Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 21967 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 21967 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME, nato nelle Filippine DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte di Appello di Bologna del 10.7.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per la correzione del dispositivo quanto alla misura della pena.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 14.6.2022 il Tribunale di Bologna aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei fatti di rapina pluriaggravata in concorso a lui ascritti e, con le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alle contestate aggravanti, lo aveva condannato alla pena finale di anni 4 di reclusione
ed euro 1.000 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali, applicandogli altresì la pena accessoria conseguente alla entità di quella principale:
la Corte d’appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata per il resto, ha riconosciuto la prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti ed ha pertanto rideterminato la pena in anni 2 mesi 10 di reclusione ed euro 800 di multa;
ricorre per cassazione il NOME tramite il difensore di fiducia che deduce:
3.1 nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio: rileva che, nella parte motiva, la Corte d’appello ha indicato la pena conseguente al riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti in quella di anni 2 e mesi 8 di reclusione ed euro 800 di multa (conseguente alla riduzione, nella misura di un terzo, della pena detentiva di anni 4 di reclusione stabilita dal primo giudice) laddove, nel dispositivo, essa è stata indicata in anni 2 e mesi 10 di reclusione ed euro 800 di multa;
3.2 carenza e contraddittorietà della motivazione quanto al mancato riconoscimento della attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.: segnala la contraddittorietà della motivazione con cui la Corte d’appello ha escluso la attenuante della speciale tenuità del danno valorizzando l’entità dell’evento dannoso o pericoloso laddove, successivamente, ha tuttavia considerato il contributo fornito dal giovane “… sicuramente di minore valenza” e, perciò, a parere della difesa, qualificabile in termini di “speciale tenuità”;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020 concludendo per la correzione del dispositivo, con indicazione della pena di “anni 2 mesi 8 di reclusione” in luogo di “anni 2 mesi 10 di reclusione” ed inammissibilità del ricorso nel resto: rileva, sul punto, la fondatezza del rilievo formulato nel primo motivo del ricorso e, invece, la manifesta infondatezza del secondo motivo atteso che la Corte territoriale ha motivato, sulla richiesta difensiva, in termini coerenti con la giurisprudenza costante di questa Corte quanto al carattere plurioffensivo che è proprio del delitto di rapina.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo, infatti, la difesa rileva che la Corte d’appello di Bologna, riformando quella del Tribunale, ha optato per un giudizio di prevalenza
delle (già riconosciute) circostanze attenuanti generiche sulle concorrenti aggravanti ma, ciò non di meno, nel dispositivo, ha erroneamente indicato la pena detentiva finale in anni 2 e mesi 10 di reclusione laddove proprio la massima riduzione per effetto del giudizio di valenza avrebbe dovuto portare a quella di anni 2 e mesi 8 di reclusione come tale infatti correttamente indicata nella motivazione della sentenza impugnata.
Di qui, secondo la difesa, il contrasto tra dispositivo e motivazione che andrebbe “risolto” in favore di quest’ultima in quanto coerente con il procedimento logico-giuridico che giustificherebbe quella più mite misura rispetto a quella invece indicata nel dispositivo.
Il principio generale, tradizionalmente e costantemente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, è quello secondo cui il contrasto tra dispositivo e motivazione non determina nullità delia sentenza, ma si risolve con la logica prevalenza dell’elemento decisionale su quello giustificativo (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 7980 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269375 01; Sez. 6, n. 19851 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 267177 01; Sez. 5, n. 22736 del 23/03/2011, COGNOME, Rv. 250400 – 01).
È vero che questa regola non è stata considerata insuperabile potendo essere derogata nel caso in cui vi siano elementi idonei a concludere nel senso che sia proprio il dispositivo ad essere caratterizzato da un errore materiale obiettivamente rilevabile come tale, anche alla luce della motivazione (cfr., da ultimo, Sez. 3 – , n. 2351 del 18/11/2022, dep. 20/01/2023, COGNOME, Rv. 284057 – 04; Sez. 2 – , n. 35424 del 13/07/2022, COGNOME, Rv. 283516 01, in cui la Corte ha spiegato che nell’ipotesi in cui la discrasia tra dispositivo e motivazione della sentenza dipenda da un errore materiale relativo all’indicazione della pena nel dispositivo e dall’esame della motivazione sia chiaramente ricostruibile il procedimento seguito dal giudice per pervenire alla sua determinazione, la motivazione prevale sul dispositivo, con conseguente possibilità di rettificare l’errore secondo la procedura prevista dall’art. 619 cod. proc. pen.).
Tanto premesso, rileva il collegio che, nel caso di specie, le condizioni per derogare alla regola della prevalenza del dispositivo non ricorrano: va osservato, in primo luogo, come la indicazione della pena detentiva di anni 2 e mesi 10 di reclusione fosse contenuta anche nel dispositivo redatto in udienza e comunicato ai sensi dell’art. 23-bis del DL 149 del 2020.
Per altro verso, la motivazione della sentenza (cfr., pag. 3), pur dando e/ conto degli elementi favorevoli all’imputate erano stati valorizzati per condurre
alla formulazione di un diverso giudizio di valenza, non consente di concludere nel senso che la riduzione per le attenuanti generiche fosse stata necessariamente riconosciuta nella misura massima possibile.
In mancanza di un riferimento chiaro ed esplicito nel senso della volontà di applicare le attenuanti nella loro massima estensione, si deve allora ribadire la prevalenza del dispositivo in cui la indicazione della pena detentiva è comunque assai prossima al minimo edittale e, per contro, alla massima riduzione conseguente al rinnovato giudizio di valenza.
Il secondo motivo è manifestamente infondato poiché la Corte d’appello, nell’escludere la circostanza di cui all’art. 62 n. 4, cod. pen., si è conformata al costante ed univoco orientamento di questa Corte che ha sempre escluso l’attenuante del danno di speciale tenuità con riferimento al delitto di rapina, sostenendo che non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura plurioffensiva del delitto de quo, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto; ne consegue che, solo ove la valutazione complessiva del pregiudizio sia di speciale tenuità può farsi luogo all’applicazione dell’attenuante, sulla base di un apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logico-giuridici (cfr., di recente, Sez. 2 – , n. 28269 del 31/05/2023, Conte, Rv. 284868 – 01; Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 265685-01; Sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, Uccello, Rv. 247363- 01).
Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 1’11.4.2024