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Disponibilità conto corrente: la delega non basta

La Corte di Cassazione ha confermato l’annullamento di un sequestro preventivo su un conto corrente intestato alla figlia di un indagato. La sentenza chiarisce che la semplice delega ad operare conferita all’indagato non è sufficiente a dimostrare la disponibilità del conto corrente e a giustificare la misura cautelare. È necessaria la prova concreta che i fondi siano riconducibili al profitto del reato e che l’indagato ne abbia l’effettivo controllo, prova che in questo caso mancava del tutto.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disponibilità del Conto Corrente: Delega non è Prova di Controllo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4600 del 2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di sequestri preventivi: la mera delega ad operare su un conto corrente intestato a terzi non è sufficiente a dimostrare l’effettiva disponibilità del conto corrente da parte dell’indagato. Per procedere al sequestro, è necessaria una prova concreta che leghi i fondi al reato e al patrimonio del soggetto investigato.

I Fatti del Caso: Un’Ipotesi di Bancarotta e Distrazione di Fondi

Il caso trae origine da un’indagine per bancarotta fraudolenta impropria. Secondo l’accusa, l’amministratore di un’associazione sportiva dilettantistica (ASD), in concorso con i liquidatori di una società a responsabilità limitata poi fallita, avrebbe orchestrato un’operazione per distrarre i canoni di locazione di un immobile di proprietà della società.

Invece di far confluire i proventi nelle casse della società, a beneficio dei creditori, questi sarebbero stati dirottati verso l’ASD attraverso un contratto di locazione fittizio a un canone irrisorio, permettendo poi all’associazione di sublocare l’immobile a terzi a un prezzo di mercato molto più alto. L’indagato, amministratore dell’ASD, era ritenuto il beneficiario finale di questo profitto illecito.

Il Sequestro sul Conto della Figlia e la Decisione del Riesame

Sulla base di queste accuse, il Pubblico Ministero aveva ottenuto un decreto di sequestro preventivo per circa 77.000 euro, identificato come profitto del reato. La misura cautelare, tuttavia, non era stata eseguita su beni dell’indagato, ma su un conto corrente intestato a sua figlia. Il collegamento era basato su un unico elemento: il padre-indagato possedeva una delega ad operare su quel conto.

Il Tribunale del Riesame, adito dalla difesa, aveva annullato il sequestro. Dopo un’analisi dettagliata dei movimenti bancari, i giudici avevano accertato che il conto era alimentato esclusivamente da due fonti: lo stipendio della figlia, titolare del conto, e un bonifico mensile effettuato dallo stesso indagato a titolo di assegno di mantenimento per la ex moglie. Inoltre, tutti i prelievi erano stati effettuati dalla figlia, che viveva e lavorava in un’altra regione. Di fatto, l’indagato non aveva mai utilizzato la delega per disporre delle somme.

La Disponibilità del Conto Corrente secondo la Cassazione

Il Pubblico Ministero ha impugnato la decisione del Riesame dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che una delega ad operare, se priva di limitazioni, è di per sé sufficiente a dimostrare la disponibilità del conto corrente da parte del delegato. La Suprema Corte ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile.

I giudici di legittimità hanno chiarito che, ai fini del sequestro preventivo finalizzato alla confisca, non basta un’astratta possibilità di disporre dei beni. È indispensabile provare, anche solo a livello indiziario, la riconducibilità delle somme all’indagato. Nel caso di specie, mancava totalmente la prova che il denaro presente sul conto della figlia provenisse dal reato di bancarotta o che fosse entrato a far parte del patrimonio personale dell’indagato.

Le motivazioni

La Corte ha sottolineato come l’analisi del Tribunale del Riesame sia stata logica, completa ed esauriente. L’iter argomentativo del provvedimento impugnato aveva chiaramente dimostrato che l’utilizzo del conto era preponderante e regolare da parte della figlia, estranea ai fatti, mentre l’accesso dell’indagato era stato assai limitato e non correlato a un’effettiva gestione patrimoniale per sé. La questione, quindi, non era tanto l’estensione giuridica della delega, quanto l’assenza totale di un nesso tra le somme sequestrate e il profitto del reato. La confisca diretta del profitto, infatti, presuppone che tale profitto sia stato effettivamente incamerato dal soggetto che ha commesso il reato, incrementando il suo patrimonio. In assenza di tale prova, il sequestro su beni di un terzo, sebbene formalmente accessibili all’indagato, è illegittimo.

Le conclusioni

Questa sentenza rafforza un importante principio di garanzia a tutela dei terzi estranei ai reati. Stabilisce che le misure cautelari reali non possono fondarsi su mere apparenze giuridiche, come una delega bancaria. L’autorità giudiziaria ha l’onere di dimostrare, con elementi concreti, che l’indagato non solo abbia la facoltà teorica, ma anche il controllo effettivo delle risorse economiche e che queste siano il frutto dell’attività illecita. Un principio cruciale per evitare che soggetti innocenti subiscano le conseguenze di indagini che riguardano i loro familiari o persone a loro vicine.

Una delega ad operare su un conto corrente è sufficiente per disporre un sequestro a carico del delegato?
No, secondo la Corte di Cassazione, la sola delega formale ad operare non è sufficiente. È necessario che l’accusa fornisca la prova che l’indagato abbia l’effettiva e concreta disponibilità delle somme depositate e che queste siano riconducibili al profitto del reato contestato.

Cosa deve provare l’accusa per sequestrare fondi su un conto intestato a un terzo?
L’accusa deve dimostrare non solo il collegamento formale (come la delega), ma anche un nesso sostanziale. Deve provare, anche a livello indiziario, che le somme presenti sul conto siano il profitto del reato e che siano pervenute personalmente all’indagato, accrescendo le sue consistenze patrimoniali. In mancanza di ciò, il sequestro è illegittimo.

Perché in questo caso il sequestro è stato annullato definitivamente?
Il sequestro è stato annullato perché l’analisi dei movimenti del conto ha dimostrato che esso era alimentato esclusivamente da fondi leciti della figlia (stipendio) e utilizzato solo da lei. Mancava totalmente la prova che l’indagato avesse versato su quel conto i proventi del reato o che avesse mai utilizzato la delega per appropriarsi delle somme.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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