Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1273 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1273 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nata a Napoli il 30/10/1993, terza interessata nel procedimento a carico di NOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 16/03/1990 avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Parma del 22/06/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale D.ssa
NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 22/06/2023 il Tribunale del riesame di Parma rigettava il riesame proposto da NOME COGNOME in qualità di terza proprietaria, avverso il provvedimento del GIP di Parma del 28/03/2023 di sequestro finalizzato alla confisca diretta o per equivalente della somma di euro 3.268.248,79, profitto del reato percepito dalla società RAGIONE_SOCIALE in esecuzione del quale la Guardia di Finanza di Parma eseguiva il sequestro dei seguenti beni,
rinvenuti parte presso un appartamento locato dalla RAGIONE_SOCIALE e parte all’interno d un controsoffitto sito presso la sede della RAGIONE_SOCIALE:
la somma di euro 5.000,00, suddivisa in numero 100 banconote da 50 euro nonché un orologio marca Rolex;
la somma di euro 500, suddivisa in 10 banconote da 50 euro;
due valigie di marca Luis Vuitton e una borsa della stessa marca;
la somma di euro 85.000,00, suddivisa in n. 17 mazzette da 100 banconote da euro 50.
Avverso l’ordinanza la COGNOME ha presentato, tramite il proprio difensore di fiducia, ricors per Cassazione in cui, con l’unico motivo di ricorso, lamenta violazione di legge in relazione a combinato disposto degli artt. 321 comma 2, cod. peni, 12-bis comma 1, d. Igs. 74/2000.
Il provvedimento impugnato si fonderebbe su un apparato mcitivazionale puramente apparente che finisce per «scaricare» sul terzo l’onere di dimostrare la esclusiva titolarità d beni sequestrati, in violazione del pacifico principio di diritto secondo cui è l’accusa che d dimostrare la disponibilità degli stessi in capo all’indagato.
In data 11/12/2023, l’Avv. NOME COGNOME depositava memoria in cui insisteva per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il Collegio evidenzia come, a norma dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali è ammesso soltanto per violazione di legge, per questa dovendosi intendere – quanto alla motivazione della relativa ordinanza – soltanto l’inesistenza o la mer apparenza (v., ex multis, Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, COGNOME, Rv. 226710 – 01; Sez. 3, n. 35133 del 07/07/2023, Messina, n.m.; Sez. 3, n. 385 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 283916).
Ciò determina l’automatica inammissibilità dell’odierno profilo di censura, in cui, sot l’ombrello della violazione di legge (sub specie carenza di motivazione, che astrattamente consentirebbero il ricorso per cassazione), in realtà si lamenta una «insufficienza» d motivazione.
Ed infatti, a pagg. 2-3 dell’ordinanza impugnata è contenuta la motivazione in ordine alla riconducibilità alla «disponibilità» dell’COGNOME Vincenzo dei beni in sequestro.
Evidenzia in particolare il Tribunale del riesame come, da un lato, costituisca circostanza non contestata che l’odierna ricorrente e l’COGNOME NOME siano conviventi presso l’abitazione dove lo stesso è stato posto agli arresti domiciliari.
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In secondo luogo, che la ricorrente non è stata in grado di produrre documentazione che attesti la proprietà dei beni mobili quali le borse e le valige Luis Vuitton e l’orologio Rolex.
In terzo luogo, che, all’atto del sequestro, l’COGNOME stesso ha affermato che i beni sequestrati erano di sua pertinenza, dichiarazioni non elise dalla tardiva e successiva affermazione, resa in sede di interrogatorio di garanzia, secondo cui le pregresse dichiarazioni erano solo volte a tutelare la convivente.
Da ultimo, evidenzia il Tribunale come l’origine lecita delle somme e dei beni mal si concilia con l’occultamento degli stessi all’interno di un controsoffitto.
La motivazione non è apparente ma, al contrario, conforme alla costante giurisprudenza della Corte (v. da ultimo Sez. 5, n. 21730 del 05/05/2021, COGNOME, n.rn.; Sez. 3, n. 4887 del 13/12/2018, dep. 31/01/2019, COGNOME, Rv. 274852) secondo cui, in tema di sequestro e confisca per equivalente, la «disponibilità» del bene, quale presupposto del provvedimento, non coincide con la nozione civilistica di «proprietà», ma con quella di «possesso», ricomprendendo tutte quelle «situazioni nelle quali il bene stesso ricade nella sfera degli interessi economici del r ancorché il potere dispositivo su di esso venga esercitato tramite terzi (Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012 – dep. 20/04/2012, COGNOME e altri, Rv. 252378), e si estrinseca in una relazione effettuale con il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diri proprietà» (Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013 – dep. 23/05/2013, Ucci e altri, Rv. 255950).
Il ricorso, anche se formalmente volto a contestare la violazione di legge, di fatto contest la motivazione offerta dal Tribunale, risultando pertanto inammissibile essendo stato proposto per motivi non consentiti.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussiston elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro tremila.
La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 del 28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19/12/2023.