolgesse attività diversa da quella di mera gestione e amministrazione del personale dipendente: con la conseguenza che, trattandosi di distacco autentico, la vicenda avrebbe dovuto risolversi con l’irrogazione di una sanzione amministrativa.
La Corte d’appello, a differenza del giudice di primo grado, ha preso in considerazione la tesi della difesa, affermando però che si basasse esclusivamente su tre contratti stipulati in Croazia con un unico cliente. Tuttavia, l’argomentazione dei giudici di secondo grado teneva conto soltanto dei fascicoli n. 2 e n. 3 allegati alla memoria del 3.6.2021, mentre ometteva di prendere in considerazione la documentazione contenuta nel fascicolo n. 1, e cioè la dichiarazione resa in data 31.5.2021 dal legale rappresentante della Ferro Mont Doo. Ne consegue che è rimasto integrato un vizio di travisamento per omessa valutazione di una prova.
Sotto questo profilo, il ricorso indica specificamente l’atto processuale non considerato e individua il dato probatorio che emerge da tale atto: in particolare, il legale rappresentante della Ferro COGNOME ha dichiarato che la società ha svolto
prestazioni di lavoro in territorio croato come da documentazione che ha prodotto, ovvero alcune fatture e contratti con la RAGIONE_SOCIALE con sede in Croazia, e ha precisato inoltre che i dipendenti indicati nel capo di imputazione avevano lavorato anche in Croazia. Il verbale di dichiarazioni è stato preceduto dall’avvertimento della facoltà di non rispondere fornito al teste, che è il padre dell’imputato.
Le dichiarazioni rese con l’obbligo di dire la verità, pertanto, introducono un elemento di radicale incompatibilità con l’impianto argomentativo della sentenza, che aveva messo in dubbio la autenticità dei contratti e delle fatture. La valutazione di questo aspetto avrebbe avuto carattere decisivo, perché in realtà la Corte d’ appello non ha letto con attenzione le informazioni del servizio IMI, le quali riguardano, come scritto nella stessa sentenza d’ appello, solo l’anno 2019 e non anche l’anno 2020, che è quello a cui si riferiscono le contestazioni, e non concernono, quindi, le fatture prodotte dalla difesa, relative agli anni 2016, 2018 in 2021.
Di conseguenza, il fatto che la IMI abbia comunicato che la Ferro Mont COGNOME non ha svolto prestazioni in Croazia nel 2019 non contrasta con la documentazione difensiva e non smentisce le dichiarazioni del suo legale rappresentante raccolte in sede di indagini difensive. I giudici di secondo grado, dunque, avrebbero dovuto dare conto di questa documentazione difensiva e spiegare perché non la ritenevano attendibile o comunque decisiva. Tale vizio di travisamento per omissione era stato dedotto anche con l’atto di appello ed è stato solo parzialmente sanato dalla sentenza di secondo grado.
2.2 Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione contraddittoria, nella parte in cui la sentenza di secondo grado richiama le informazioni del servizio IMI per dubitare della genuinità nella documentazione difensiva.
Si tratta di un motivo che, per ammissione della stessa difesa, può essere trattato congiuntamente con quello precedente e che fa nuovamente riferimento al fatto che le informazioni si riferiscano all’anno 2019 soltanto.
2.3 Con il terzo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione contraddittoria circa la conclusione che la Ferro Mont Doo è stata creata solo per somministrare manodopera in Italia.
La Corte di appello di Trieste -lamenta il ricorso -giunge a tale conclusione dopo aver qualificato la documentazione difensiva soltanto come ‘ dubbia ‘, sicché fa discendere la conclusione dalla certezza di una situazione che ha poco prima considerato dubbia.
Con requisitoria scritta del 26.11.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, in quanto la Corte di Appello ha preso correttamente
atto anche della documentazione difensiva e ha precisato come la stessa non fosse idonea a superare le attività di i ndagine dell’Ispettorato del lavoro.
In data 4.12.2024, il difensore di NOME COGNOME ha depositato unna memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente infondato e deve essere disatteso per le ragioni di seguito esposte.
I primi due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, come espressamente riconosciuto dallo stesso ricorrente, perché il secondo motivo si duole della valutazione di un elemento di prova a cui è stato già fatto riferimento nel più ampio primo motivo.
Si censura, innanzitutto, che le sentenze di merito non abbiano preso in considerazione le dichiarazioni rese in sede di indagini difensive, e depositate con una memoria nella cancelleria del g.i.p., dal legale rappresentante della COGNOME
La doglianza è storicamente infondata, in quanto la sentenza di primo grado richiama espressamente la dichiarazione di NOME COGNOME legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, relativa alla reale operatività della società croata e ai rapporti di lavoro intercorsi con la As Mont, con l’attestazione dell’impiego presso la società italiana di quattro dipendenti della RAGIONE_SOCIALE.
Con l’atto di appello, la difesa dell’imputato aveva invece lamentato che il g.i.p. non avesse tenuto conto della documentazione pure prodotta dalla difesa, ciò a cui la Corte d’ appello di Trieste ha poi proceduto, compendiando la valutazione delle relative emergenze alle pagine 6 e 7 della sentenza di secondo grado.
Per il resto, il ricorso attacca la motivazione della sentenza impugnata essenzialmente in punto di valutazione delle risultanze di fatto, evidenziando che le dichiarazioni del figlio dell’imputato e la documentazione prodotta fossero suscettibili di comprovare che la RAGIONE_SOCIALE era una società attiva in Croazia.
Tuttavia, la motivazione della Corte d’ appello di Trieste in proposito è senza dubbio congrua, in quanto dà adeguatamente conto delle ragioni per le quali ha ritenuto i contratti prodotti dalla difesa, per un verso, inidonei a comprovare la reale operatività della Ferro Mont Doo nello Stato di insediamento e, per l’altro, contraddetti dalle informazioni trasmesse dal servizio di cooperazione comunitaria IMI.
Di conseguenza, i giudici di secondo grado hanno concluso in maniera argomentata e ragionevole che la Ferro Mont Doo -gestita dal figlio dell’imputato -avesse l’unica funzione di somministrare manodopera extracomunitaria senza permesso di soggiorno ad aziende italiane, con la finalità di utilizzare gli operai stranieri oltre i limiti temporali stabiliti dalla legge.
Dal canto suo, il ricorso si limita per la gran parte a sollecitare l’attribuzione di significati diversi alle prove documentali o ad evidenziare ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti dai giudici del merito in ordine allo spessore della valenza probatoria dei singoli elementi.
In questo modo, non arriva, tuttavia, a invalidare l’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, che ha proceduto in maniera nient’a ffatto illogica o contraddittoria ad una valutazione critica degli elementi probatori acquisiti al processo.
I motivi, pertanto, sono infondati.
Anche il terzo motivo rimanda, in ultima analisi, alla medesima questione della valutazione della documentazione difensiva, denunciando la contraddittorietà della sentenza d’appello quando , in conclusione, afferma che la RAGIONE_SOCIALE fosse una società funzionale alla somministrazione di manodopera alla AS Mont sulla base del ‘dubbio’ che deve nutrirsi in ordine alla genuinità della documentazione prodotta dalla difesa.
La censura, che richiama in qualche modo la questione dell’osservanza della regola di giudizio ‘dell’oltre ogni ragionevole dubbio’ di cui all’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., è in realtà mal posta, in quanto tende a invertire i termini del ragionamento della Corte d’Appello.
Si intende dire che i giudici di secondo grado non pervengono a ritenere la colpevolezza di COGNOME per effetto della dubbia genuinità della documentazione difensiva.
Piuttosto, ricavano l’inattendibilità di contratti e fatture dalla previa valutazione delle dichiarazioni delle persone informate sui fatti e dall’esame della documentazione sequestrata, da cui argomentano, in termini che non palesano alcuna illogicità, che gli operai della RAGIONE_SOCIALE in realtà sono stati formati e impiegati sempre in Italia e che la società croata è fraudolentemente promiscua con la AS Mont.
Di conseguenza, il ricorrente non si è confrontato con il procedimento probatorio che ha seguito la sentenza impugnata, senza incorrere in alcun vizio di contraddittorietà, e ha censurato una valutazione che in realtà la Corte di merito non ha affatto formulato nei termini rappresentati nel ricorso.
La sentenza impugnata, invece, si è uniformata al principio secondo cui il canone dell’oltre ogni ragionevole dubbio descrive un atteggiamento valutativo imprescindibile che deve guidare il giudice nell’analisi degli indizi secondo un obiettivo di lettura finale e unitaria (Sez. 5, n. 25272 del 19/4/2021, COGNOME, Rv. 281468 – 01) e ha fornito una interpretazione non parcellizzata degli elementi di prova, attraverso una confutazione specifica delle tesi difensive che ha negato infine la pla usibilità di un’ipotesi ricostruttiva alternativa.
Anche questo motivo, dunque, deve essere disatteso.
Ne consegue, pertanto, che il ricorso deve essere complessivamente rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20.12.2024