Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9935 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9935 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/03/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 21/12/1959, avverso l’ordinanza del 26/11/2024 della Corte di appello di Napoli. Letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME dichiararsi il ricorso inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME formulava al giudice dell’esecuzione istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., chiedendo riconoscersi il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con le seguenti sentenze:
sentenza della Corte di appello di Napoli del 9 luglio 2020, irrevocabile il 17 ottobre 2020, di condanna alla pena di mesi 10 di reclusione ed € 140 di multa per il delitto di cui agli artt. 624 e 625, n. 4) e n. 8bis ), cod. pen., commesso in Napoli il 14 settembre 2019 in concorso con NOME COGNOME;
sentenza della Corte di appello di Napoli del 4 marzo 2021, irrevocabile il 19 luglio 2021, di condanna alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed € 200 di multa per il delitto di cui agli artt. 624 e 625, n. 4) e n. 8bis ), cod. pen., commesso in Napoli il 27 settembre 2019 in concorso con NOME COGNOME;
sentenza della Corte di appello di Napoli dell’8 luglio 2021, irrevocabile l’8 febbraio 2023, di condanna alla pena di anni 4 di reclusione ed € 480 di multa per i reati di cui agli artt. 416, 624 e 625, n. 1) e n. 8bis ), cod. pen., commessi in Napoli tra l’aprile ed il giugno 2017.
La Corte di appello di Napoli, con ordinanza del 26 novembre 2024, rigettava l’istanza, ritenendo che l’omogeneità delle condotte e la contiguità spazio-temporale delle stesse non fossero sintomatiche della medesimezza del disegno criminoso, non essendo «rapportabili ad un atto psichico unico», non essendo state, cioŁ, «previste e deliberate come momenti di attuazione di un
piano preventivamente ideato ed elaborato nelle sue linee generali ed essenziali per conseguire un determinato fine. Tale piano criminoso deve risultare positivamente e rigorosamente provato», mentre, nel caso di specie, pur essendosi accertato con sentenze irrevocabili che il COGNOME aveva fatto parte di una associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione di una serie indeterminata di furti in danno di turisti che viaggiavano a bordo della linea circumvesuviana di Napoli, ed aveva commesso plurimi furti in danno di turisti, si doveva rilevare, per un verso, che tra il delitto associativo ed i due reati oggetto delle sentenze sub 1) e sub 2) erano trascorsi circa due anni (sicchØ non era possibile ritenere «che ciascuna di tali due condotte criminose del settembre 2019 possano essere ricondotte all’originaria determinazione criminosa da cui scaturì la costituzione del sodalizio»), e, per altro verso, che i due piø recenti episodi delittuosi, pur se connotati da omogeneità delle condotte e prossimità temporale, rivelavano unicamente «che l’imputato, come già accaduto in precedenza nel 2017, fosse di nuovo dedito nel 2019 a perpetrare furti in danno di turisti della circumvesuviana utilizzando una tecnica a lui ben nota e collaudata».
Il difensore di fiducia di NOME COGNOME Avv. NOME COGNOME ha presentato ricorso per cassazione avverso l’indicata ordinanza, articolando due motivi con i quali deduce violazione di legge e mancanza o manifesta illogicità della motivazione.
Evidenzia che la perfetta coincidenza delle condotte illecite perpetrate dal condannato rivelava inequivocabilmente l’unicità del disegno criminoso; sottolinea che, secondo il vigente quadro normativo, il trascorrere del tempo non Ł condizione di per sØ ostativa al riconoscimento della continuazione, la quale postula unicamente la rappresentazione dei singoli episodi criminosi sin dall’inizio dell’attività illecita, quanto meno nelle loro linee essenziali: «in altri termini, l’autore deve aver già previsto e deliberato in origine ed in via generale, l’ iter criminoso da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali attuarlo i quali, nella loro oggettività, si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in essere in un contesto temporale di successione o contemporaneità»; rappresenta che ricorrono, nel caso di specie, gli indici sintomatici individuati dalla giurisprudenza di legittimità: la natura omogenea dei fatti per i quali il COGNOME ha riportato condanna, l’identità del bene giuridico leso, la vicinanza dei contesti spaziali nei quali i delitti sono stati compiuti, l’identità del modus operandi, nonchØ la collocazione dei fatti in un arco temporale non eccessivamente esteso.
