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Disegno criminoso tra reati: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava il riconoscimento di un unico disegno criminoso tra una condanna per associazione finalizzata al traffico di droga e armi e una successiva per associazione mafiosa. La Corte ha stabilito che il giudice dell’esecuzione non può limitarsi a considerare il tempo trascorso o la diversa tipologia dei reati, ma deve valutare approfonditamente tutti gli elementi che possano indicare un’unica matrice delittuosa, come la perdurante appartenenza del condannato a un medesimo clan mafioso.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione Sottolinea la Necessità di un’Analisi Approfondita

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22963 del 2024, torna a pronunciarsi su un tema cruciale in fase esecutiva: il riconoscimento del disegno criminoso tra reati giudicati separatamente. La decisione annulla un’ordinanza della Corte di Appello, colpevole di un’analisi superficiale, e ribadisce i principi per una corretta valutazione della continuazione, specialmente in contesti di criminalità organizzata. Questo intervento chiarisce che indicatori come il tempo trascorso o la diversa natura dei reati non possono, da soli, escludere un’unica matrice delittuosa.

I Fatti del Caso

Un condannato aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra due diverse sentenze definitive. La prima, del 1998, lo condannava a 17 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e reati in materia di armi. La seconda, del 2020, lo condannava a 10 anni e 6 mesi per il reato di associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.).

L’istanza si fondava su un elemento centrale: entrambi i filoni criminali sarebbero stati espressione della sua duratura militanza, risalente agli anni ’80, all’interno dello stesso clan mafioso. Secondo la difesa, anche i reati legati a droga e armi erano stati commessi nell’interesse e secondo le direttive di tale sodalizio.

La Decisione Iniziale e il Ricorso in Cassazione

La Corte di Appello di Catania aveva rigettato l’istanza, motivando la decisione su due punti principali:
1. La non omogeneità tra i reati oggetto delle due sentenze.
2. L’ampio intervallo temporale intercorso tra le condotte, ritenuto incompatibile con un unitario disegno criminoso.

Contro questa decisione, la difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una motivazione illogica e l’omessa valutazione di elementi fondamentali. In particolare, si contestava al giudice di non aver considerato come tutti i reati fossero maturati nel medesimo contesto, ovvero la sua stabile affiliazione al clan mafioso.

L’Approfondimento del Disegno Criminoso secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. La sentenza ribadisce che la prova dell’unicità del disegno criminoso deve basarsi su indici esteriori significativi, quali l’unitarietà del contesto, la brevità del lasso temporale, l’identica natura dei reati e l’analogia del modus operandi. Tuttavia, nessuno di questi elementi è di per sé decisivo.

Il giudice dell’esecuzione non può limitarsi a una constatazione generica, ma deve compiere un’approfondita verifica. La Cassazione sottolinea che la detenzione subita tra un reato e l’altro non interrompe automaticamente la continuità, specialmente in contesti di criminalità organizzata dove i legami e la pianificazione possono proseguire anche dal carcere.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata per un vizio di motivazione. Il giudice di merito non aveva in alcun modo considerato gli elementi cruciali portati dalla difesa, ovvero i passaggi delle sentenze irrevocabili che attestavano la “perdurante intraneità” del ricorrente al clan mafioso sin dagli anni ’80. Questa affiliazione stabile rappresentava il potenziale filo conduttore che legava tutte le condotte criminose.

Inoltre, è stato giudicato errato il rilievo dato all’intervallo temporale. Sebbene i fatti della prima sentenza risalissero alla prima metà degli anni ’90, il reato di associazione mafiosa della seconda sentenza era contestato “fino al maggio 2012”, senza un’indicazione precisa della data di inizio. Ciò non escludeva, a priori, una contiguità o una sovrapposizione con le condotte precedenti, tutte riconducibili, secondo la tesi difensiva, alla militanza nello stesso gruppo criminale.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici dell’esecuzione. La valutazione del disegno criminoso richiede un’indagine fattuale completa e non può basarsi su automatismi o considerazioni parziali. È necessario approfondire il contesto complessivo in cui i reati sono maturati, valorizzando tutti gli elementi che possano rivelare una programmazione unitaria iniziale. Il provvedimento è stato quindi annullato con rinvio alla Corte di Appello di Catania, che dovrà procedere a un nuovo giudizio, emendando i vizi motivazionali rilevati e conducendo un’analisi più approfondita e argomentata.

Un lungo intervallo di tempo tra due reati esclude automaticamente l’esistenza di un unico disegno criminoso?
No, la sentenza chiarisce che un ampio lasso temporale non preclude di per sé la configurabilità di un disegno criminoso, specialmente se altri elementi, come la militanza continuativa in un’associazione mafiosa, indicano un’unica matrice delittuosa che collega le diverse condotte.

La detenzione interrompe necessariamente il vincolo della continuazione tra reati?
No, la Cassazione afferma che la detenzione subita tra i reati non è di per sé idonea a escludere l’identità del disegno criminoso. Il giudice deve verificare in concreto se tale evento abbia realmente interrotto la preordinazione di fondo, cosa non automatica soprattutto in contesti di criminalità organizzata.

Cosa deve valutare il giudice per riconoscere il disegno criminoso tra un reato associativo e altri reati?
Il giudice deve condurre un’indagine approfondita per verificare se i reati diversi da quello associativo (cd. “reati fine”) rientrino nell’ambito dell’attività del sodalizio, siano finalizzati al suo rafforzamento e fossero stati programmati, almeno a grandi linee, già al momento dell’ingresso del soggetto nell’associazione stessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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