Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 4600 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5   Num. 4600  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI SIRACUSA nei confronti di:
COGNOME NOME NOME a AUGUSTA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/06/2023 del TRIB. LIBERTA di SIRACUSA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME
udito il difensore
Ritenuto in fatto
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Siracusa ha proposto ricorso p cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Siracusa, che ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale nei confronti di NOME per la somma di euro 77.000, profitto del reato, parzialmente eseguito su conto corrente acceso presso Intesa S.Paolo, di titolarità della figlia, NOME, in relazione al quale egli aveva delega ad operare.
NOME COGNOME è persona indagata per il delitto di cui agli artt. 81 cpv.,110 c.p.,223 co. r.d. n. 267/42 – di cui al capo 3, lett. a) dell’incolpazione provvisoria – attribuito, per interesse per il presente scrutinio, in concorso, a COGNOME NOME e COGNOME NOME in qualità di liquidatori de RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (poi anche solo RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE o “la fallita”), dichiarata fallita il 21 ottobre 2020, al ridetto NOME in qualità di amministrator RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (poi anche RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE), associazione non riconosciuta e a COGNOME, ideatore dell’operazione criminosa, socio di maggioranza de RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, titolare di fatto della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE: essi avrebbero contribuito a cagionare il dissesto della società poi fallita, realizzando le seguenti condotte, finalizzate a dare in godimento sostanzialmente gratuito all RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE un immobile costituente una “foresteria” collegata ad un centro sportivo, di proprietà della società fallita (e in liquidazione dal 2010), consentendo a tale associazion sublocarlo a titolo oneroso, senza mai direttamente incassarne i frutti civili, in evi pregiudizio per i creditori.
In particolare:
in un primo tempo, il 31 ottobre 2014, COGNOME, COGNOME e COGNOME – in tali vesti – hann stipulato, per conto della affittuaria RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, un (fittizio) contratto di locazione, con la prop LA RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, dell’immobile di foresteria, per un canone irrisorio (7500 euro annui), poi sostanzialmente mai corrisposto, ed hanno tuttavia contestualmente permesso alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di sublocare il bene a terzi – la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – per un canone annuo di euro 84.000 (CONTESTAZIONE DEL PUNTO “A” DEL CAPO 3);
in un secondo tempo, una volta divenuto inefficace, per talune vicissitudini giudiziarie, il contratto del 31 ottobre 2014, il nuovo liquidatore della fallita, COGNOMECOGNOME sempre su deci input di COGNOMECOGNOME ha consentito alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di riappropriarsi dell’immobile sulla scorta dell reviviscenza “di fatto” dell’ormai risolto contratto di locazione del 31 ottobre 2014, co permettere a quest’ultima, in quel momento rappresentata da COGNOME NOME, in quanto amministratore unico dal 11 luglio 2019 al 10 settembre 2020 – di nuovamente sublocarlo a titolo oneroso a terzi – la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – per un canone annuo di euro 48.000 (CONTESTAZIONE DEL PUNTO “B” DEL CAPO 3), sottraendo ancora risorse destinabili al soddisfacimento dei creditori della fallita.
L’ordinanza del Tribunale del riesame, dopo una sommaria premessa, ha accolto i motivi di gravame della difesa di NOME, sul rilievo che si tratterebbe di un conto corre
movimentato esclusivamente dalla titolare e che le uniche operazioni eseguite dall’indagato NOME COGNOME sarebbero circoscritte a versamenti di denaro a titolo di assegno mantenimento a favore della ex moglie, madre della intestataria del conto.
Ancora, il tribunale del riesame ha osservato, con il richiamo di precedenti giurisprudenzia che l’attribuzione della delega ad operare sul conto corrente, in assenza di elementi probato di maggiore pregnanza, non sarebbe sufficiente a fornire dimostrazione dell’effettiv disponibilità delle risorse in capo all’indagato.