Il Sostituto procuratore generale ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile: rileva che «Ł indiscusso nella giurisprudenza di legittimità che sia ipotizzabile la continuazione tra il delitto di partecipazione ad un’associazione a delinquere (nella specie, associazione ex art. 416 c.p. finalizzata a perpetrare furti ai danni di viaggiatori saliti a bordo della circumvesuviana di Napoli, oggetto della sentenza irrev. il 28.2.2023), a condizione che i reati fine risultino essere stati programmati, pur nelle sole linee essenziali, al momento della costituzione dell’associazione ( ex multis , Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, Corigliano, Rv. 257253). Nondimeno, nella specie, i giudici del merito hanno accertato che la condotta partecipativa si Ł protratta sino al 2017; nØ il ricorrente assume che l’associazione abbia continuato ad operare (avvalendosi del suo contributo) anche successivamente al 2017. Ne discende che le argomentazioni con le quali il giudice dell’esecuzione ha escluso il riconoscimento del vincolo della continuazione tra i furti commessi nel 2019 e il reato associativo contestato e accertato sino al 2017, appaiono immuni dai prospettati vizi di legittimità: trattasi di furti perpetrati a distanza di due anni dalla cessazione della condotta partecipativa del ricorrente (in difetto di allegazione, altresì, della perdurante operatività dell’associazione), espressione di una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose, in difetto finanche di allegazione di una perdurante adesione (anche dopo il 2017) al ‘programma’
criminoso associativo».
Il difensore di fiducia del ricorrente, Avv. NOME COGNOME ha depositato in data 18 febbraio 2025 memoria difensiva, ribadendo le argomentazioni già poste a fondamento del ricorso: rimarca, in particolare, che l’omogeneità e la sistematicità delle condotte sono rivelatrici di una iniziale deliberazione criminosa diretta alla realizzazione di un medesimo disegno criminoso, che i fatti sono stati commessi nel medesimo contesto territoriale e con identiche modalità esecutive, e che non può riconoscersi valore decisivo all’intervallo temporale che separa i diversi episodi delittuosi, venendo peraltro in rilievo, quanto alle due piø recenti condanne, fatti commessi a distanza di pochi giorni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non Ł fondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Questa Corte ha costantemente affermato che, in tema di reato continuato, l’unicità del disegno criminoso presuppone l’anticipata ed unitaria ideazione di piø violazioni della legge penale, già presenti nella mente del reo nella loro specificità, e che la prova di tale congiunta previsione deve essere ricavata, di regola, da indici esteriori che siano significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere (Sez. 4, n. 16066 del 17/12/2008, dep. 2009, Di NOME, Rv. 243632 – 01).
Il giudice dell’esecuzione, nel valutare l’unicità del disegno criminoso, non può attribuire rilievo ad un programma di attività delinquenziale che sia meramente generico, essendo invece necessaria la individuazione, fin dalla commissione del primo episodio, di tutti i successivi, almeno nelle loro connotazioni fondamentali, con deliberazione, dunque, di carattere non generico, ma generale (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 267596 – 01).
