Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27272 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27272 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Data Udienza: 23/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 1460/2025
CC – 23/04/2025
R.G.N. 8873/2025
– Relatore – ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Roma del 27/1/2025
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
1.Con ordinanza resa in data 27.1.2025, la Corte d’Appello di Roma ha provveduto, in funzione di giudice dell’esecuzione, su un’istanza di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle due seguenti sentenze di condanna di NOME COGNOME: 1) sentenza del Tribunale di Napoli nord del 22.3.2019 (riformata dalla Corte di Appello di Napoli del 21.7.2020 e irrevocabile il 17.2.2022) di condanna ad anni sei e mesi quattro di reclusione ed euro 6.400 di multa per il reato di cui agli artt. 81, comma secondo, 629, comma secondo, cod. pen. e 7 L. n. 203 del 1991, commesso in Sant’Antimo fino all’11.1.2018; 2) sentenza del Tribunale di Trieste del 23.7.2020 (riformata dalla Corte di Appello di Trieste dell’8.10.2021 e irrevocabile il 9.2.2023) di condanna ad anni cinque e mesi quattro di reclusione ed euro 2.000 per i reati: a) di cui agli artt. 629, comma secondo, 416bis .1 cod. pen. commessi dal 6.2.2018 al 20.2.2018 in Portogruaro, Trieste, FriuliVenezia Giulia e Pola; b) di cui agli artt. 629, 416-bis.1 cod. pen., commesso il 26.3.2018 nelle medesime località; c) di cui agli artt. 56, 629 comma secondo, 416bis .1 cod. pen., commesso a fine gennaio/inizio febbraio 2018 in Portogruaro.
La Corte d’Appello ha respinto l’istanza, in quanto le sentenze hanno a oggetto fatti estorsivi completamente diversi tra loro, consumati in contesti geografici distanti, in tempi non coincidenti e con causali illecite del tutto differenti. Persino l’aggravante ex art. 416bis .1 cod. pen. riguarda consorterie criminali diverse, radicate in contesti territoriali non coincidenti: mentre la condanna sub 1) ha ad oggetto fatti consumati a Napoli, le vicende della sentenza sub 2) si sono consumate in territorio prossimo al confine tra l’Italia e la Croazia (anzi, in parte anche in questo stato).
In particolare, l’estorsione della sentenza sub 1) Ł stata consumata in danno di una società di noleggio al fine di conseguire la disponibilità di vetture a condizione vantaggiose per favorire la latitanza di COGNOME NOME, capo del clan camorristico Verde di S. Antimo.
Invece, il contesto della sentenza sub 2) Ł del tutto diverso e riguarda una serie di
estorsioni maturate nell’ambito di operazioni finanziarie concluse da un operatore finanziario di Portogruaro, a cui erano state versate ingenti somme di denaro anche da alcuni investitori campani. Essendosi tale operatore trovato nell’impossibilità di restituire le somme, da quel momento fu costantemente controllato da COGNOME e da alcuni uomini a lui legati, che si presentarono alla vittima come appartenenti al clan dei Casalesi con l’incarico di recuperare le somme di 111 milioni di euro che gli erano state affidate.
Osta, dunque, all’accoglimento della richiesta il fatto che le circostanze fattuali denotino macroscopiche differenze sostanziali, non solo in ragione del contesto geografico assai distante, ma soprattutto in considerazione delle causali illecite diverse sottese alle azioni delittuose. Del resto, la circostanza che l’aggravante mafiosa sia stata ritenuta con riferimento a consorterie criminali diverse depone nel senso del rigetto. In assenza di specifici elementi a sostegno della richiesta, può ritenersi che nella specie vi sia tutt’al piø un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica consumazione di illeciti.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), ed e), cod. proc. pen. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 671 e 125, comma 3, cod. proc. pen., 81 cod. pen.
Il ricorso lamenta che il giudice dell’esecuzione ha negato l’applicazione della continuazione senza rendere noti i criteri in base ai quali ha ritenuto l’istanza infondata.
Invece, sussistono, in relazioni ai fatti di cui alle sentenze indicate, l’identica natura dei reati contestati, il medesimo movente, l’analogia del modus operandi , la contiguità cronologica, l’identità di scopo.
Si tratta, infatti, di reati contro il patrimonio aggravati dal metodo mafioso, con l’utilizzo della forza intimidatrice nell’appartenenza ad un clan camorristico.
Il movente Ł il medesimo e consiste nel raccogliere introiti per il suo interesse o per quello dei soggetti che agivano in concorso con lui. Infatti, COGNOME non ha mai fatto parte di organizzazioni camorristiche e, dunque, l’evocazione del clan Ł stata spesa nell’esclusivo interesse di sØ stesso e nei suoi coimputati. Anche il modus operandi Ł lo stesso, ovvero quello di avvicinare le vittime e costringerle a versare somme con la forza di intimidazione della minaccia di tipo camorristico.
L’apparenza dell’argomentazione della Corte d’Appello emerge anche laddove ritiene che i fatti estorsivi siano stati commessi in tempi non coincidenti: in realtà, i fatti di Sant’Antimo risalgono al gennaio del 2018 e quelli di Portogruaro ai mesi di gennaio/febbraio dello stesso anno. Infine, quanto al dato territoriale, Ł da precisare che, proprio perchØ COGNOME non agiva per conto di un clan ma nel suo esclusivo interesse personale, non si può riscontrare il presupposto della cosiddetta territorialità, in quanto lo scopo era quello di compiere estorsioni in qualunque parte del territorio per il tornaconto proprio.