1.11 pubblico ministero ha dedotto un unico motivo, poggiato sull’erronea applicazione dell’art 240 terzo comma cod. pen., in riferimento all’art. 321 comma 2 cod. proc. pen., in quanto i Tribunale del riesame non si sarebbe confrontato con altro, preferibile orientamento dell giurisprudenza di legittimità – successivo a quello richiamato – secondo il quale la delega operare, ove rilasciata dal titolare di un conto corrente all’indagato, se non connotata limitazioni, è sufficiente a dimostrare la disponibilità da parte di quest’ultimo delle somm depositate.
Del resto – prosegue il ricorrente – la misura reale può essere eseguita in via “diretta “patrimonio di cui l’indagato ha la materiale disponibilità, ossia il medesimo in cui realizzato l’indebito arricchimento”.
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, AVV_NOTAIO COGNOMECOGNOME ha depositato conclusioni scritte, con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio del provvediment impugNOME.
In data 16 novembre 2023 il difensore di COGNOME NOME ha fatto pervenire memoria di replica alle conclusioni del Procuratore Generale, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.11 sequestro preventivo richiesto dal pubblico ministero e disposto dal giudice per le indagi preliminari nei confronti di NOME COGNOME si è fondato sulla previsione di cui all’a comma 2 cod. proc. pen., secondo il quale “il giudice può disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca”, in quanto avente per oggetto, in tesi d’accusa, il “profitto” – di cu consentita la confisca, a norma dell’art. 240 comma 1 cod. pen. (“Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere i reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto”) del delitto di bancarotta fraudolenta impropria, contestata al capo 3), punto a), dell’incolpazione provvisoria.
Si tratta, dunque, di una ipotesi di sequestro preventivo funzionale alla confisca, facolta del profitto del reato.
Il “profitto del reato” confiscabile, secondo l’insegnamento di questa Corte, è costituito vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecit (Cass. sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264436; Cass. sez.2, n. 53650 del 05/10/2016, P.M. in proc. Maiorano, Rv. 268854; e, in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, sez. 5, n. 11981 07/12/2017, P.M. in proc. Scuto, Rv.272855); la confisca a cui è finalizzato il sequestro caso in esame rientra tra le misure di sicurezza patrimoniali, e la sua ratio non è pertanto quella di infliggere un’ulteriore sanzione, di natura patrimoniale, ma quella di evitare che abbia consumato un illecito di rilievo penale possa lucrare il profitto, strettamente inteso, ne è derivato; essa non possiede natura recuperatoria o risarcitoria, se non nei limiti che sono appena tracciati, che rimangono strumentali alla sottrazione, con l’espropriazione ad opera dello Stato, dell’accrescimento economico derivato dalla commissione del reato.
In definitiva, colui che non abbia tratto profitto dal reato non può essere raggiunto dalla mi ablatoria.
Il c.d. sequestro “per equivalente” finalizzato alla confisca, invece, ha natura prettame sanzioNOMEria, a differenza del sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen. (Sez. 3, 18311 del 06/03/2014, COGNOME, Rv. 259103; Sez. 3, n. 23649 del 27/02/2013, COGNOME, Rv. 256164; Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, COGNOME e altro, Rv. 255037) e non si applica all’istituto del sequestro preventivo finalizzato alla confisca facoltativa del profitto del bancarotta fraudolenta patrimoniale.
La Corte costituzionale ha più volte chiarito che, con l’espressione confisca di valore o equivalente, si indica una particolare misura di carattere ablativo che il legislatore appronta il caso in cui, dopo una condanna penale, non sia possibile eseguire la confisca in form specifica, ossia la c.d. confisca diretta dei beni che abbiano un «rapporto di pertinenzialità» il reato (Corte cost., ordinanze n. 301 e n. 97 del 2009), cosicché, mentre la confisca dire assolve a una funzione essenzialmente preventiva, perché reagisce alla pericolosità indotta nel reo dalla disponibilità di beni che, derivando dal reato, ne costituiscono il prodotto, il prez profitto, la confisca per equivalente, invece, colpisce beni di altra natura, che non hanno al nesso pertinenziale con il reato, palesando perciò «una connotazione prevalentemente afflittiva ed ha, dunque, una natura “eminentemente sanzioNOMEria”» (Corte cost., ordinanza n. 301 del 2009, cit.).