L’esistenza di un medesimo disegno criminoso va desunta da elementi indizianti quali l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti (Sez. 5, n. 1766 del 06/07/2015, dep. 2016, Esposti, Rv. 266413 – 01), tenendo presente che la ricaduta nel reato e l’abitualità a delinquere non integrano di per sØ il caratteristico elemento intellettivo che caratterizza il reato continuato, costituito dalla unità di ideazione che abbraccia i diversi reati commessi (Sez. 2, n. 40123 del 22/10/2010, Marigliano, Rv. 248862 – 01).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
La prova dell’unicità del disegno criminoso – ritenuta meritevole di un piø benevolo trattamento sanzionatorio attesa la minore capacità a delinquere di chi si determina a commettere gli illeciti in forza di un singolo impulso, anzichØ di spinte criminose indipendenti e reiterate – investendo l’inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve dunque essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell’esperienza, del dato progettuale sottostante alle condotte poste in essere,
indici che, tuttavia, hanno un carattere sintomatico, e non direttamente dimostrativo: l’accertamento, pur offìcioso e non implicante oneri probatori, deve assumere il carattere di effettiva dimostrazione logica, non potendo essere affidato a semplici congetture o presunzioni; esso Ł rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed Ł insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti (Sez. 1, n. 5043 del 21/12/2022, dep. 2023, COGNOME, n.m.).
Ancora di recente, questa Corte ha ribadito che l’unicità del disegno criminoso non può identificarsi con una scelta di vita che implica la reiterazione di determinate condotte criminose o comunque con una generale tendenza a porre in essere determinati reati, e che, al contempo, neppure può ridursi all’ipotesi che tutti i singoli reati siano stati dettagliatamente progettati e previsti, in relazione al loro graduale svolgimento, nelle occasioni, nei tempi, nelle modalità delle condotte, giacchØ siffatta definizione di dettaglio non sarebbe conforme al dettato normativo, che parla soltanto di «disegno», e porrebbe l’istituto fuori dalla realtà concreta, data la variabilità delle situazioni di fatto e la loro possibile prevedibilità solo in via approssimativa: occorre, dunque, che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine, una programmazione che può essere anche di massima, purchØ i reati da compiere risultino previsti almeno in linea generale, con riserva di adattamento alle eventualità del caso, come mezzo per il conseguimento di un unico scopo, prefissato e sufficientemente specifico (Sez. 1, n. 24202 del 23/02/2022, Cartanese, n.m.).
Nell’ambito della valutazione possono assumere rilievo anche i periodi di detenzione subiti, considerato che la pena detentiva, nel nostro sistema ordinamentale, Ł funzionale alla rieducazione ed al reinserimento del condannato nel tessuto sociale, che dovrebbe implicare la rescissione dei legami del condannato con ogni ambiente criminale; si Ł, tuttavia, in plurime occasioni statuito che il sopravvenuto stato detentivo non può determinare la necessaria e automatica cancellazione del programma criminoso (così come non comporta la necessaria e automatica cessazione della partecipazione ad un’associazione per delinquere: cfr. Sez. 6, n. 1162 del 14/10/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282661 – 02), così che «In tema di applicazione della disciplina del reato continuato nella fase esecutiva, la detenzione in carcere o altra misura limitativa della libertà personale, subita dal condannato tra i reati separatamente giudicati, non Ł di per sØ idonea ad escludere l’identità del disegno criminoso e non esime, pertanto, il giudice dalla verifica in concreto di quegli elementi (quali, nella specie, con riferimento a fatti di piccolo spaccio in strada, l’identità delle violazioni, la medesimezza del contesto spaziale e delle modalità operative, la limitata durata della privazione della libertà personale ed il breve intervallo temporale tra le condotte) in grado di rivelare la preordinazione di fondo che unisce le singole violazioni» (Sez. 1, n. 37832 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276842 – 01).
Si Ł, infine, statuito che l’unicità del disegno criminoso tra il reato associativo ed i diversi reati fine Ł configurabile solo quando questi ultimi – oltre a rientrare nell’ambito dell’attività del sodalizio criminoso e oltre ad essere finalizzati al suo rafforzamento – siano stati programmati, almeno a grandi linee, al momento dell’ingresso nell’associazione stessa (Sez. 1, n. 1534 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 271984 – 01; cfr. anche Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 285369 – 01, in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso).
