Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33626 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33626 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso l’crdinanza del 23/11/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/9entite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME ricorre avverso l’ordinanza del 23 novembre 2023 della Corte di appello di Catanzaro che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso il 20 maggio 2020 in Lamezia Terme, giudicato dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 22 marzo 2021, definitiva il 17 dicembre 2021;
ai reati di associazione finalizzata al traffico delle sostanze stupefacenti e di produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, ai sensi degli artt. 74 e 73 T.U. stup., commessi da maggio 2014 con condotta perdurante in Lamezia Terme, giudicati dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 16 dicembre 2021, definitiva 1’8 febbraio 2023.
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen., perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di rilevare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, tra i quali: la contiguità temporale delle condotte (a differenza di quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, infatti, il reato associativo era stato accertato con condotta perdurante, sino a dicembre 2021), le medesime modalità esecutive delle stesse, l’omogeneità dei reati e il medesimo contesto territoriale di realizzazione degli stessi.
In tal senso, nel ricorso si evidenzia come il giudice della cognizione ha accertato che NOME aveva svolto un’attività di spaccio in forma assidua e organizzata, in forza di collegamenti con importanti canali di approvvigionamento e con il tessuto criminale del luogo, e che, pertanto, la sua attività non poteva intendersi come occasionale e isolata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha correttamente evidenziato che l’istanza difettava della prova circa la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, che ricorre quando i singoli reati costituiscono parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’origine nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine,
al quale deve aggiungersi, volta per volta, l’elemento volitivo necessario per l’attuazione del programma delinquenziale.
Secondo il giudice dell’esecuzione, infatti, dalla lettura delle sentenze dì merita j k si evinceva che il giudice della cognizione sub 2 aveva accertato che le condotte associative ascrivibili a NOME fossero state poste in essere tra il 28 agosto 2016 e il 9 maggio 2017.
Il giudice dell’esecuzione, pertanto, ha ritenuto che l’istanza non potesse essere accolta, posto che i reati oggetto dell’istanza erano stati commessi a distanza di circa tre anni tra loro e che le modalità esecutive delle condotte erano differenti (i correi del reato associativo non erano stati coinvolti nel singolo reato sub 1).
Non vi era, pertanto, la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, che la giurisprudenza di legittimità ha individuato nella vicinanza cronologica tra i fatti, nella causale, nelle condizioni di tempo e di luogo, nelle modalità delle condotte, nella tipologia dei reati, nel bene tutelato e nella omogeneità delle violazioni (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
Il giudice dell’esecuzione, quindi, fornendo una decisione logica e coerente, ha evidenziato in modo ineccepibile che i reati, commessi in tempi diversi e con modalità differenti, non potevano essere avvinti dal vincolo della continuazione. La Corte, pertanto, ritiene che il giudice dell’esecuzione abbia correttamente interpretato il parametro normativo di cui all’art. 81, secondo comma, cod. pen. e, con motivazione né apodittica né manifestamente illogica, abbia fatto esatta applicazione dei suddetti condivisi principi.
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso 1’8/05/2024
W GLYPH
O