Medesimo Disegno Criminoso: La Cassazione Chiarisce i Limiti per la Continuazione
La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Settima Penale, offre un’importante lezione sull’applicazione dell’istituto della continuazione tra reati, in particolare quando si tratta di reati associativi. Il cuore della questione ruota attorno alla definizione e prova del medesimo disegno criminoso, un concetto fondamentale per ottenere un trattamento sanzionatorio più mite. Vediamo come i giudici hanno affrontato un caso complesso che vedeva un soggetto partecipe a due distinte organizzazioni criminali.
I Fatti del Caso
Un individuo, già condannato con due sentenze definitive, ha presentato ricorso alla Corte di Appello, in qualità di giudice dell’esecuzione, per chiedere l’applicazione della disciplina della continuazione (art. 81 c.p.) tra i reati per cui era stato giudicato.
Le due condanne riguardavano:
1. Partecipazione a un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, con reati commessi tra il 2007 e il giugno 2008 in diverse città italiane.
2. Partecipazione a un’associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), con reati commessi fino al novembre 2013 in un’area geografica specifica.
L’imputato sosteneva che la sua partecipazione alla prima associazione fosse, di fatto, contenuta e assorbita dalla seconda, e che entrambe rientrassero in un unico contesto criminale. La Corte di Appello, tuttavia, aveva rigettato la sua richiesta, spingendolo a ricorrere in Cassazione.
La Decisione della Corte di Cassazione e il Medesimo Disegno Criminoso
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le doglianze manifestamente infondate. La decisione si allinea con un orientamento giurisprudenziale consolidato, ribadendo un principio chiave: l’identità del disegno criminoso deve essere rintracciabile sin dalla commissione del primo reato.
In altre parole, non è sufficiente che i reati siano simili o avvengano in un contesto generale affine. È necessario dimostrare che, al momento di entrare a far parte della prima associazione (quella dedita al narcotraffico), il soggetto avesse già pianificato e programmato la sua successiva partecipazione al secondo sodalizio (quello mafioso).
Le Motivazioni
La Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni precise e supportate da numerosi precedenti giurisprudenziali. I giudici hanno sottolineato che, nel caso di specie, mancavano elementi per affermare l’esistenza di un medesimo disegno criminoso originario. In particolare, il provvedimento impugnato aveva correttamente evidenziato che:
* Diversità dei soggetti: I due gruppi criminali erano costituiti da persone diverse.
* Differente ambito territoriale: Le due associazioni operavano in aree geografiche distinte.
Questi fattori oggettivi rendevano implausibile l’idea di un piano unitario concepito sin dall’inizio. La Corte ha richiamato le Sezioni Unite (sent. Gargiulo, n. 28659/2017), le quali hanno stabilito che l’unicità del disegno criminoso richiede una programmazione iniziale che abbracci tutti gli episodi delittuosi successivi. Non è possibile desumere tale unicità a posteriori solo dalla contiguità temporale o dalla natura dei reati.
La partecipazione a un’associazione criminale è un reato permanente che si protrae nel tempo. Per poter applicare la continuazione tra la partecipazione a due diverse associazioni, bisognerebbe provare che l’agente, sin dal suo ingresso nella prima, avesse già deliberato di far parte anche della seconda. Una prova che, in questo caso, non è stata fornita.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma la rigorosa interpretazione della Cassazione riguardo ai requisiti per il riconoscimento del medesimo disegno criminoso. La decisione sottolinea che l’applicazione dell’art. 81 del codice penale non è automatica, ma richiede una prova concreta e specifica della programmazione unitaria di più reati fin dal principio. Per i reati associativi, ciò significa dimostrare che la partecipazione a diversi sodalizi fosse parte di un unico progetto criminale originario, un onere probatorio particolarmente gravoso. La semplice appartenenza a contesti criminali contigui o successivi nel tempo non è, di per sé, sufficiente a integrare questo requisito fondamentale.
Quando si può applicare la continuazione tra più reati associativi?
La continuazione si può applicare solo se si dimostra che l’agente, sin dal momento della sua partecipazione alla prima associazione, aveva già programmato di costituire o partecipare anche al secondo sodalizio criminale.
È sufficiente che due associazioni criminali operino in contesti simili per riconoscere il medesimo disegno criminoso?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che non è sufficiente. Devono esserci elementi concreti che provino un’unica programmazione iniziale, specialmente quando, come nel caso di specie, i due gruppi sono composti da soggetti diversi e operano in territori differenti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta il rigetto del ricorso senza un esame nel merito delle questioni sollevate. La decisione impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, di una somma in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21731 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21731 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Rilevato che la Corte di Appello di Catania, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di NOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra i reati oggetto dei seguenti provvedimenti:
-sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Catania il 2/10/2014, irrevocabile il 14/12/2016, per i reati di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. 309 del 1990 commessi a Catania, Napoli e Bologna dal 2007 al giugno 2008;
-sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Catania il 30/6/2021, irrevocabile il 23/2/2022, per il reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. commesso a Catania e zone pedemontane, nonché nei territori del litorale jonico, sino al novembre 2013;
Rilevato che con il ricorso si denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 81 cod. pen. evidenziando che la conclusione sarebbe errata in quanto la Corte territoriale non avrebbe adeguatamente tenuto conto che le due associazioni erano inserite nel medesimo contesto e che la partecipazione a una è interamente contenuta nell’altra;
Rilevato che le doglianze oggetto del ricorso sono manifestamente infondate in quanto il provvedimento impugnato, conformandosi alla pacifica giurisprudenza di legittimità sul punto, ha adeguatamente motivato in ordine alla necessità che l’identità del disegno criminoso debba essere rintracciabile sin dalla commissione del primo reato e come questo non sia desumibile nel caso di specie nel quale non vi sono elementi dai quali risulti che all’atto della partecipazione alla prima associazione fosse già stata programmata la costituzione ovvero la partecipazione al secondo sodalizio, ciò anche, come indicato nel provvedimento impugnato, che i due gruppi erano costituiti da soggetti diversi e operavano in differenti ambiti territoriali (cfr..Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 1, n. 13971 del 30/3/2021, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B, Rv. 260896 – 01; con riferimento al reato associativo e ai reati fine Sez. 1, n. 39858 del 28/04/2023, COGNOME, Rv. 285369 – 01; specifiche sul punto Sez. 4, n. 3337 del 22/12/2016, dep. 23/01/2017, COGNOME, Rv. 268786 – 01 e ancora quanto ai reati associativi Sez. 5, n. 20900 del 26/04/2021, COGNOME, Rv. 281375 – 01; Sez. 6, n. 51906 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271569 01);
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le doglianze sono manifestamente infondate e in parte tese a sollecitare una diversa e
alternativa lettura che non è consentita in questa sede (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv 280601);
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18/4/2024