Disegno criminoso unico: quando la distanza temporale tra i reati esclude la continuazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha fornito importanti chiarimenti sui limiti di applicazione dell’istituto della continuazione, in particolare quando i reati sono commessi in un arco temporale molto ampio. La pronuncia sottolinea come non sia sufficiente la somiglianza delle condotte per configurare un disegno criminoso unico, essendo invece necessaria la prova di un’ideazione unitaria e preventiva. Questo principio è fondamentale per distinguere una strategia criminale pianificata da una mera propensione a delinquere.
I fatti del caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per quattro distinti episodi di furto aggravato, tentato o consumato. I reati erano stati commessi nella stessa città, Roma, ma in un lasso di tempo che andava dal 2015 al 2019. L’interessato aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Roma di unificare le pene sotto il vincolo della continuazione, sostenendo che i furti fossero espressione di un medesimo disegno criminoso unico.
Il Tribunale di Roma, in qualità di Giudice dell’esecuzione, aveva rigettato la richiesta. Avverso tale decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge penale e una motivazione mancante o illogica riguardo agli elementi che avrebbero dovuto dimostrare l’unicità del suo piano criminale.
Il ricorso e il disegno criminoso unico
Nel suo ricorso, il ricorrente, tramite il suo difensore, ha sostenuto che il Giudice dell’esecuzione avesse ignorato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso unico. La difesa puntava a dimostrare che i quattro episodi di furto non fossero eventi isolati, ma tappe di un unico progetto delinquenziale concepito fin dall’inizio. Tuttavia, il ricorso si è concentrato su critiche di fatto, cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove già esaminate dal giudice di merito.
La valutazione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno spiegato che le censure mosse dal ricorrente erano mere critiche di fatto, non ammissibili in sede di legittimità. Il ricorso, infatti, si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte dal Giudice dell’esecuzione, senza individuare specifici vizi di legge nell’ordinanza impugnata.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte ha ritenuto la motivazione dell’ordinanza impugnata logica, coerente e priva di contraddizioni. Il Giudice dell’esecuzione aveva correttamente evidenziato che i fatti per cui si chiedeva la continuazione erano “del tutto slegati tra loro”. L’ampio arco temporale in cui i reati si erano dipanati, ben quattro anni, rendeva “impensabile” una preventiva ideazione unitaria. Secondo il Tribunale, i crimini non erano frutto di un piano preordinato, ma di “separate volizioni” e di una “generale propensione alla delinquenza”.
La Cassazione ha confermato questa linea interpretativa, stabilendo che quando gli episodi criminali sono così distanti nel tempo, è difficile sostenere che facciano parte di un unico progetto. L’assenza di un nesso logico e cronologico che li unisca in un’unica programmazione impedisce di riconoscere il vincolo della continuazione. Pertanto, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: per l’applicazione della continuazione non basta la semplice ripetizione di reati della stessa specie. È necessario dimostrare, con elementi concreti, l’esistenza di un disegno criminoso unico, ovvero una deliberazione iniziale che abbracci l’intera serie di condotte illecite. Un lungo intervallo di tempo tra un reato e l’altro costituisce un forte indizio contrario, suggerendo piuttosto una tendenza a delinquere che si manifesta in modo estemporaneo, anziché un piano unitario e preordinato. La decisione serve da monito: la richiesta di unificazione delle pene deve essere supportata da prove concrete dell’originaria programmazione criminale, altrimenti si scontrerà con una declaratoria di inammissibilità.
 
Quando è possibile chiedere l’unificazione delle pene per continuazione?
È possibile quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando vi è stata una programmazione iniziale e unitaria di tutte le condotte illecite, prima di iniziare l’esecuzione della prima.
Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso nel caso specifico?
La Corte ha rigettato il ricorso perché i reati di furto erano stati commessi in un arco temporale molto ampio (dal 2015 al 2019), rendendo implausibile l’esistenza di un’ideazione unitaria e preventiva. I fatti sono stati considerati slegati tra loro e frutto di una generale propensione a delinquere, non di un piano preordinato.
Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dalla Corte di Cassazione perché presenta dei vizi, come nel caso di specie, dove le critiche erano rivolte alla valutazione dei fatti (di competenza del giudice di merito) e non a violazioni di legge (di competenza della Cassazione).
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5816 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5816  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME (05FTOVR) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 16/10/2023 del TRIBUNALE di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
 Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Roma – nella ves Giudice dell’esecuzione – ha rigettato la richiesta di unificazione sotto il della continuazione, presentata nell’interesse di NOME COGNOME con riferim quattro condanne, relative ai reati di furto aggravato, tentato o consumato commessi in Roma, entro un arco temporale che si snoda dal 2015 al 2019.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo erronea applicazione della legge penale, nonché mancata, apparente e illogica motivazione, con riferimento agli indici rive dell’unicità del disegno criminoso.
Le doglianze poste a fondamento dell’impugnazione risultano inammissibili in quanto costituite da mere critiche versate in punto di fatto, lamentand come l’ordinanza avversata abbia trascurato gli indici rivelatori dell’uni disegno criminoso, asseritamente emergenti dall’esame delle condotte delittu realizzate. Dette censure, altresì, appaiono meramente riproduttive di prof doglianza che risultano già adeguatamente vagliati e disattesi – second corretto argomentare giuridico – dal Giudice dell’esecuzione nel provvedime impugnato. In esso, invero, sì evidenzia come i fatti in relazione ai quali s la riunione in continuazione siano, tra loro, del tutto slegati, apparend frutto di separate volizioni ed espressione di una generale propension delinquenza; trattasi peraltro, secondo il Giudice dell’esecuzione, di e criminosi che si dipanano entro un arco temporale davvero ampio, così divenend viepiù impensabile la preventiva ideazione unitaria. La motivazione post fondamento dell’impugnata ordinanza, infine, è logica e coerente, oltre che di spunti di contraddittorietà; in quanto tale, essa merita di rimanere al r qualsivoglia stigma in sede di legittimità.
 Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve ess dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamen delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versame una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sen dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa d ammende.
Così deciso in Roma, 25 gennaio 2024.