Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21252 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21252 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOMECOGNOME nato a Ariano Irpino il 18/01/1968, NOME COGNOME nata a Bagnes (Svizzera) il 9/02/1972
avverso il decreto del 27/12/2024 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; letta le conclusioni scritte dell’avv. NOME COGNOME difensore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha dichiarato l’inammissibilità della istanza avanzata in data 16 dicembre 2024 dagli odierni ricorrenti con la quale si chiedeva di consentire il contraddittorio a tutela dei diritti del proposto COGNOME NOMECOGNOME e del terzo, ovvero la moglie NOME COGNOME con riferimento al provvedimento di dissequestro parziale dei beni emesso dal Tribunale di Roma – Sezione Misure di prevenzione in data 15 aprile 2024 e notificato il 23 ottobre 2024, in riferimento alla disposta restituzione di quattr
autovetture in favore della società RAGIONE_SOCIALE nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di COGNOME AntonioCOGNOME
In particolare, le autovetture erano state sequestrate dalla Corte di appello, quale giudice dell’impugnazione avverso la decisione di rigetto della richiesta di sequestro emessa da parte del Tribunale di Roma il 28 marzo 2022, con il decreto depositato il 25 novembre 2022 che aveva accolto il ricorso proposto dal Pubblico Ministero, disponendo il sequestro dei beni mobili e immobili ritenuti riconducibili al proposto, confermato con la sentenza n.1873 del 25 ottobre 2023 della Corte di Cassazione.
Il Tribunale di Roma, dinnanzi al quale si svolgeva il procedimento di prevenzione per l’applicazione della misura personale di sorveglianza speciale, con il citato decreto del 15 aprile 2024, oltre ad applicare la misura personale predetta per la durata di anni tre, disponeva la confisca dei beni già sequestrati dalla Corte di appello – come detto in sede di impugnazione – con la esclusione delle predette autovetture che venivano dissequestrate e restituite alla RAGIONE_SOCIALE, in quanto ritenuta legittima proprietaria, ed estranea ai fatti correlati alla pericolosità d proposto (e precisamente la Porsche Panamera, l’Audi Q7, la BMW X7 e la Peugeot Boxer Pro).
La Corte di appello, decidendo sulla istanza, ne ha dichiarato l’inammissibilità in quanto non rientrante tra i mezzi di impugnazione previsti dall’art. 27 del Dlgs 6 settembre 2011, n.159 (cd. Codice Antimafia).
In particolare la Corte di merito ha evidenziato che la revoca del sequestro penale a norma dell’art. 27, comma 3, del cit. d.lgs. n. 159/2011 può essere impugnata solo dal Pubblico Ministero che può anche richiedere la sospensione dell’esecutività, che altrimenti interviene per legge dal decimo giorno successivo alla comunicazione del dissequestro alle parti interessate.
La decisione che investe la questione dell’intestazione dei predetti beni dissequestrati non può, invece, essere oggetto di impugnazione da parte del proposto (Miano) e del terzo-cointeressato (Scorrano), ma gli stessi potranno semmai fare valere le proprie opposte pretese circa la intestazione simulata a nome della predetta società tedesca davanti alle sedi opportune già investite dalla querela sporta contro gli amministratori della RAGIONE_SOCIALE
Con atto a firma del difensore di fiducia nonché procuratore speciale, NOME COGNOME quale soggetto terzo intestatario dei beni dissequestrati, e NOME COGNOME quale proposto per la misura di prevenzione, hanno impugnato il provvedimento sopra indicato, articolando un unico ampio motivo per violazione di legge, di seguito sintetizzato.
2.1. Dopo aver premesso che COGNOME NOME, quale terza interessata amministratrice della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE non avrebbe avuto la possibilità di partecipare al giudizio di prevenzione, né quello relativo al sequestro disposto dalla Corte di appello e né quello relativo alla confisca disposta dal Tribunale, non essendo stata mai citata né prima del sequestro e né dopo, deduce violazione di legge, avendo il Tribunale proceduto al dissequestro parziale in favore di terzi, senza garantire il contraddittorio con soggetti interessati ad opporsi alla disposta restituzione in favore di una società che era da considerare un mero soggetto interposto per effetto di una intestazione simulata.
