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Dissequestro preventivo: diritti del terzo creditore

Un investitore richiede il dissequestro preventivo di oro acquistato da una società i cui beni sono stati sequestrati. La Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che quando il bene non è più identificabile e il suo valore è confluito in un fondo giudiziario, il terzo non è più proprietario ma creditore. La via corretta per tutelarsi non è l’impugnazione per il dissequestro, ma la partecipazione alla procedura di verifica dei crediti prevista dal Codice Antimafia.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dissequestro preventivo: cosa succede ai diritti del terzo in buona fede?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26627 del 2025, offre un importante chiarimento sulla tutela dei terzi coinvolti in un dissequestro preventivo. Il caso analizzato riguarda un investitore che, dopo aver acquistato oro tramite un contratto ‘Conto Tesoro’, si è visto negare la restituzione del bene a seguito del sequestro dei beni della società emittente. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, delineando un percorso procedurale netto per i terzi che vantano diritti su beni sequestrati.

I Fatti del Caso: L’investimento in oro e il sequestro

Un privato cittadino aveva investito in oro tramite una società specializzata, aderendo a un prodotto finanziario denominato ‘Conto Tesoro’. Successivamente, nell’ambito di un’indagine per reati tributari e altro, il Giudice per le indagini preliminari disponeva un sequestro preventivo che colpiva, tra gli altri, i beni della società.

L’investitore, ritenendosi proprietario dell’oro e quindi terzo estraneo ai fatti, presentava istanza per ottenere il dissequestro del metallo prezioso o, in alternativa, la restituzione del suo controvalore in denaro. La sua richiesta veniva però rigettata dal GIP e l’appello successivo veniva dichiarato inammissibile dal Tribunale di Lecce. Contro questa decisione, l’investitore proponeva ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte: Appello Inammissibile

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione del Tribunale, dichiarando inammissibile il ricorso del terzo interessato. I giudici hanno stabilito che, in una situazione come quella descritta, il ricorrente non poteva più ottenere il dissequestro del bene, ma doveva invece far valere le proprie ragioni attraverso un’altra procedura.

Le Motivazioni della Cassazione sul dissequestro preventivo

La pronuncia si fonda su tre pilastri argomentativi che chiariscono la posizione e gli strumenti a disposizione del terzo in buona fede.

1. Mancanza di Interesse Concreto e Attuale

Il primo motivo di inammissibilità risiede nella mancanza di un ‘interesse ad impugnare’ concreto ed attuale. La Corte ha osservato che l’appello non avrebbe potuto portare a un risultato vantaggioso per il ricorrente per due ragioni fondamentali:
1. Vendita del bene: L’amministratore giudiziario nominato per gestire la società aveva già ottenuto l’autorizzazione a vendere l’oro sequestrato e a versare il ricavato in un fondo unico di giustizia.
2. Confusione dei beni: Durante le operazioni di sequestro, non era stato possibile identificare un quantitativo di oro specificamente accantonato per i singoli contratti ‘Conto Tesoro’. L’oro dell’investitore era, di fatto, indistinguibile e confuso con il resto del patrimonio della società.

In questa situazione, un’eventuale pronuncia favorevole sul dissequestro sarebbe stata ineseguibile, poiché il bene fisico non era più né disponibile né identificabile.

2. La trasformazione del diritto: da proprietario a creditore

Di conseguenza, la Corte ha chiarito che il diritto del ricorrente ha subito una trasformazione. Non potendo più rivendicare la proprietà di un bene specifico, egli è diventato titolare di un diritto di credito pari al controvalore dell’oro. In quanto creditore in buona fede, la sua tutela non si realizza attraverso l’istanza di dissequestro, bensì tramite la procedura di accertamento del passivo prevista dal Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011).

Questo percorso prevede che il terzo presenti una domanda di ammissione del proprio credito, che verrà poi verificata dal giudice delegato in un’apposita udienza insieme a tutte le altre posizioni creditorie.

3. L’inammissibilità per riproposizione dei motivi

Infine, la Corte ha sottolineato un vizio procedurale: l’appello era meramente ripropositivo di un’istanza già rigettata in precedenza, senza addurre nuovi elementi di fatto o di diritto. La giurisprudenza è costante nell’affermare che non si può impugnare un provvedimento limitandosi a ripetere argomenti già esaminati e respinti, poiché ciò viola il principio del ‘ne bis in idem’ processuale (effetto preclusivo).

Conclusioni: La via maestra per la tutela del terzo

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di dissequestro preventivo: la tutela del terzo in buona fede è garantita, ma deve seguire canali procedurali specifici. Quando un bene fungibile, come l’oro, viene sequestrato e si ‘confonde’ con il patrimonio dell’indagato, il diritto del proprietario si trasforma in un diritto di credito. La strada da percorrere non è quella dell’impugnazione del sequestro, ma l’insinuazione nel passivo della procedura di gestione dei beni sequestrati. Una lezione importante per chiunque si trovi a vantare diritti su patrimoni coinvolti in procedimenti penali.

Un terzo in buona fede può sempre ottenere il dissequestro di un bene di sua proprietà?
No. Secondo la sentenza, se il bene non è più specificamente identificabile perché confuso con altri beni e, inoltre, è già stato venduto dall’amministratore giudiziario, il terzo non può più chiederne la restituzione fisica. Il suo diritto di proprietà si trasforma in un diritto di credito per un valore equivalente.

Qual è la procedura corretta per un terzo che vanta un credito su beni sottoposti a dissequestro preventivo?
La procedura corretta indicata dalla Corte non è l’appello per il dissequestro, ma la partecipazione al procedimento di verifica dei crediti disciplinato dal Codice Antimafia (artt. 57 e segg. D.Lgs. 159/2011). Il terzo deve presentare una domanda di ammissione del proprio credito, che sarà poi valutata dal giudice competente.

È possibile presentare un appello riproponendo le stesse argomentazioni di una precedente istanza già respinta?
No. La Corte ha chiarito che un appello è inammissibile se si limita a riproporre le medesime questioni già esaminate e decise in un precedente provvedimento, senza introdurre nuovi elementi di fatto o di diritto. Questo principio mira a evitare la duplicazione dei giudizi sulla stessa questione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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