Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6986 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6986 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Teramo il 14/06/1977
avverso la sentenza del 06/05/2024 della Corte di appello di L’Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che la Corte di cassazione voglia annullare
con rinvio la sentenza impugnata, con le conseguenze previste dalla legge.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 dicembre 2022 il Tribunale di Pescara condannava NOME COGNOME alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione per i reati previsti dagli artt. 615ter e 640ter cod. pen.
Con la sentenza qui impugnata la Corte di appello di L’Aquila riformava parzialmente la decisione del primo giudice condannando l’imputato alla pena di ‘mesi sei di reclusione ed € 200 di multa’, ‘riqualificato il fatto ai sensi dell’art. 646 Cod. Pen.’, confermando nel resto.
La Corte territoriale condannava l’imputato anche alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, chiedendo l’annullamento , con o senza rinvio, della sentenza per manifesta contraddittorietà della motivazione in relazione al dispositivo, in riferimento sia alla riqualificazione del fatto-reato, che alla effettiva sussistenza della condanna.
Osserva il ricorrente che, contrariamente a quanto scritto in dispositivo, dalla motivazione risulta che l’imputato è stato assolto per insussistenza del fatto .
Deduce la difesa che ‘si tratta verosimilmente di un errore grossolano nel p.q.m.’, inconciliabile con la motivazione della sentenza.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ai sensi dell’art. 611, commi 1bis e 1ter , del codice di rito.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Va premesso che il dispositivo (di condanna) trascritto in calce alla motivazione corrisponde perfettamente a quello letto in udienza.
Nella motivazione, invece , si legge che il fatto contestato ‘sembra integrare il delitto di appropriazione indebita’, ma che tale ‘ riqualificazione non è però possibile effettuare legalmente, non risultando che la contestazione del fatto compendiata nell’imputazione comprenda gli elementi tipici della fattispecie di cui all’art. 646 Cod. Pen. (non trovando specificazione il vincolo di destinazione ed il doloso intendimento a fare propria la somma sottoposta a tale vincolo). COGNOME NOME va, dunque, assolto dall’imputazione a lui ascritta perché il fatto non sussiste’.
Evidente è la contraddittorietà denunciata dal ricorrente.
Secondo la costante giurisprudenza, quale regola generale, il contrasto tra dispositivo e motivazione, quando non contestuale, si risolve con la logica prevalenza dell’elemento decisionale su quello giustificativo, in quanto l ‘ atto che estrinseca la volontà del giudice è solo il primo, che non può subire modifiche, integrazioni o sostituzioni con la motivazione (Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022,
dep. 2023, COGNOME, Rv. 284057 -04; Sez. 1, n. 48766 del 24/10/2019, COGNOME, Rv. 277874 -01; Sez. 6, n 7980 del 01/02/2017, COGNOME, Rv. 269375 -01; Sez. 6, n 19851 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 267177 -01).
Tuttavia, la regola della prevalenza del dispositivo, in quanto immediata espressione della volontà decisoria del giudice, non è assoluta, ma va contemperata, tenendo conto del caso specifico, con la valutazione degli elementi tratti dalla motivazione, che conserva la sua funzione di spiegazione e chiarimento delle ragioni della decisione e che, pertanto, ben può contenere elementi certi e logici che facciano ritenere errato il dispositivo o parte di esso (cfr., ad es., Sez. 2, n. 35424 del 13/07/2022, COGNOME, Rv. 284316 -01; Sez. 3, n. 3969 del 25/09/2018, dep. 2019, B., Rv. 275690 -01; Sez. 6, n. 24157 del 01/03/2018, COGNOME, Rv. 273269 -01; Sez. 2, n. 13904 del 09/03/2016, COGNOME, Rv. 266660 -01).
Questo orientamento muove dall’esigenza di risolvere quei casi in cui la divergenza dipende da un evidente errore materiale, obiettivamente riconoscibile, contenuto nel dispositivo e, sul presupposto che in questa evenienza il contrasto è solo apparente, si ritiene legittimo il ricorso alla motivazione per chiarire la effettiva portata della decisione al fine di individuare l’errore e di eliminarne gli effetti.
Nel caso di specie non si è in presenza di alcun errore materiale nel dispositivo letto in udienza, risultando la motivazione assolutoria espressione, evidentemente, di un successivo ripensamento.
Nel contempo, però, la condanna non è sorretta da alcuna valida motivazione, considerato che in essa si esclude espressamente la legittimità di una riqualificazione del fatto nel reato di appropriazione indebita.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello individuata ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. c) , del codice di rito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
Così deciso il 12/02/2025.