Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18505 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18505 Anno 2024
Presidente: FIORDALISI DOMENICO
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Considerato che NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in preambolo con la quale la Corte d’appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza intesa al riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reat separatamente giudicati in sede di cognizione e, nell’unico motivo, deduce che il giudice a quo avrebbe disatteso le indicazioni della giurisprudenza di legittimità in materia di criteri identificativi dell’unicità di disegno criminoso, attestato da natura di reati “prodromici” all’ingresso nel sodalizio giudicato con la sentenza sub 1) del provvedimento impugnato;
ritenuto che il ricorso risulta manifestamente infondato, in quanto generico e non correlato con la motivazione posta a fondamento del provvedimento di diniego;
ribadito, COGNOME invero, COGNOME il COGNOME principio secondo cui, COGNOME il COGNOME riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di un’approfondita e rigorosa verifica, onde riscontrare se effettivamente, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, Gargiulo, Rv. 270074-01) e che l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, nonché la contiguità spazio-temporale degli illeciti, rappresentano solo alcuni degli indici in tal senso rivelatori, i quali, seppure indicativi di una determinata scelta delinquenziale, non consentono, di per sé soli, di ritenere che gli illeciti stessi siano frutto di determinazioni vo risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094-01). Da quest’ultima non si può infatti prescindere, giacché la ratio della disciplina va ravvisata, con riferimento all’aspetto intellettivo, nella iniziale previsione della ricorrenza di più azioni crimino rispondenti a determinate finalità dell’agente e, in relazione al profilo dell volontà, nell’elaborazione di un programma di massima, ancorché richiedente, di volta in volta, in sede attuativa, ulteriori specifiche volizioni (Sez. 1, n. 34502 02/07/2015, Bordoni, Rv. 264294-01);
ricordato infine che il riscontro della serie di elementi rilevanti al fine stabilire l’unicità di disegno criminoso – serie potenzialmente includente le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità delle azioni i rapporto alle abitudini di vita, e ogni altro aspetto in grado di riflettere l’unic pluralità delle originarie determinazioni – è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del
giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamenti di fatto (Sez. 1, n. 354 del 28/01/1991, Livieri, Rv. 187740 -01);
richiamato, con specifico riferimento alla continuazione tra reato associativo e reati fine, il principio secondo cui essa sussiste esclusivamente qualora questi ultimi siano stati programmati nelle loro linee essenziali sin dai momento della costituzione del sodalizio criminoso (fra molte, Sez. 1 n.23818 del 22/06/2020, Toscano, Rv. 279430);
ritenuto che, nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha fatto buon governo degli anzidetti principi e ha dato argomentato conto della loro applicazione al caso concreto, evidenziando, in maniera esente da illogicità e incongruenze, gli elementi decisivi per escludere l’unicità di disegno criminoso, ossia la distanza temporale (di ben quattro anni) tra i fatti di cui all’art. 73 d.P n. 309 del 1990 e l’ingresso di COGNOME nel sodalizio finalizzato al traffico stupefacenti di cui alla sentenza sub 1), a dimostrazione dell’inesistenza di un’unica, antecedente, risoluzione criminosa;
ritenuto che, a cospetto di tali argomentazioni logiche e plausibili, con cui il ricorrente non si confronta in modo adeguatamente specifico, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che a detta declaratoria segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – per i profili di colpa connessi all’irritualità dell’impugnazione (Corte cost. n. 186 del 2000) – di una somma in favore della cassa delle ammende che si stima equo determinare, in rapporto alle questioni dedotte, in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28 marzo 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente