Disegno criminoso unitario: quando uno ‘stile di vita’ non basta per la continuazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a definire i confini di un istituto fondamentale del diritto penale: la continuazione tra reati. Il caso offre uno spunto cruciale per comprendere la differenza tra un disegno criminoso unitario e una semplice abitudine a delinquere. La pronuncia chiarisce che per ottenere il trattamento sanzionatorio più favorevole previsto dalla continuazione non è sufficiente che i reati siano simili, ma è necessaria la prova di un’unica programmazione iniziale.
I Fatti di Causa
Un soggetto si rivolgeva al giudice dell’esecuzione chiedendo di applicare l’istituto della continuazione a due condanne separate per il reato di ricettazione. Il primo episodio era stato commesso nel marzo 2012, mentre il secondo risaliva all’aprile 2013, a più di un anno di distanza. In entrambi i casi, la condotta consisteva nella ricezione e successiva spendita di assegni di provenienza illecita.
La Corte di Appello di Napoli aveva respinto la richiesta, sottolineando la mancanza di contiguità temporale tra i due fatti e l’assenza di elementi concreti che potessero dimostrare l’esistenza di un preciso piano criminoso comune. Secondo i giudici di merito, le condotte erano piuttosto l’espressione di una mera scelta di vita dedita alla commissione di reati.
La Decisione della Cassazione e il concetto di disegno criminoso unitario
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno ribadito che la motivazione del provvedimento impugnato era completa, logica e priva di contraddizioni.
Il punto centrale della decisione risiede nella corretta interpretazione del concetto di disegno criminoso unitario. Per poter applicare la continuazione, non è sufficiente l’omogeneità delle condotte o la generica propensione a commettere reati. È indispensabile che l’agente, prima di commettere il primo reato, si sia rappresentato e abbia programmato, almeno nelle sue linee essenziali, la serie di azioni illecite successive.
Distanza Temporale e Natura del Reato
La Cassazione ha evidenziato come la notevole distanza temporale tra i due episodi (oltre un anno) rendesse ‘incredibile’ l’ipotesi di una programmazione unitaria. Reati come la ricettazione, spesso legati a circostanze occasionali e imprevedibili, difficilmente si prestano a una pianificazione a così lungo termine. Mancava, nel ricorso, qualsiasi elemento concreto a sostegno dell’invocata unicità del piano criminale.
Stile di Vita Criminale vs. Programmazione Unitaria
Un passaggio decisivo dell’ordinanza si concentra sulla distinzione tra un progetto delinquenziale specifico e un comportamento criminale abituale. Lo stesso ricorrente aveva descritto le sue azioni come espressione di un ‘atteggiamento consuetudinario ed abituale’. La Corte ha colto questa ammissione per sottolineare come tale condotta configuri uno stile di vita, e non una specifica programmazione di quei reati. L’abitualità nel commettere illeciti, quindi, non solo non prova un disegno criminoso unitario, ma può addirittura essere un elemento che lo esclude.
Le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri. In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché l’ordinanza della Corte d’Appello aveva adeguatamente spiegato perché mancasse un’unicità di disegno criminoso. La distanza temporale significativa tra i reati e la natura stessa della ricettazione (spesso occasionale) rendevano inverosimile una programmazione unitaria iniziale. Il ricorrente, inoltre, non ha fornito alcun elemento di prova a sostegno della sua tesi.
In secondo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché, di fatto, non contestava un errore di diritto ma chiedeva alla Cassazione una nuova valutazione degli stessi fatti già esaminati dal giudice dell’esecuzione. Questo tipo di richiesta esula dalle competenze della Corte di Cassazione, che è un giudice di legittimità e non di merito. La Corte ha quindi applicato il principio consolidato secondo cui non può sostituire la propria valutazione a quella, logicamente motivata, del giudice di grado inferiore.
Le conclusioni
In conclusione, questa ordinanza della Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale in materia di continuazione: l’onere della prova di un disegno criminoso unitario spetta a chi lo invoca. Tale prova non può basarsi sulla sola somiglianza dei reati commessi, ma deve dimostrare l’esistenza di un piano deliberato e concepito prima dell’inizio della serie criminosa. Una condotta che si configura come uno ‘stile di vita’ criminale, caratterizzata da un’abitualità a delinquere, non è sufficiente a integrare i requisiti per l’applicazione di questo istituto di favore.
Per ottenere la continuazione tra reati è sufficiente che siano dello stesso tipo?
No, secondo la Corte l’omogeneità dei reati non è sufficiente. È necessario dimostrare l’esistenza di un preciso e unitario disegno criminoso che li leghi, diverso da una mera scelta di vita basata sulla commissione di reati.
Una grande distanza di tempo tra due reati esclude sempre il disegno criminoso unitario?
La Corte ha ritenuto che una distanza di oltre un anno renda ‘incredibile’ che il secondo reato fosse stato programmato, almeno nelle sue linee essenziali, al momento del primo, specialmente per reati spesso dettati da circostanze occasionali come la ricettazione.
Cosa significa che un ricorso è inammissibile perché chiede una ‘diversa valutazione dei medesimi elementi’?
Significa che il ricorrente non ha evidenziato un errore di diritto o un vizio logico nella motivazione del giudice precedente, ma ha semplicemente chiesto alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti e giungere a una conclusione diversa. Questo non è compito della Corte di Cassazione, che è giudice di legittimità e non di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4866 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4866 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SAN GIORGIO A CREMANO il 05/12/1954
avverso l’ordinanza del 12/06/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza con cui la Corte di appello di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, in data 12 giugno 2024 ha respinto la sua richiesta di applicare l’istituto della continuazione tra i reati di ricettazion commessi il 16/03/2012 e il 30/04/2013, giudicati con due diverse , sentenze, stante la mancanza di una reale contiguità temporale ed essendo diverse anche le modalità esecutive, nonostante l’omogeneità dei titoli di reato, ed infine mancando elementi che dimostrino l’esistenza di un preciso disegno criminoso unitario, diverso dalla mera scelta di vivere commettendo reati;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione, avendo il giudice negato il riconoscimento della continuazione nonostante la evidente omogeneità delle condotte, consistite entrambe nella ricettazione e successiva spendita di assegni di provenienza furtiva, gnon rilevante distanza temporale, e nonostante che appaia credibile una programmazione unitaria di entrambi i reati, in quanto dimostrativi di un atteggiamento consuetudinario ed abituale; P27
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, perché l’ordinanza impugnata ha ampiamente motivato l’insussistenza di una unicità di disegno criminoso quando, come in questo caso, i reati, benché omogenei, risultino distanti nel tempo, tanto da rendere incredibile che, nel ricettare il primo assegno, il ricorrente avesse programmato, almeno nelle linee essenziali, la successiva condotta di reato, commessa ad oltre un anno di distanza, trattandosi anche di condotte spesso dettate da circostanze occasionali e imprevedibili, e mancando, comunque, elementi dimostrativi della invocata unicità di disegno criminoso, non indicati neppure nel ricorso;
ritenuto inoltre che il ricorso sia inammissibile perché, di fatto, chiede a questa Corte una diversa valutazione dei medesimi elementi, già vagliati dal giudice dell’esecuzione con una motivazione sufficiente, logica, non apparente né contraddittoria, così soddisfacendo il grado di motivazione ritenuto necessario dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Rv. 256464), avendo lo stesso ricorrente attribuito le sue condotte ad un comportamento consuetudinario ed abituale, e quindi ad uno stile di vita e non ad una specifica programmazione di quei reati;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente