Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 25822 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 25822 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a Vibo Valentia il 26/10/1965
avverso l’ordinanza del 30/10/2024 del Tribunale di Catanzaro, in funzione di giudice dell’appello cautelare;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME è stato sottoposto -con ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Catanzaro in data 1/4/2019, confermata in via definitiva in sede di riesame -alla custodia cautelare in carcere, quale indiziato dei delitti di estorsione ed associazione mafiosa, in quanto partecipe alla cosca vibonese dei ‘ Piscopisani ‘ , appartenente alla ‘ndrangheta.
Successivamente, all’esito del giudizio abbreviato, il COGNOME è stato condannato alla pena di 11 anni di reclusione con sentenza del G.U.P. di Catanzaro del 19/2/2021, confermata in sede d’appello il 25/1/2023.
La Corte d’appello di Catanzaro, il 3/6/2024, ha respinto l’istanza del Fiorillo di sostituzione della misura cautelare in atto, pronuncia confermata con ordinanza
del 30/10/2024 del Tribunale di Catanzaro , in funzione di giudice dell’appello cautelare.
2. Il COGNOME ha impugnato in Cassazione il rigetto.
Con un unico motivo lamenta la violazione della legge 47/2015 e degli artt. 125, 274, 275 e 299 cod. proc. pen. e vizi di motivazione in relazione alla valutazione di elementi sopravvenuti, dell ‘attualità e della concretezza delle esigenze cautelari e della proporzionalità e dell’ adeguatezza della misura.
In particolare, si contesta l’affermata omessa mutazione del quadro cautelare, non essendo stati considerati elementi nuovi, costituiti da alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia in procedimenti penali diversi, fra cui quelle di NOME COGNOME (rese il 21/6/2021 nel procedimento penale n. 636/2020 R.G.) e NOME COGNOME (rese il 26/7/2021 nel procedimento penale n. 1007/2020 R.G. e il 3/4/2020 davanti al Pubblico Ministero). Secondo i detti collaboratori di giustizia, il COGNOME era un ‘traditore’ della cosca, perché dopo l’omicidio COGNOME aveva sistemato le sue cose, voltando le spalle alla propria ‘locale’, tanto che lo si voleva escludere da essa ( a dire del COGNOME) o addirittura ucciderlo ( secondo l’ Arena).
I giudici di merito non avrebbero tenuto conto di questi elementi nuovi, limitandosi a ritenere la persistenza delle esigenze cautelari e, richiamando il giudicato cautelare, avrebbero ignorato le dette dichiarazioni sopravvenute e volte a dimostrare il distacco dall’associazione, da parte del ricorrente, risalente già al 2011: sicché ex artt. 299 cod. proc. pen. la misura cautelare avrebbe dovuto essere revocata o sostituita, essendo mutati gli elementi da valutare e attenuate le esigenze cautelari, anche considerato che ex art. 275 cod. proc. pen. la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in carcere per i delitti di mafia vale «salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari»: caso che -si assume da parte ricorrente -si sarebbe verificato nella specie.
Il Tribunale, infine, non avrebbe spiegato come i detti dati (sulla contrapposizione tra il sodalizio e il COGNOME) potrebbero coesistere con la permanente partecipazione all’associazione da parte dello stesso COGNOME, emergendo, da essi, la dissociazione o la rottura del ricorrente con essa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, per diversi profili inammissibile (specie nella parte in cui sollecita una mera rilettura dei fatti di causa), è nel complesso infondato.
In tema di misure cautelari personali, in sede di legittimità ci si deve limitare a verificare se i giudici di merito abbiano dato adeguato conto, in modo logico e conforme a diritto, delle ragioni che hanno indotto ad affermare, a carico dell’indagato, ex art. 292 cod. proc. pen., la gravità del quadro indiziario e la sussistenza o persistenza delle esigenze cautelari in rapporto alla pericolosità dell’interessato e alla misura adeguata a fronteggiarla (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01; confronta pure, ex multis , Sez. 3, n. 7268 del 24/01/2019, Rv. 275851-01).
Ne consegue che è inammissibile il controllo su quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01; si veda anche ex multis , Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976 -01).
Nel caso di specie, secondo il Tribunale, gli elementi addotti dalla difesa ‘non modificano le valutazioni poste alla base dell’ordinanza cautelare’ e ‘al più dimostrano la fortissima animosità di uno o più sodali nei confronti del COGNOME‘, non ce rto la ‘stabile dissociazione dell’appellante dal gruppo criminale’. Per questo motivo, sempre secondo il Tribunale, tali elementi non superano le presunzioni fissate dall’art. 275 cod. proc. pen.
In sintesi, secondo il Tribunale, le dette dichiarazioni non integrano alcun effettivo e concreto elemento di novità idoneo a modificare il quadro cautelare cristallizzatosi.
Trattasi di motivazione del tutto logica e per nulla apparente, non censurabile, dunque, in questa sede.
Infatti, è del tutto evidente che, come già, peraltro, evidenziato da questa Corte in altre occasioni (si vedano, ad esempio, Sez. 4, Sentenza n. 23227 del 31/3/2016, non massimata, pagine 8-9, e Sez. 1, Sentenza n. 18073 del 4/2/2025, non massimata, a pagina 81), i contrasti interni ad un sodalizio non rappresentano, ex se , la prova dell’allontanamento di chi ne è protagonista dall’associazione, men che meno la prova della sua radicale dissociazione.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. , alla declaratoria di rigetto segue la condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Trattandosi di provvedimento da cui non consegue la rimessione in libertà del detenuto, una sua copia va trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario perché provveda a quanto stabilito dal comma 1bis dell’art. 94 disp. att. cod.
proc. pen. (ai sensi del comma 1ter del medesimo articolo).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 04/06/2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME