Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 32045 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32045 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COCO NOME nata a Catania il 9 dicembre 1966;
avverso la ordinanza n. 1775/24 SIGE del Tribunale di Milano del 6 novembre 2024;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, operando quale giudice dell’esecuzione penale, ha, con ordinanza pronunziata in data 6 novembre 2024, respinto la opposizione presentata da RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento con il quale il precedente 10 luglio 2024 il medesimo Giudice aveva rigettato la istanza presentata dalla RAGIONE_SOCIALE e tesa ad ottenere la restituzione di un immobile di sua formale proprietà ubicato in Milano, INDIRIZZO oggetto di confisca -per equivalente in esecuzione della sentenza emessa in danno di tale NOME NOME, già coniuge della Coco, con la quale, applicata al medesimo la pena concordata ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. in relazione a reato in materia penai-tributar a lui contestato, era stata disposta la confisca del profitto di tale reato da qu conseguito, sino alla concorrenza di 1.930.967,00 euri, la quale, in sede di materiale esecuzione del predetto provvedimento,aveva avuto ad oggetto l’immobile de quo già sottoposto a sequestro preventivo a decorrere dal 29 settembre 2020.
Nell’articolare il provvedimento reiettivo della opposizione il Tribunale di Milano ha rilevato che la correttezza della confisca del predetto immobile derivava dalla natura simulata o, comunque, artificiosa della intestazione di esso in capo alla Coco, avvenuta successivamente allo scioglimento della comunione legale dei beni fra coniugi e confermata in esecuzione degli accordi assunti fra le parti in occasione della cessazione del vincolo matrimoniale già corrente fra la Coco e l’COGNOME; in particolare il Tribunale ha osservato, ribadi la confiscabilità ex art. 12-bis del dlgs n. 74 del 2000 dei beni costituenti profitto del reato ovvero aventi un valore pari a quello ogni qual volta essi siano nella “disponibilità” del soggetto condannato, dovendosi intendere per “disponibilità” la signoria dì fatto esercitata da quello sul bene in questione, che l’immobile d cui si parla, già oggetto di comunione coniugale dei beni fra i due soggetti dianzi ricordati, è stato adibito, in occasione della formalizzazione della cessazione degli effetti civili della unione già esistente fra i predetti, ad abitaz dell’Anastasi il quale si era impegnato a sopportare gli oneri economici derivanti dalla sua gestione.
Da tanto il Tribunale ha fatto derivare che l’appartamento di INDIRIZZO, pur formalmente assegnato alla RAGIONE_SOCIALE, ricade nella “sfera degli interessi economici” dell’COGNOME il quale esercita su di esso una signoria sovrapponibile, quanto meno, a quella del possessore.
Né, conclude il Tribunale, ha un qualche rilievo il fatto che l’immobile sia stato concesso, a decorrere dal 17 gennaio 2017, in comodato, senza limite di
tempo, dalla Coco al figlio suo e dell’NOME, essendo, ad avviso del Tribunale meneghino, ben diversa la posizione sostanziale vantata da quest’ultimo rispetto a quella, invece, esercitata dal padre.
Avverso il predetto provvedimento ha interposto ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, la COGNOME, assumendo di essere terza estranea al reato, titolare di un diritto dominicale autonomo rispetto a quello dell’Anastasi sul bene oggetto di confisca e, pertanto, non assoggettabile alla misura di sicurezza a contenuto patrimoniale in questione che, per avere un contenuto sostanzialmente sanzionatorio, non è suscettibile di essere presa nei confronti di soggetti estranei all’illecito cui la medesima si riferisce.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto.
Una brevissima ricognizione normativa consente di rilevare che, a mente dell’art. 12-bis, comma 1, del dlgs n. 74 del 2000, in caso di condanna ovvero di applicazione di pena per uno dei reati previsti dal citato provvedimento legislativo (e, sebbene non sia precisamente indicato quale sia stato il reato in relazione al quale l’COGNOME ha concordato la pena, è indiscusso che si sia trattato dì reato ricompreso fra quelli previsti dal ricordato decreto legislativo) è “sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto od il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato”; tale misura è riferita, allorché non sia “possibile attingere direttamente i beni costituenti il profitto o il prezzo del reato per cui è intervenuta la condanna o l’applicazione di pena, a beni “di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo e profitto”.
Questo sarebbe il caso, in quanto, ad avviso del Tribunale, l’appartamento già oggetto di comunione legale dei beni fra coniugi del quale la Coco pacificamente intestataria dello stesso per averlo ricevuto già nell’anno 2009 e per essere stata tale assegnazione ribadita in esecuzione degli accordi presi fra le parti – ma, giova ricordarlo, ratificati in sede giurisdizionale – in occasione dello svolgimento del procedimento per la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto fra la attuale ricorrente e l’COGNOME – ha chiesto la restituzione, sarebbe in realtà rimasto nella disponibilità dell’uomo.