Qualora il prezzo o il profitto c.d. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da den equipollente valore numerano, la confisca delle disponibilità bancarie o delle somme depositate su conto corrente bancario, di cui il soggetto sia titolare, deve essere qualificata come confi diretta e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso derivazione immediata tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato.
Tale affermazione, tuttavia, non muta la natura della confisca diretta, ma si limita a precis che qualora il profitto del delitto sia rappresentato da denaro, come pure è avvenut nell’odierno caso concreto, l’apprensione del medesimo dai conti bancari di chi tale delit abbia consumato costituisce un’ipotesi di confisca diretta e non per equivalente.
Sempre, però, che sia stato tale soggetto ad incamerare, in tutto o in parte, il “profitto”, da incrementare il proprio personale patrimonio monetario.
2.Ebbene – fatta tale premessa – è stato dapprima ordiNOME dal g.i.p. (che lo ha motiva precisando espressamente a pag.15 che “il profitto del reato, vista la sua rilevante entità e considerato lo stato di apparente sofferenza patrimoniale dei soggetti interessati, appare insuscettibile di essere allo stato rifuso dagli enti, o meglio, pe ricalcare le parole della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. “il patrimonio del debitore attualmente insufficiente per l’adempimento delle obbligazioni” il sequestro preventivo della somma di euro 77.000, che, nei suoi connotati oggettivi, rappresenterebbe il profitto del reato di bancarotta impro per effetto di operazioni dolose ascritto, a vario titolo, anche a NOMENOME perché rel all’ammontare dei canoni di locazione dell’immobile della foresteria che avrebbero dovuto essere veicolati sulla fallita, a tutela delle aspettative dei creditori, e non fraudolent dirottati a vantaggio dell’associazione sportiva all’epoca rappresentata da costui.
Il sequestro è stato eseguito su di un conto corrente intestato alla figlia dell’indagato, NOME, sul quale – a partire dal 11 agosto 2020 – è stato delegato ad operare l’indaga medesimo;
il tribunale del riesame, in assenza, sul punto, di GLYPH specifiche controdeduzioni dell’organo ricorrente, “ha esamiNOME, voce contabile per voce contabile, tutte le annualità del conto corrente dall’Il agosto 2020 in poi” ed ha accertato che il conto corrente è stato alimentato da “due fonti fisse”, la retribuzione lavorativa di COGNOME NOME – non coinvolta nella vicend oggetto del procedimento penale – e “un bonifico mensile effettuato da COGNOME NOME quale assegno di mantenimento per la sua ex moglie”; tutti i prelevamenti sono stati effettuati COGNOME NOME, che vive nella zona di Milano.
Risulta, ancora, che NOME sia stato amministratore unico della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dal 17 settembre 2012 al 15 agosto 2015, oltre che suo socio (pag.8 decreto di sequestro preventivo) e che in data 17 settembre 2015, dopo l’inizio di una procedura esecutiva immobiliare nei confronti della proprietaria RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, il custode giudiziario del foresteria appositamente nomiNOME abbia concluso un contratto di locazione dello stabile con la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE al canone annuo di 48.000 euro (pag. 9 decreto di sequestro preventivo).
Nessun elemento è stato indicato, nel provvedimento genetico e dall’organo dell’accusa oggi ricorrente, in qualche misura idoneo a collegare l’importo del credito in denaro illecitame dreNOME dalle casse della fallita – che il g.i.p. ha individuato (pag.12) nella “somma che RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE avrebbe percepito se avesse contratto direttamente la locazione con la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, senza l’interposizione della RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE” e tenuto conto del fatto che il contratto
funzionale all’operazione concretamente distrattiva della pigione è del 31 ottobre 2014 e che 17 settembre 2015 ne è “subentrato” uno nuovo, curato però, legittimamente, dal custode giudiziario e non più attinente alla gestione di NOME – alle consistenze patrimo del conto corrente de quo, sul quale – è bene ripetere – l’indagato NOME ha potuto operare dall’agosto del 2020.
In definitiva, a prescindere dalla soluzione dell’interrogativo se l’ampia delega ad operare conto corrente della figlia sia sufficiente ad attribuire all’attuale indagato la “disponibil risorse ivi depositate, difetta in toto la prova, anche solo indiziaria, della riconducibilità delle medesime, già oggetto di sequestro, alla nozione di profitto confiscabile, ovvero, in a termini, che le somme di denaro provenienti dal reato di bancarotta fraudolenta impropria – i est: le disponibilità liquide che avrebbero dovuto confluire nel patrimonio de RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e che, invece, sono state dirottate alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in virtù del contratto stipulato da NOME in qualità di suo legale rappresentante – siano pervenu personalmente all’indagato e ne abbiano accresciuto le consistenze patrimoniali.
A tanto può ancora aggiungersi che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen. è proponibile solo per violazione di legge (art. 325 cod. pen.) e che in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto sostegno del provvedimento o del tutto mancante o puramente “apparente”.
Più precisamente, si è osservato che motivazione assente è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 4942 del 04/08/1998, COGNOME; Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, COGNOME) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, COGNOME); motivazione apparente, invece, è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logici del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 47 10/11/1993, COGNOME), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stamp (Sez. 1, n. 1831 del 22/04/1994, COGNOME; Sez. 4, n. 520 del 18/02/1999, COGNOME; Sez. 1, n. 43433 dell’8/11/2005, COGNOME; Sez. 3, n. 20843, del 5 28/04/2011, COGNOME) o di ricorso clausole di stile (Sez. 6, n. 7441 del 13/03/1992, COGNOME; Sez. 6, n. 25361 del 24/05/201 COGNOME) e, più in generale, quella che dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi di fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o che sia priva dei minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME); ovve ancora, quando le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure le ragioni che hanno giustificato il provvedimento, trattandosi di vizio sostanzia una “inosservanza della specifica norma processuale che impone, a pena di nullità, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali” (così, tra le tante, Sez. U, n. 3 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246).
Ebbene, l’iter logico-giuridico seguito dall’ordinanza gravata risulta chiaro ed esauriente ed espresso in esito ad una ponderata analisi delle voci del conto corrente sequestrato, che per un verso ha restituito prova di un suo preponderante e regolare utilizzo da parte della fig dell’indagato, NOME, che, estranea ai fatti oggetto del procedimento penale, vive e lavora Lombardia e che ha eseguito tutti i prelievi registrati; e, per altro verso, ha dato contezza assai limitato accesso dell’indagato in veste di delegato ad operare, che vi ha esegui accreditamenti relativi alla corresponsione dell’assegno alimentare a favore della ex moglie madre della titolare del conto corrente e, peraltro, in un arco temporale di molto successivo quello di consumazione dei reati ipotizzati.
Al giudice di legittimità non è dunque consentito un vaglio oltre modo penetrante dell argomentazioni spese dal provvedimento impugNOME che, al di là della questione della natura giuridica dell’istituto della delega ad operare sul conto corrente altrui e della estensi riduzione del concetto di “disponibilità di fatto” in base alla previsione, o meno, di limiti dal delegante al suo esercizio, ha diffusamente e congruamente esplicitato le ragioni che comunque condurrebbero ad escludere la riconducibilità delle risorse del conto corrente al patrimonio dell’indagato. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del PM.
Così deciso in Roma, il 24/11/2023
Il consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente