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Disegno criminoso: quando si applica la continuazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento del ‘disegno criminoso’ per più reati. L’ordinanza ribadisce che per applicare la continuazione non basta una generica propensione a delinquere, ma serve la prova di un piano unitario, preordinato e specifico, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile se logicamente motivata.

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Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Continuazione: La Cassazione Chiarisce i Limiti

L’istituto della continuazione, previsto dall’art. 81 del codice penale, permette di unificare più reati sotto un’unica pena più mite, a condizione che siano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa si intende esattamente con questa espressione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i criteri distintivi tra un piano criminale preordinato e una semplice propensione a delinquere.

Il Caso: Ricorso Contro il Diniego della Continuazione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un soggetto contro un’ordinanza del GIP del Tribunale di Roma. Il giudice aveva negato la richiesta di applicare il vincolo della continuazione a una serie di illeciti, ritenendo che non fossero riconducibili a un unico e originario progetto criminale.

L’imputato, attraverso il suo legale, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la decisione del GIP fosse errata e che gli elementi a disposizione dimostrassero l’esistenza di un disegno criminoso unitario.

I Criteri per Accertare il Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. L’esistenza di un disegno criminoso richiede che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato, fin dall’inizio, una serie di condotte criminose specifiche, almeno nelle loro linee essenziali. Questo concetto si distingue nettamente dal ‘programma di vita delinquenziale’, che esprime solo una generica tendenza alla devianza, la quale si concretizza in reati occasionali e non pianificati.

Per accertare la presenza di un piano unitario, il giudice deve compiere una verifica approfondita basata su indicatori concreti, tra cui:
* Omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* Contiguità spazio-temporale tra i reati.
Modalità della condotta (il cosiddetto modus operandi*).
* Sistematicità e abitudini di vita.

È importante sottolineare che non è necessaria la presenza di tutti questi elementi contemporaneamente. È sufficiente che alcuni di essi, purché significativi, convincano il giudice dell’esistenza di un piano preordinato.

La Decisione della Corte e il Ruolo del Giudice di Merito

Nel caso specifico, la Cassazione ha stabilito che la valutazione sull’esistenza o meno di un disegno criminoso è un apprezzamento di fatto che spetta esclusivamente al giudice di merito (in questo caso, il GIP in sede di esecuzione). Questo giudizio non può essere riesaminato in sede di legittimità, a meno che non sia viziato da contraddizioni evidenti o da illogicità manifeste nella motivazione.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto che il giudice dell’esecuzione avesse correttamente esercitato il suo potere discrezionale, spiegando in modo logico e coerente le ragioni per cui, nella fattispecie, doveva escludersi l’esistenza di un originario disegno criminoso. I reati contestati erano stati giudicati ‘tangibilmente eterogenei’ e frutto di determinazioni estemporanee piuttosto che di un’unica programmazione iniziale. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché mirava a ottenere una nuova e non consentita valutazione dei fatti, compito che esula dalle funzioni della Corte di Cassazione.

Le conclusioni

L’ordinanza conferma un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione, non è sufficiente dimostrare di aver commesso più reati, anche se simili tra loro e ravvicinati nel tempo. È necessario provare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. La valutazione di questa prova è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito, la cui decisione, se ben motivata, è difficilmente attaccabile in Cassazione. La decisione ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Qual è la differenza tra ‘disegno criminoso’ e una generica propensione a delinquere?
Il disegno criminoso implica che l’agente abbia pianificato in anticipo una serie di specifici reati, mentre la propensione a delinquere è una tendenza generale a commettere reati che si manifesta in base alle occasioni, senza una programmazione unitaria a monte.

Quali sono gli indicatori utilizzati per riconoscere un disegno criminoso?
I giudici valutano diversi indicatori, come l’omogeneità dei reati, la vicinanza nel tempo e nello spazio, l’identità del modus operandi, la sistematicità delle condotte e la partecipazione degli stessi soggetti. Non è necessario che siano presenti tutti, ma quelli presenti devono essere significativi.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la valutazione sull’esistenza di un disegno criminoso è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della decisione è manifestamente illogica o contraddittoria, cosa che non è stata riscontrata in questo caso, dove il giudice aveva adeguatamente spiegato perché i reati fossero eterogenei e non parte di un piano unico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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