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Dispositivo idoneo comunicazione: SIM non è reato

La Corte di Cassazione ha stabilito che introdurre una semplice scheda SIM in carcere non integra il reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione (art. 391-ter c.p.). La sentenza chiarisce che un ‘dispositivo idoneo comunicazione’ deve essere un apparecchio completo e funzionante di per sé, mentre la SIM è un mero accessorio. La Corte ha rigettato il ricorso del Procuratore Generale, confermando l’assoluzione dell’imputata.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Dispositivo Idoneo Comunicazione: Introdurre una SIM in Carcere Non È Reato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema di grande attualità nel diritto penitenziario, chiarendo i confini del reato di accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione in carcere. La Corte ha stabilito che l’introduzione di una semplice scheda SIM, da sola, non è sufficiente per configurare il reato previsto dall’art. 391-ter del codice penale. Questa decisione sottolinea l’importanza del principio di tassatività e offre una precisa interpretazione di cosa costituisca un dispositivo idoneo comunicazione ai fini della legge.

I Fatti del Caso: Una SIM Nascosta

Il caso ha origine dal processo a carico di una donna, assolta in primo grado dal Tribunale. L’accusa era di aver tentato di introdurre una scheda SIM all’interno di un istituto penitenziario, occultandola nel proprio reggiseno, durante un colloquio con il compagno detenuto. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello ha impugnato la sentenza di assoluzione, sostenendo che la scheda SIM dovesse rientrare nella nozione di “dispositivo idoneo alla comunicazione”, poiché senza di essa un telefono cellulare non potrebbe funzionare.

La Questione Giuridica: Cos’è un dispositivo idoneo comunicazione?

Il nodo centrale della questione era se una scheda SIM, un mero accessorio, potesse essere equiparata a un “apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo ad effettuare comunicazioni”, come richiesto dall’art. 391-ter c.p. La Procura sosteneva una lettura finalistica della norma: dato che l’obiettivo è impedire le comunicazioni non autorizzate, anche l’introduzione di singole componenti essenziali dovrebbe essere punita. La difesa, al contrario, si appellava a un’interpretazione letterale e rigorosa della legge, in linea con i principi fondamentali del diritto penale.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Procuratore, offrendo un’analisi dettagliata e rigorosa della norma incriminatrice. Le motivazioni si fondano su tre pilastri fondamentali.

Il Principio di Tassatività e il Divieto di Analogia

In primo luogo, i giudici hanno ribadito la centralità del principio di tassatività, secondo cui una norma penale deve essere chiara e precisa. Ampliare il significato di “dispositivo” fino a includere una scheda SIM non sarebbe un’interpretazione estensiva (ammessa), ma un’estensione analogica (vietata in materia penale). La Corte ha osservato che, quando il legislatore ha voluto punire condotte relative a singole parti di un oggetto (come nel caso delle armi), lo ha specificato espressamente. L’assenza di tale previsione nell’art. 391-ter è, quindi, decisiva.

La Differenza tra Dispositivo e Accessorio

In secondo luogo, la sentenza traccia una netta distinzione tra un dispositivo e un suo accessorio. Un “apparecchio telefonico” o un “altro dispositivo idoneo comunicazione” è un oggetto che, nella sua unitarietà e completezza, è di per sé capace di effettuare comunicazioni. Una scheda SIM, al contrario, è un accessorio che, da solo, è inerte e del tutto inidoneo a comunicare. Consente l’accesso a un servizio di rete, ma solo se inserita in un apparato funzionante. La condotta punita dalla norma è quella che crea un pericolo concreto e immediato di comunicazioni illecite, pericolo che la sola SIM non è in grado di generare.

L’Intenzione del Legislatore e l’Offensività della Condotta

Infine, la Corte ha sottolineato che il reato in questione è istantaneo. Si consuma nel momento in cui il dispositivo, completo e funzionante, entra nella disponibilità del detenuto. Punire la ricezione di una sola SIM significherebbe sanzionare un fatto privo di concreta offensività, estendendo la tutela penale a situazioni che non presentano un reale pericolo per la sicurezza penitenziaria. La norma è stata introdotta per contrastare l’uso di cellulari e altri apparati completi, non per punire l’introduzione di singoli componenti che, da soli, non possono essere utilizzati per lo scopo vietato.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione, con questa pronuncia, stabilisce un importante principio di diritto: per la configurabilità del reato previsto dall’art. 391-ter c.p., è necessario che l’oggetto introdotto in carcere sia un dispositivo completo e immediatamente utilizzabile per le comunicazioni. L’introduzione di una semplice scheda SIM, o di altre singole parti non funzionanti autonomamente, non è sufficiente a integrare la fattispecie criminosa. La decisione riafferma la centralità dei principi di legalità e tassatività, ponendo un argine a interpretazioni eccessivamente ampie che rischierebbero di criminalizzare condotte prive di una reale carica offensiva.

Introdurre una scheda SIM in carcere è reato ai sensi dell’art. 391-ter c.p.?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola introduzione di una scheda SIM non costituisce reato, perché non si tratta di un dispositivo completo e di per sé idoneo a effettuare comunicazioni.

Cosa intende la legge per “dispositivo idoneo alla comunicazione”?
La legge si riferisce a un apparecchio, come un telefono cellulare, uno smartphone o un tablet, che nella sua interezza e unitarietà è in grado di consentire una comunicazione. Non include, quindi, singoli accessori o parti che da sole non possono funzionare.

Perché una SIM non è considerata un dispositivo idoneo?
Perché è un accessorio che, pur essendo necessario per connettere un dispositivo alla rete telefonica, da sola è inerte e incapace di effettuare o ricevere comunicazioni. Il reato si configura solo quando viene introdotto un apparato completo e già idoneo all’uso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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