Il Disegno Criminoso Unitario: la Cassazione Chiarisce i Requisiti
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, affronta un tema cruciale nell’esecuzione della pena: il riconoscimento del disegno criminoso unitario e della continuazione tra reati. Questa decisione ribadisce che per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, non è sufficiente un mero dubbio sull’esistenza di un piano criminoso comune, ma è necessaria una prova concreta, soprattutto quando i reati sono separati da un lungo lasso di tempo e da periodi di detenzione.
I Fatti del Caso: La Richiesta di Continuazione Rigettata
Un soggetto, già condannato con diverse sentenze definitive, presentava un’istanza al Giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Lecce. La richiesta era finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione tra vari delitti, ai sensi dell’art. 671 del codice di procedura penale. L’obiettivo era unificare le pene inflitte sotto il vincolo di un presunto disegno criminoso unitario, che avrebbe portato a una pena complessiva inferiore.
Il Giudice per le indagini preliminari, tuttavia, rigettava la richiesta, non riscontrando gli elementi necessari per accogliere la tesi del richiedente.
Il Ricorso in Cassazione: Critiche alla Valutazione del Giudice
Contro l’ordinanza di rigetto, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge (artt. 81 c.p. e 671 c.p.p.) e un vizio di motivazione. In sostanza, il ricorrente offriva una lettura alternativa degli elementi di prova, sostenendo che il giudice di merito non avesse valutato correttamente la sussistenza di un piano unitario alla base dei diversi reati commessi.
Le Motivazioni della Suprema Corte sul Disegno Criminoso Unitario
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice dell’esecuzione. La motivazione della Corte si articola su due pilastri fondamentali.
L’Importanza degli Indicatori Temporali e Fattuali
In primo luogo, la Corte ha evidenziato come la decisione impugnata fosse ben motivata, logica e rispettosa delle prove. Il giudice di merito aveva correttamente sottolineato l’assenza di “indicatori minimi” dell’unicità del disegno criminoso. In particolare, due fattori sono stati ritenuti decisivi:
1. La distanza temporale tra i fatti: Un notevole intervallo di tempo tra la commissione di un reato e il successivo indebolisce la presunzione di un piano originario comune.
2. Il lungo periodo di detenzione: L’aver trascorso del tempo in carcere tra un reato e l’altro è stato considerato un elemento che interrompe la continuità del proposito criminale, rendendo improbabile che i reati successivi fossero parte del piano iniziale.
Questi elementi, secondo la Corte, dimostravano l’assenza di una progettazione originaria comune, anche se i reati erano astrattamente simili.
Il Principio del “Favor Rei” e la Certezza del Giudicato
Il secondo punto, di grande rilevanza giuridica, riguarda l’applicazione del principio del “favor rei” (il favore verso l’imputato). Il ricorrente, implicitamente, invocava tale principio, suggerendo che il dubbio sull’esistenza del disegno criminoso dovesse risolversi a suo vantaggio.
La Cassazione, citando consolidata giurisprudenza, ha capovolto questa prospettiva. Ha affermato che l’accertamento dell’identità del disegno criminoso unitario non può essere suffragato dal dubbio sulla sua esistenza. Il riconoscimento della continuazione, infatti, va a incidere sulla certezza di una sentenza passata in giudicato, modificando la pena già stabilita. Pertanto, per derogare alla cosa giudicata, è necessaria una prova positiva e non una semplice incertezza. Il principio della certezza del diritto e della pena prevale, in questo contesto, su un’applicazione estensiva del “favor rei”.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza consolida un orientamento rigoroso in materia di continuazione in fase esecutiva. La decisione sottolinea che l’onere di dimostrare l’esistenza di un disegno criminoso unitario grava sul condannato che ne chiede il riconoscimento. Non basta allegare una somiglianza tra i reati, ma è necessario fornire elementi concreti che provino una programmazione unitaria e iniziale. La distanza temporale e, soprattutto, i periodi di detenzione intermedi sono ostacoli quasi insormontabili a tale dimostrazione, poiché interrompono la continuità logica e materiale del presunto piano. La Corte riafferma così la stabilità del giudicato come valore primario, limitando la possibilità di rimettere in discussione le pene definitive solo in presenza di prove certe e inconfutabili.
Quando si può escludere il disegno criminoso unitario tra più reati?
Si può escludere quando mancano indicatori minimi che provino un’unica programmazione iniziale, come nel caso di una notevole distanza temporale tra i fatti e di lunghi periodi di detenzione intercorsi tra una condotta e l’altra, che interrompono la continuità del proposito criminale.
Il dubbio sull’esistenza di un disegno criminoso va a favore del condannato?
No. Secondo questa ordinanza, il dubbio non è sufficiente per affermare l’esistenza di un disegno criminoso. Poiché il riconoscimento della continuazione incide su sentenze definitive, la prova dell’unicità del piano deve essere concreta. Il principio della certezza del giudicato prevale sul ‘favor rei’ in questo contesto.
Perché la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava un vizio di legge o un’illogicità manifesta della motivazione del giudice precedente, ma si limitava a proporre una diversa interpretazione degli elementi già valutati correttamente. La motivazione del giudice dell’esecuzione è stata ritenuta logica, coerente e immune da vizi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22790 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22790 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ARADEO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/01/2024 del GIP TRIBUNALE di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 21 gennaio 2024, con la quale il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lecce rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai delitti giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 dell’originaria istanza dall stesso avanzata;
Ritenuto che, con unico articolato motivo relativo ad erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen. e a vizio di motivazione, si propone un’alternativa lettura degli elementi già compiutamente valutati dal giudice dell’esecuzione con adeguata motivazione, immune da fratture logiche e rispettosa delle risultanze;
che il provvedimento ha specificamente motivato sull’insussistenza degli indicatori minimi dell’unicità del disegno criminoso, alla luce della distanza temporale tra i fatti e del lungo periodo intercorso di detenzione tra condotte pur astrattamente omogenee;
che doveva quindi ritenersi indimostrata, alla luce della costante giurisprudenza, l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio (tra le altre, Sez. 4, n. 3337 del 22/12/2016; Sez. .1, n. 11564 del 13/11/2012; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008) e l’accertamento dell’identità del disegno criminoso non può essere suffragato dal dubbio sulla sua esistenza, in ossequio al principio del “favor rei”, in quanto il riconoscimento della continuazione tra reati incide sulla certezza del giudicato in relazione al profilo della irrogazione della pena (Sez. 1, n. 30977 del 26/06/2019);
Per queste ragioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 maggio 2024
Il rrsigliere estensore
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