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Disegno criminoso unico: limiti alla continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo che chiedeva l’unificazione, sotto il vincolo della continuazione, di quattro condanne per furto aggravato commessi in un arco temporale di quattro anni. Secondo la Corte, l’ampio lasso di tempo e la natura slegata degli episodi criminali escludono l’esistenza di un disegno criminoso unico, rivelando piuttosto una generale propensione a delinquere. La richiesta è stata rigettata poiché basata su mere critiche di fatto, senza evidenziare vizi di legittimità nell’ordinanza impugnata.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno criminoso unico: quando la distanza temporale tra i reati esclude la continuazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti di applicazione dell’istituto della continuazione, in particolare quando i reati sono commessi in un arco temporale molto ampio. La pronuncia sottolinea come non sia sufficiente la somiglianza delle condotte per configurare un disegno criminoso unico, essendo invece necessaria la prova di un’ideazione unitaria e preventiva. Questo principio è fondamentale per distinguere una strategia criminale pianificata da una mera propensione a delinquere.

I fatti del caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per quattro distinti episodi di furto aggravato, tentato o consumato. I reati erano stati commessi nella stessa città, Roma, ma in un lasso di tempo che andava dal 2015 al 2019. L’interessato aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma di unificare le pene sotto il vincolo della continuazione, sostenendo che i furti fossero espressione di un medesimo disegno criminoso unico.

Il Tribunale di Roma, in qualità di Giudice dell’esecuzione, aveva rigettato la richiesta. Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge penale e una motivazione mancante o illogica riguardo agli elementi che avrebbero dovuto dimostrare l’unicità del suo piano criminale.

Il ricorso e il disegno criminoso unico

Nel suo ricorso, il ricorrente, tramite il suo difensore, ha sostenuto che il Giudice dell’esecuzione avesse ignorato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso unico. La difesa puntava a dimostrare che i quattro episodi di furto non fossero eventi isolati, ma tappe di un unico progetto delinquenziale concepito fin dall’inizio. Tuttavia, il ricorso si è concentrato su critiche di fatto, cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate dal giudice di merito.

La valutazione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno spiegato che le censure mosse dal ricorrente erano mere critiche di fatto, non ammissibili in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte dal Giudice dell’esecuzione, senza individuare specifici vizi di legge nell’ordinanza impugnata.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ritenuto la motivazione dell’ordinanza impugnata logica, coerente e priva di contraddizioni. Il Giudice dell’esecuzione aveva correttamente evidenziato che i fatti per cui si chiedeva la continuazione erano “del tutto slegati tra loro”. L’ampio arco temporale in cui i reati si erano dipanati, ben quattro anni, rendeva “impensabile” una preventiva ideazione unitaria. Secondo il Tribunale, i crimini non erano frutto di un piano preordinato, ma di “separate volizioni” e di una “generale propensione alla delinquenza”.

La Cassazione ha confermato questa linea interpretativa, stabilendo che quando gli episodi criminali sono così distanti nel tempo, è difficile sostenere che facciano parte di un unico progetto. L’assenza di un nesso logico e cronologico che li unisca in un’unica programmazione impedisce di riconoscere il vincolo della continuazione. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: per l’applicazione della continuazione non basta la semplice ripetizione di reati della stessa specie. È necessario dimostrare, con elementi concreti, l’esistenza di un disegno criminoso unico, ovvero una deliberazione iniziale che abbracci l’intera serie di condotte illecite. Un lungo intervallo di tempo tra un reato e l’altro costituisce un forte indizio contrario, suggerendo piuttosto una tendenza a delinquere che si manifesta in modo estemporaneo, anziché un piano unitario e preordinato. La decisione serve da monito: la richiesta di unificazione delle pene deve essere supportata da prove concrete dell’originaria programmazione criminale, altrimenti si scontrerà con una declaratoria di inammissibilità.

Quando è possibile chiedere l’unificazione delle pene per continuazione?
È possibile quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando vi è stata una programmazione iniziale e unitaria di tutte le condotte illecite, prima di iniziare l’esecuzione della prima.

Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso nel caso specifico?
La Corte ha rigettato il ricorso perché i reati di furto erano stati commessi in un arco temporale molto ampio (dal 2015 al 2019), rendendo implausibile l’esistenza di un’ideazione unitaria e preventiva. I fatti sono stati considerati slegati tra loro e frutto di una generale propensione a delinquere, non di un piano preordinato.

Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dalla Corte di Cassazione perché presenta dei vizi, come nel caso di specie, dove le critiche erano rivolte alla valutazione dei fatti (di competenza del giudice di merito) e non a violazioni di legge (di competenza della Cassazione).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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