Ora, è ben vero che per costante e condivisa giurisprudenza di questa Corte il concetto di “disponibilità” del bene in capo al reo di un illecito tributario, presupposto per la sua confiscabilità per equivalente, non coincide con la
nozione civilistica di proprietà ma trova il suo più prossimo riferimento iure privatorum nella nozione di possesso (Corte di cassazione, Sezione III penale, 31 gennaio 2019, n. 4887, rv 274852), di tal che esulano dalla condizioni richieste le ipotesi relative a beni per i quali, pur non essendo stata eseguite le formalità relative all’eventuale annotazione su registri pubblici dell’avvenuto trasferimento, sono tuttavia intervenuti atti di cessione, già divenuti materialmente efficaci essendo stati i beni effettivamente trasmessi, a soggetti terzi di buona fede (si veda, infatti, il caso dell’avvenuta cessione di beni mobili registrati, non ancora annotati sul relativo pubblico registro: Corte di cassazione, Sezione, III penale, 17 settembre 2021, n. 34602, rv 282366); deve – apparentemente per converso ma, in realtà, in coerenza col principio dianzi declinato – rilevarsi che, laddove non si tratti di vincoli di carattere pubblicistico (quale l’avvenuto pignoramento, si veda, infatti al riguardo: Corte di cassazione, Sezione III penale, 3 agosto 2021, n. 30294, rv 282140), anche l’avvenuta trascrizione negli appositi registri del trasferimento del bene in capo ad una terza persona, ove a tale annotazione non abbia fatto seguito l’effettiva perdita della “disponibilità” (per come dianzi intesa) del bene da parte del cedente, non costituisce ostacolo all’eventuale ablazione penale del bene de quo.
E’, in sostanza, questo il principio cui, apparentemente, si è appigliato il Tribunale di Milano onde rigettare la opposizione della Coco; tale statuizione risulta essere, tuttavia, viziata in quanto fonda la nozione di “disponibilità” su elementi quanto meno equivoci.
E’ pacifico che l’appartamento di cui si discute era pervenuto alla Coco già anteriormente alla attuazione degli accordi presi in occasione della definizione del procedimento giurisdizionale volto alla dichiarazione della cessazione degli effetti civili del matrimonio intercorso fra costei e l’NOME; in tale occasione fu stabilito che quest’ultimo, rimanendo ad abitare all’interno dell’appartamento (che non poteva essere evidentemente occupato dalla COGNOME la quale svolgeva la sua attività lavorativa in altra città distante dal Milano), si sarebbe accollato i costi di tale godimento.
La circostanza, affermata dal Tribunale, che tale elemento sia sintomatico della permanenza dell’Anastasi nella “disponibilità” dell’immobile è frutto di una ingiustificata ipostasi logica, secondo la quale – a voler portare alle estreme, ma non per questo non coerenti con esso, conseguenze il ragionamento svolto dal Tribunale – sarebbe altrettanto legittima la confisca di un bene del quale il soggetto attinto dalla misura abbia la disponibilità per effetto di un rapporto di
locazione a fronte del versamento di un canone in favore del terzo proprietario (ove mai fosse necessario, si segnala al riguardo, invece, la sentenza emessa da Corte di cassazione, Sezione VI penale 29 gennaio 2016, n. 4297, rv 254483, secondo la quale il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 322 ter cod. pen., non può avere ad oggetto beni che l’imputato detiene in virtù di un contratto di leasing, dovendo questi ultimi ritenersi appartenenti a terzi estranei al reato).
Né vale a rendere più accettabile il rilievo – operato dal Tribunale onde fornire ulteriori elementi dimostrativi del fatto che l’COGNOME fosse il re titolare del bene – fornito dalla circostanza che l’COGNOME si sia accollato, co detto, i costi di gestione dell’immobile; anzi, un tale elemento di fatto, n oggetto di alcuna smentita nel corpo della ordinanza nel senso che l’effettivo pagamento di tali oneri non è stato messo in dubbio né ne è stata segnalata la eventuale irrisorietà di esso rispetto al valore del bene, rende semmai evidente che la “onerosità” del godimento dell’immobile da parte dell’Anastasi si pone in logico contrasto con la nozione condivisa di “disponibilità” rilevante ai fini ch ora interessano, posto che essa presuppone, invece, il godimento libero e pieno del bene, senza alcun peso o vincolo che lo limiti.
Va, altresì, osservato che il Tribunale di Milano ha del tutto trascurato di considerare – a comprova delle affettività e non della simulazione o comunque della strumentale fittizietà della attribuzione alla attuale ricorre dell’appartamento di cui si parla – la circostanza che, in sede di definizion negoziale degli aspetti patrimoniali connessi alla cessazione degli effetti civi del matrimonio fra la ricorrente e l’COGNOME, la prima ha, nei fatti, rinunzia alla titolarità di altri beni coniugali, in tale senso evidenziando la natura oner per la Coco dell’accordo preso con l’COGNOME, circostanza questa che avrebbe imposto una più approfondita giustificazione in relazione alla ritenuta mera fittizietà della attribuzione dell’immobile alla ricorrente e, quindi, in ordine sua confiscabilità.
Le lacune motivazionali presenti nella ordinanza impugnata, lacune che si riverberano sulla stessa interpretazione normativa del concetto di “disponibilità” riportato nel testo dell’art. 12-bis, comma 1, del dlgs n. 74 del 2000 impongono l’annullamento della ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Milano che, in diversa composizione personale, esaminerà nuovamente, alla luce dei rilievi contenuti nella presente sentenza, la fondatezza o meno della opposizione presentata dalla attuale ricorrente avverso la precedente ordinanza del 10 luglio 2024 emessa dal medesimo Tribunale di Milano.
PQM
Annulla la ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Milano, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2025
Il Consigliere estensore
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Il Pres ente