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Disegno criminoso unico: quando non è riconosciuto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato per spaccio che chiedeva il riconoscimento del disegno criminoso unico con altri reati. La Corte ha stabilito che la diversità di luoghi, complici e modalità delle condotte criminali esclude l’esistenza di un piano unitario preordinato, confermando che l’accertamento di tale requisito è una valutazione di fatto riservata al giudice di merito e sindacabile solo per vizi di motivazione.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso Unico: La Cassazione Nega la Continuazione tra Reati di Droga

Il concetto di disegno criminoso unico è fondamentale nel diritto penale per determinare la pena in caso di reati multipli. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a precisare i confini di questo istituto, chiarendo che la semplice somiglianza tra i reati non è sufficiente per provarne l’esistenza. Analizziamo insieme la decisione per capire quali elementi sono necessari per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in via definitiva per detenzione ai fini di spaccio di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti (hashish, marijuana e cocaina). La condanna era stata emessa dal Tribunale di Roma e confermata dalla Corte d’Appello della stessa città.

L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel non riconoscere la cosiddetta “continuazione esterna” con altri reati della stessa natura per i quali era già stato giudicato con sentenza definitiva dal Tribunale di Frosinone. Secondo la difesa, tutti i reati sarebbero stati commessi in esecuzione di un disegno criminoso unico, data l’omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale tra gli episodi.

Il Disegno Criminoso Unico nella Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha ribadito che l’identità del disegno criminoso unico, prevista dall’art. 81, comma secondo, del codice penale, non si identifica con una generica inclinazione a delinquere, ma richiede un programma criminoso specifico, ideato e voluto prima della commissione del primo reato.

L’accertamento di questo requisito è una questione di fatto, la cui valutazione spetta al giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è manifestamente illogica o assente, cosa che in questo caso non è avvenuta.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse adeguata e logica. I giudici di merito avevano escluso il vincolo della continuazione sulla base di diversi elementi concreti che differenziavano i reati commessi a Roma da quelli giudicati a Frosinone:

1. Diversità dei fatti: I reati erano diversi. Quelli giudicati a Frosinone riguardavano il trasporto di stupefacenti, mentre quelli oggetto del presente procedimento concernevano la detenzione ai fini di spaccio.
2. Diversità dei concorrenti: I crimini erano stati commessi in concorso con soggetti diversi in ciascuna occasione.
3. Diversità dei luoghi: Gli illeciti si erano verificati in città diverse (Roma e non Anagni).

Questi indicatori, secondo la Corte, rendevano inverosimile che i vari episodi fossero la manifestazione di un unico programma criminoso. Al contrario, apparivano come il frutto di determinazioni estemporanee e separate. Richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, la Corte ha sottolineato che, per aversi un disegno criminoso unico, è necessario che i reati successivi siano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo.

Le conclusioni

La decisione rafforza un principio consolidato: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non basta dimostrare che i reati sono simili o commessi a breve distanza di tempo. È indispensabile provare l’esistenza di un piano unitario e deliberato in anticipo. La valutazione di questi elementi è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, il cui verdetto, se ben motivato, è difficilmente censurabile in sede di legittimità. Questa ordinanza serve quindi da monito sulla necessità di fornire prove concrete e specifiche a sostegno della tesi di un disegno criminoso unico, andando oltre la semplice somiglianza delle condotte illecite.

Che cos’è un disegno criminoso unico?
È un singolo programma criminale, ideato e voluto in anticipo, che lega più reati. Per essere riconosciuto, è necessario che i reati successivi fossero già stati pianificati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo.

Perché la Corte ha negato l’esistenza di un disegno criminoso unico in questo caso?
La Corte lo ha negato perché i reati presentavano differenze sostanziali: erano stati commessi in luoghi diversi (Roma e Anagni), con complici diversi e riguardavano condotte differenti (detenzione contro trasporto). Questi elementi indicavano episodi criminali distinti e non l’esecuzione di un piano unitario.

È sufficiente commettere reati dello stesso tipo per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No. Secondo la Corte, l’omogeneità dei reati e la vicinanza temporale non bastano. È cruciale dimostrare che i diversi illeciti sono la manifestazione di un unico programma criminoso, ideato in anticipo, e non il semplice risultato di decisioni estemporanee o di una generica tendenza a delinquere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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