Il Tribunale ha azzerato le opposte valutazioni che erano state operate dalla Corte di appello in sede di sequestro, senza citare mai la Scorrano come previsto dall’art. 23, comma 2, d.lgs. 159/2011, e senza consentire alla stessa di accedere alla documentazione delle due società, di cui era socia e amministratore unico, sottoposte a sequestro per fornire la prova della simulazione dei contratti di noleggio intercorsi con la società tedesca.
Si censura la violazione della regola secondo cui il dissequestro non può comportare la espropriazione nei confronti del soggetto che aveva il possesso dei beni al momento del sequestro, essendo tali accertamenti rimessi alla competenza del giudice civile e dovendosi il dissequestro operare in favore dello stesso soggetto che aveva il possesso dei beni (Sez. 2, n. 43424 del 12.11.2003).
Si chiede, pertanto, alla Corte di cassazione di chiarire se il destinatario del sequestro possa appellare il dissequestro disposto in favore di un soggetto terzo diverso da quello nei cui confronti era stato disposto il sequestro e se l’impugnazione prevista dall’art. 27, comma 2, d. Igs. 159/2011 possa avere effetto sospensivo in tale caso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati inammissibili.
Come correttamente evidenziato dalla Corte di appello di Roma nel decreto impugnato, l’istanza proposta personalmente da COGNOME NOME e COGNOME NOME, volta ad ottenere la sospensione dell’esecutività del provvedimento di dissequestro disposto dal Tribunale nell’ambito del procedimento di prevenzione a carico di COGNOME NOME, rispetto ad alcuni beni per i quali il Tribunale ha riconosciuto la fondatezza delle istanze di restituzione avanzate dal terzo che ne aveva reclamato
la titolarità, non è contemplata dalla disciplina dei mezzi di impugnazione previsti dall’art. 27 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (cd. Codice antimafia).
Il procedimento di prevenzione con riferimento all’applicazione della misura patrimoniale della confisca prevede ex art. 23 d.lgs. 159/2011 che anche i terzi che vantano titoli di proprietà sui beni stessi sono chiamati a parteciparvi e, ove per errore, non siano stati messi in condizione di farlo, secondo la giurisprudenza consolidata (cfr. Sez. 1, n. 6745 del 05/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280528) possono far valere le proprie ragioni unicamente in sede di incidente di esecuzione, al fine di ottenere la revoca del provvedimento ablatorio.
Nel caso di specie, contrariamente a quanto dedotto dai ricorrenti, il procedimento di prevenzione, che si è svolto davanti al Tribunale per la decisione sulla richiesta di confisca unitamente alla richiesta di applicazione della misura di prevenzione personale nei confronti del proposto COGNOME NOMECOGNOME ha consentito sia al proposto, considerato effettivo titolare dei beni in sequestro, e sia alla moglie NOME COGNOME di far valere le proprie ragioni, essendo stati ammessi a partecipare al relativo procedimento.
La doglianza difensiva muove dall’erroneo assunto che dopo che la Corte di appello aveva disposto il sequestro dei beni ritenuti riconducibili al proposto per interposizione fittizia, accogliendo l’impugnazione proposta dal Pubblico Ministero avverso il provvedimento di rigetto adottato dal Tribunale, anche il procedimento per la decisione sulla confisca si sarebbe dovuto svolgere davanti alla Corte di appello.
Sebbene tale errata indicazione fosse stata evocata dalla Corte di cassazione nella sentenza di rigetto del ricorso avverso la conferma del sequestro disposto in sede di impugnazione, il Tribunale correttamente si è discostato da tale indirizzo, non vincolante per il tipo di provvedimento adottato dalla Corte di cassazione, non trattandosi di annullamento con rinvio ma di una pronuncia di rigetto del ricorso.