Riguardando alla luce di questi generali principi le doglianze che il difensore muove all’ordinanza impugnata, si rileva che il giudice dell’esecuzione ha ragionevolmente escluso che dagli atti in carteggio potessero ricavarsi elementi sufficienti per ritenere che gli illeciti per i quali Ł intervenuta condanna fossero frutto di un previo e unitario disegno criminoso, costituissero, cioŁ, parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’origine nelle sue linee essenziali, al quale,
volta per volta, si sono poi aggiunti gli elementi volitivi necessari per dare allo stesso concreta attuazione.
E’, invero, inattaccabile la motivazione del provvedimento impugnato, che ha ritenuto di non poter valorizzare alcun concreto elemento rivelatore dell’identità del disegno criminoso tra il delitto associativo perpetrato fino al giugno 2017 e i due ulteriori episodi delittuosi del settembre 2019: appare, invero, evidente che all’epoca del suo ingresso nel sodalizio il ricorrente non poteva avere in alcun modo programmato, neppure nelle sue linee essenziali, gli ulteriori reati commessi qualche anno dopo, reati che devono, pertanto, ritenersi originati da una ideazione successiva e del tutto autonoma, che, lungi dal rivelare l’identità del disegno criminoso avuto di mira dal COGNOME, ne illustra, piø semplicemente, la spiccata propensione a delinquere.
L’invocata continuazione non può neppure essere riconosciuta con limitato riferimento ai reati oggetto delle sentenze sopra indicate sub 1) e sub 2): ed invero, la disamina degli atti impone di ritenere che, come si Ł ragionevolmente argomentato nel provvedimento impugnato, i reati sono stati commessi in maniera del tutto estemporanea, sfruttando le circostanze del momento ed avvalendosi dell’ausilio di complici diversi, sicchØ non possono essere ravvisate ragioni oggettive di legame tra le condotte accertate: ed invero, l’omogeneità dei reati contro il patrimonio perpetrati dal COGNOME Ł sintomatica non di un identico disegno criminoso, ma di un identico movente, sicchØ, in assenza di elementi specifici e concreti, il mero fine di lucro che ha animato il reo non può di per sØ solo consentire il riconoscimento della invocata continuazione, essendosi ripetutamente statuito che «In tema di esecuzione, incombe sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina della continuazione l’onere di allegare elementi sintomatici della riconducibilità anche dei reati successivi a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere» (Sez. 1, n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580 – 01), e che «In caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dell’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione d’ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e nomen iuris , non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario, e deve quindi negarsi la sussistenza della continuazione» (Sez. 1, n. 3747 del 16/01/2009, COGNOME, Rv. 242537 – 01, nelle cui motivazioni si ribadisce che «l’identità del movente non Ł, di per sØ, sufficiente a configurare l’unicità del disegno criminoso, che non va confuso con il generico proposito di commettere reati o con la scelta di una condotta di vita fondata sul delitto Non legittimano, pertanto, la presunzione di medesimezza del disegno criminoso nØ l’omogeneità delle varie violazioni della legge penale nØ la permanenza del proposito criminoso. Tali elementi, infatti, sono indicativi unicamente del movente sotteso ai reati posti in essere, ma non costituiscono di per sØ prova della originaria ideazione e deliberazione di tutte le violazioni nei loro caratteri essenziali, sintomatiche dell’istituto della continuazione»).
Nel caso di specie, gli elementi valorizzati dal ricorrente appaiono sintomatici non di un’originaria ed unica deliberazione criminosa adattata nel tempo, ma di una scelta di vita che ha ispirato la perpetrazione di reati che, pur se dello stesso tipo, ed aventi lo stesso oggetto materiale, non erano identificabili a priori nelle loro principali coordinate, essendo stati di volta in volta deliberati e commessi sfruttando estemporanee contingenze favorevoli, con complici occasionali, sicchØ non può in alcun modo dirsi raggiunta la prova della sussistenza dei presupposti di operatività dell’invocato istituto della continuazione.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 06/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME