Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9287 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9287 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Taranto il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/07/2023 del TRIBUNALE DI TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 6 luglio 2023 il Tribunale di Taranto, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto le istanze di NOME COGNOME di:
applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto di quattordici sentenze di condanna emesse nei suoi confronti;
sostituzione della pena inflitta con sentenza del Tribunale di Taranto del 14 febbraio 2022, irrevocabile il 4 febbraio 2023, con una delle pelle sostitutive di cui al d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150.
In particolare, nel respingere l’istanza di continuazione, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando in particolare che gli stessi erano stati commessi a distanza di tempo l’uno dall’altro, in quanto realizzati in un arco temporale di 5 anni tra il 2011 ed il 2016, e ciò comporta che non sia ipotizzabile che, al momento di realizzazione delle prime condotte, lo stesso avesse già
predeterminato nelle linee essenziali la commissione delle ulteriori fattispecie di reato; la commissione di un così grande numero di truffe online è indicativo della esistenza di un vero e proprio stile di vita, che è incompatibile con la sussistenza di un disegno criminoso unico.
Nel respingere l’istanza di applicazione nelle sanzioni sostitutive, il giudice dell’esecuzione ha osservato che il condannato ha riportato ben 48 condanne, e, quindi, deve ritenersi che ex art. 58 I. 24 novembre 1981, n. 689, le sanzioni sostitutive non sarebbero idonee alla rieducazione del condannato ed ad arginare il pericolo di commissione di ulteriori reati, considerato che l’istante potrebbe reiterarli anche avvalendosi di un semplice smartphone di cui potrebbe entrare facilmente in possesso.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge per essere stata respinta l’istanza di continuazione con una motivazione non corretta, atteso che la distanza temporale deve essere valutata tra un reato ed il successivo, e non tra il primo e l’ultimo; se si guarda la distanza tra ciascun reato e quello successivo si vede che vi sono anche soli pochi giorni di differenza tra essi; non vi è chi non veda come questi reati di truffa siano espressione di una programmazione degli stessi nelle linee essenziali, e non già di uno stile di vita; si tratta di un soggetto che in un determinato momento storico ha trovato nella rete internet la possibilità di attuazione di un preciso disegno criminoso; in una situazione simile altro giudice del merito ha riconosciuto ad altro imputato l’esistenza della continuazione.
Con riferimento al rigetto dell’istanza di sanzioni sostitutive, invece, il giudice dell’esecuzione ha escluso qualunque misura sostitutiva nell’erroneo convincimento che esse non sarebbero state idonee ad arginare il pericolo di commissione di ulteriori reati ma non ha detto una parola sui vari strumenti messi a disposizione della riforma, quantomeno sulla idoneità dell’ultima spiaggia costituita dalla sanzione sostitutiva della semilibertà, il che determina che l’ordinanza sia viziata da un vulnus motivazionale senza precedenti.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, AVV_NOTAIO, ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
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1.1. Con riferimento al rigetto dell’istanza di riconoscimento della continuazione, pur se è corretto l’argomento speso in ricorso in cui si deduce che il giudice dell’esecuzione non avrebbe dovuto considerare la distanza temporale tra la data del primo e dell’ultimo reato, ma avrebbe dovuto valutare, come indice della eventuale esistenza di una volizione criminale unitaria, la distanza temporale tra ciascun reato e quello successivo, però tale censura non è idonea a disarticolare il percorso logico del provvedimento impugnato che ha una motivazione più articolata e composita che non è adeguatamente attaccata in ricorso.
L’ordinanza impugnata, infatti, evidenzia anche che la commissione di un numero così elevato di reati di truffa in un periodo di tempo contenuto, lungi dall’andare a favore del condannatoyendendo più contenuta la distanza temporale tra ciascun reato ed il successivo, è, invece, pregiudizievole per le sue ragioni, in quanto rivela la esistenza non di una volizione unitaria, ma di un’abitudine criminosa espressiva di una scelta di vita.
Questa parte della motivazione dell’ordinanza impugnata è applicazione coerente dell’indirizzo della giurisprudenza di legittimità che distingue tra “la spinta criminosa, o movente pratico, sottesa alle plurime violazioni di legge, e l’unicità del disegno criminoso richiesto per la configurabilità del reato continuato” (Sez. 5, Sentenza n. 21326 del 06/05/2010, Faneli, Rv. 247356).
Il medesimo disegno criminoso, infatti, per sua natura é un atteggiamento psicologico che si esaurisce nel periodo ciii tempo strettamente necessario a definire l’ideazione nelle linee essenziali dei reati che l’agente si propone di commettere; la spinta criminosa (ad es., il bisogno di denaro) può, invece, ripresentarsi anche una volta esaurita l’attuazione del disegno criminoso unitario e, se soddisfatta dall’agente nel medesimo modo, può rivelare un’abitudine criminosa, che, al contrario del medesimo disegno criminoso di cui all’art. 81 cod. pen., è prolungata nel tempo. La tendenza a porre in essere reati della stessa specie o indole, è, infatti, una “scelta delinquenziale compatibile con plurime deliberazioni” a delinquere (Sez. U, Sentenza n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Nel caso in esame, la commissione reiterata da parte del condannato di truffe online per un periodo di tempo prolungato (21 ottobre 2011, 2 novembre 2011, 1 agosto 2012, 11 aprile 2013, 30 settembre 2013, 23 ottobre 2013, 14 novembre 2013, 3 ottobre 2014, 18 marzo 2015, 17 aprile 2015, 19 giugno 2015, 16 luglio 2015, 24 luglio 2015, 8 agosto 2015, 20 ottobre 2016, 9 giugno 2017, 12 agosto 2017) è stata, pertanto, ritenuta in modo non illogico indicativa di un’abitudine criminosa, espressiva della scelta di vita effettuata dal condannato in quel periodo storico di trarre il proprio sostentamento da questa tipologia di reati.
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Il ricorso attacca l’ordinanza impugnata anche deducendo che, in situazione simile, altro giudice (la Corte di appello di Lecce) ha riconosciuto ad altro imputato (tale NOME COGNOME) la esistenza del medesimo disegno criminoso, ma si tratta di argomento non idoneo a viziare il provvedimento impugnato, perché il medesimo disegno criminoso è un percorso psicologico interno al singolo autore del reato, ed in ogni caso, perché la asserita contraddittorietà non è interna alla decisione impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 13678 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 283034).
In definitiva, in questa parte il ricorso è infondato.
1.2. Con riferimento al rigetto dell’istanza di sanzioni sostitutive, il motivo di ricorso è inammissibile.
L’ordinanza impugnata ha ritenuto che l’esistenza di 48 condanne, perlopiù per truffa, passate in giudicato nei confronti dell’imputato, induce a ritenere che nessuna sanzione sostitutiva possa essere idonea ad arginare il pericolo di commissione di ulteriori reati.
L’argomento usato nell’ordinanza impugnata è coerente con il disposto dell’art. 58 I. n. 689 del 1981 che dispone che “il giudice, nei limiti fissati dall legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’articolo 133 del codice penale, se non ordina la sospensione condizionale della pena, può applicare le pene sostitutive della pena detentiva quando risultano più idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati. La pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”.
Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza limitandosi a sostenere, con accenti polemici, che non sia stata valutata come idonea nessuna delle varie sanzioni sostitutive ammesse dall’ordinamento, tra cui vi è anche la semilibertà.
Il ricorso, però, non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui questa afferma che nessuna sanzione sostituiva avrebbe potuto evitare che il condannato si procurasse uno smartphone con cui commettere ulteriori truffe. Il ricorso, infatti, non spiega in che modo la semilibertà avrebbe potuto impedire al ricorrente di procurarsi uno smartphone per commettere ulteriori truffe.
Non confrontandosi con la motivazione dell’ordinanza impugnata, l’unico motivo di ricorso è, limitatamente a questa parte, inammissibile per difetto di specificità dei motivi (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823).
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31 gennaio 2024 Il consigliere estensore COGNOMEIl presidente