Correttamente, invece, la decisione sulla confisca, una volta adottato il sequestro in sede di impugnazione incidentale relativa al rigetto del provvedimento cautelare del sequestro, è stata adottata dal Tribunale nel procedimento di prevenzione nel primo grado di merito, non diversamente da quanto accade quando un provvedimento cautelare venga impugnato nel procedimento incidentale che si innesta nel corso del giudizio principale.
La contraria soluzione avrebbe comportato la perdita di un grado di giudizio per la decisione sulla confisca, essendo irrilevante ai fini dell’andamento del procedimento principale, che il sequestro fosse stato applicato in sede di impugnazione da parte della Corte di appello.
In ogni caso, le questioni che afferiscono alla legittimità della confisca decisa dal Tribunale nel primo grado del procedimento di prevenzione sono suscettibili di
essere dedotte con l’atto di appello, come peraltro avvenuto nel caso di specie, emergendo dalla motivazione del decreto impugnato che sia il Miano e sia la Scorrano hanno proposto appello avverso la decisione emessa dal Tribunale.
A tale riguardo occorre evidenziare che essendo pendente l’appello sul merito della decisione della misura patrimoniale è in quella sede che sia il proposto che la moglie, quale terza interessata, possono fare valere le proprie ragioni.
Con riferimento alla diversa questione del rapporto tra le istanze di restituzione avanzate nel corso del procedimento di prevenzione da terzi che reclamino la titolarità del bene in contrapposizione tra loro, si deve osservare che la disciplina del procedimento di prevenzione prevede che sia sempre il Giudice della prevenzione a risolvere tale contrasto, soppesando le rispettive istanze, essendo competente a vagliare la fondatezza dei diritti dei terzi sia nella fase di cognizione che in quella di esecuzione della confisca ex art. 52 del d.lgs. 159/2011.
Pertanto, anche la decisione con la quale il Tribunale ha disposto il dissequestro di parte dei beni, rigettando la richiesta di confisca, ritenendo fondata la richiesta del terzo (la società RAGIONE_SOCIALE che ha provato la titolarità della proprietà delle autovetture – per effetto della risoluzione del contratto di noleggio intercorso con le due società intestate alla moglie del proposto per mancato pagamento dei relativi canoni – può essere impugnata con lo stesso mezzo previsto dall’art. 27 del d.lgs. 159/2011, che richiama l’art 10 stesso decreto, ovvero con il ricorso alla corte di appello.
A tale riguardo occorre però precisare, in aggiunta a quanto già chiarito dal provvedimento impugnato in questa sede, che anche il terzo interessato, che reclami un proprio diritto sul bene dissequestrato a favore di altro soggetto ammesso a partecipare al procedimento di prevenzione quale terzo interessato, può fare valere le proprie ragioni proponendo appello avverso la decisione di dissequestro, anche ove il pubblico ministero non abbia ritenuto di impugnare la revoca parziale del sequestro insieme al rigetto parziale della richiesta di confisca.
Ma non devono essere confusi i piani dell’accertamento, essendo solo la preliminare questione della intestazione fittizia l’oggetto del giudizio d prevenzione.
La controversia tra terzi interessati che reclamino ciascuno un proprio diritto sul medesimo bene in contrapposizione tra loro deve essere risolta davanti al giudice della prevenzione, essendo questi l’unico giudice competente a valutare la posizione di effettiva terzietà e buona fede rispetto alla titolarità del diritto, so il profilo della riferibilità effettiva del bene in capo al proposto, ove sia acquisita prova della fittizietà della intestazione in capo al terzo.
È evidente che ove il Tribunale ravvisi il carattere fittizio della intestazione della titolarità di uno dei soggetti terzi (in questo caso la moglie del proposto) la posizione di questo terzo è assimilata a quella del proposto rispetto all’altro soggetto terzo il cui diritto di proprietà risulti, invece, autonomo e privo d correlazione con l’attività criminale che si assume essere il presupposto delle misure di prevenzione personale e patrimoniale applicate nei confronti del proposto.
Nel caso di specie, il Pubblico Ministero non ha ritenuto di impugnare la revoca parziale del sequestro e la contestuale decisione di rigetto della confisca per i beni ritenuti fittiziamente intestati alle società facenti capo alla moglie del proposto avendo riconosciuto che il diritto di proprietà vantato dalla società tedesca fosse autonomo e non inquinato da accordi fiduciari volti a dissimulare le intestazioni dei beni del proposto.
Pertanto, sotto tale profilo è onere della parte interessata proporre appello a norma dell’art. 27 d.lgs. 159/2011 avverso la decisione di dissequestro ma al solo fine di rivendicare l’autonomia dei diritti di proprietà vantati sui propri be rispetto alla posizione del proposto, non essendo la sede penale quella deputata a risolvere le altre controversie civilistiche che non siano pregiudicate da tale questione.
Solo escludendosi la veste di prestanome del proposto, il terzo interessato potrebbe, infatti, far valere in un eventuale procedimento civile le proprie pretese di rivendicazione dei beni che il Tribunale ha, invece, ritenuto essere di pertinenza di altro soggetto terzo rispetto al quale soltanto ha riconosciuto la totale estraneità a quella accumulazione illecita di ricchezze che rappresenta il presupposto della confisca di prevenzione.
L’oggetto dell’accertamento rimesso alla competenza esclusiva del giudice della prevenzione penale è solo quello di verificare le situazioni di interposizione fittizia dell’intestazione dei beni da confiscare in rapporto alla pericolosità criminal del proposto e all’accumulazione illecita di ricchezza, svelando le operazioni simulatorie o fiduciarie che intercorrono con i suoi prestanomi.
In assenza dell’impugnazione del pubblico ministero, come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato, non è prevista la sospensione dell’esecutività del dissequestro.
L’art. 27, comma 3, del cit. d.lgs. 159/2011 prevede, infatti, che il provvedimento di dissequestro diventi esecutivo decorsi dieci giorni dalla comunicazione alle parti, salvo che il pubblico ministero ne chieda la sospensione alla corte di appello e questa la disponga fino a che non intervenga il provvedimento che definisce il procedimento di prevenzione.
Conseguentemente, la richiesta di sospendere l’esecutività del dissequestro in assenza di impugnazione da parte del pubblico ministero non è prevista dalla normativa vigente neanche nel caso in cui il dissequestro del bene sia stato disposto in favore di un terzo interessato diverso dal soggetto che ne aveva la disponibilità al momento del sequestro.
Si tratta di una disciplina che si giustifica per la prevalente tutela che i procedimento di prevenzione riconosce ai diritti dei terzi che siano stati ritenuti del tutto estranei alle acquisizioni patrimoniali del proposto, a discapito di quei soggetti terzi che sono, invece, stati ritenuti dei meri intestatari fittizi o fidu dei beni di pertinenza del proposto, con la conseguente assimilazione della loro posizione a quella del proposto, in linea generale non interessato a dolersi per la mancata applicazione della confisca in alternativa al disposto dissequestro in favore del terzo.
In altri termini, è solo quando ricorrano i presupposti soggettivi per l’applicazione della confisca che il giudice della prevenzione è deputato ad occuparsi dei diritti dei terzi per verificare se si tratti di terzi estranei o m all’arricchimento illecito del proposto.
Solo nel caso di un provvedimento di integrale rigetto della misura di prevenzione personale e di quella patrimoniale il Giudice della prevenzione penale è tenuto a ripristinare lo status quo ante rispetto al momento del sequestro, non avendo ovviamente competenza a risolvere le controversie di diritto civile, una volta esclusa la ragione del proprio intervento che ne legittima la competenza esclusiva (vis actractiva).
Diverso è il caso – come quello in esame – in cui il dissequestro in favore del terzo sia motivato non già dal difetto dei presupposti per disporre la confisca nei confronti del proposto e del soggetto che ne sia stato ritenuto il prestanome per interposizione fittizia o fiduciaria.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue per legge la condanna dei ricorrenti alle spese del procedimento, mentre per la peculiare complessità delle questioni dedotte si ritiene di non disporre la loro condanna anche al pagamento della pena pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
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Così deciso il 15 aprile 2025
Il Pre idente