Con requisitoria scritta trasmessa il 28.3.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, in quanto basato su censure che si limitano ad una critica delle valutazioni del giudice dell’esecuzione, il quale, con motivazione logica ed adeguata, chiarisce le ragioni della sua decisione, in conformità con i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, ed evidenzia una serie di elementi che contrastano con la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato.
Va premesso che, in tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice
di merito, il cui apprezzamento Ł sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 12936 del 3/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275222 – 01).
In questa prospettiva, la motivazione dell’ordinanza impugnata evidenzia in modo congruo la sussistenza di elementi tali da condurre a escludere che ricorrano, in relazioni ai fatti oggetto delle sentenze irrevocabili a carico di COGNOME, gli indici generalmente ritenuti come sintomatici dell’identità del disegno criminoso.
Il ricorrente avversa la decisione del giudice dell’esecuzione, censurando che la motivazione del provvedimento non prenda realmente in considerazione tutti i presupposti per il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, indicandone molteplici.
Alcuni attengono alla indubbia omogeneità delle violazioni per le quali COGNOME Ł stato condannato (estorsioni), ma vengono proposti in modo generico e improprio, senza misurarsi in alcun modo con il contenuto dell’ordinanza impugnata.
In primo luogo, si enfatizza l’identità di modus operandi , facendolo però sostanzialmente coincidere con il fatto che l’azione del condannato ha infine integrato gli elementi tipici della fattispecie di estorsione, laddove il termine deve essere riferito, onde acquisire rilevanza ai fini della continuazione, al fatto che in occasione della commissione dei diversi reati l’agente abbia utilizzato un ben determinato modo di agire e di procedere, così da conferire ad azioni poste in essere in tempi diversi una connotazione ben riconoscibile e riconducibile ad una programmazione unitaria.
Viceversa, l’ordinanza dà ampiamente atto della profonda eterogeneità delle modalità esecutive delle due vicende estorsive in cui Ł rimasto implicato COGNOME, consumate in settori economici di intervento differenti e snodatesi attraverso contingenze e finalità egualmente diverse.
In secondo luogo, si evidenzia l’identità del movente dei reati commessi, che però il ricorso identifica nel mero conseguimento di un vantaggio economico da parte di Celentano nel proprio esclusivo interesse, in tal modo, tuttavia, confondendo tendenzialmente il concetto richiamato, che vale ad individuare il fine per il quale si delinque in occasione di un ben determinato reato, con l’elemento psicologico del delitto di estorsione.
Nel caso di specie, invece, il provvedimento impugnato segna con nitidezza una profonda difformità di movente tra le due vicende estorsive, nell’un caso coincidente con lo scopo di conseguire la disponibilità di vetture in funzione della latitanza di un camorrista e nell’altro identificabile nella esigenza di recuperare il denaro fornito a un terzo per un investimento non andato a buon fine.
Restano una certa contiguità temporale e omogeneità di violazioni, non sufficienti da soli, però, per il riconoscimento della continuazione, che necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica non solo della sussistenza di concreti indicatori, ma anche del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/5/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
In particolare, Ł stato già affermato che l’omogeneità delle violazioni e la contiguità temporale di alcune di esse, seppure indicative di una scelta delinquenziale, non consentono, da sole, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094 01).
Sotto questo profilo, l’ordinanza impugnata afferma del tutto condivisibilmente che le spinte che hanno portato alla commissione dei singoli fatti fossero autonome e differenti e che i delitti commessi siano espressione di una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie.
In tal modo, il giudice dell’esecuzione ha fatto corretto uso del principio secondo cui, in tema di esecuzione, la mera identità dei titoli di reato Ł, da sola, indice sintomatico, non di attuazione di un progetto criminoso unitario, quanto di un’abitualità criminosa e di scelte di vita ispirate alla sistematica e contingente consumazione degli illeciti (Sez. 1, n. 35806 del 20/4/2016, COGNOME, Rv. 267580 – 01).
Invece, l’identità del disegno criminoso postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose, di guisa che non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali. (Sez. 1, n. 15955 dell’8/1/2016, P.m. in proc. Eloumari, Rv. 266615 – 01). La mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie, anche se dovuta ad una determinata scelta di vita o ad un programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo contingenti opportunità, non integra di per sØ l’unitaria e anticipata ideazione di piø condotte costituenti illecito penale, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen. (Sez. 1, n. 39222 del 26/2/2014, B., Rv. 260896 – 01).
Nel solco di tale indirizzo, il giudice dell’esecuzione Ł approdato alla conclusione sopra indicata dopo aver adeguatamente depotenziato tutti gli eventuali indicatori della continuazione, in particolare evidenziando le differenti modalità di commissione dei due reati, il diverso contesto geografico nel quale sono maturati, le diversità delle causali illecite ad essi sottesi e finanche delle consorterie criminali evocate o agevolate ex art. 416bis .1 cod. pen. per il tramite delle condotte delittuose.
L’ordinanza impugnata fa ampio riferimento alle non poco eterogenee circostanze in cui COGNOME procedette alla esecuzione dei reati, tali da potersi ragionevolmente affermare che le condotte siano state tenute in base ad opportunità contingenti e non rappresentino il risultato di una ideazione anticipata e unitaria.
Il ricorso contrasta questa conclusione in modo generico, attaccandone approssimativamente la persuasività e comunque non piø che sollecitando una non consentita rilettura degli elementi posti a fondamento della decisione impugnata, con la proposta dell’adozione di parametri diversi di valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
In questo modo, quindi, deduce censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità o dalla sua contraddittorietà, che, pertanto, non sono sindacabili in sede di legittimità.
Alla luce di quanto fin qui osservato, dunque, consegue che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e di una somma di euro tremila in favore della cassa per le ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 23/04/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME