Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6647 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6647 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 24/10/1983
avverso l’ordinanza del 27/09/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letto il ricorso; rilevato che:
in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., «postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420);
«il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
rilevano, ai fini della prova dell’esistenza del medesimo disegno criminoso l’unitarietà del contesto e della spinta a delinquere, la brevità del lasso temporale che separa i diversi episodi, l’identica natura dei reati, l’analogia del “modus operandi” e la costante compartecipazione dei medesimi soggetti, non essendo necessaria la contemporanea ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098; Sez. 2, n. 10539 del 10/02/2023, COGNOME, Rv. 284652);
l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
ritenuto che:
nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione ha escluso la riconducibilità al medesimo disegno criminoso dei reati per cui il ricorrente è stato condannato tenuto conto della mancata allegazione di elementi idonei a supportare la richiesta, della rilevante cesura temporale tra i fatti, di un significativo periodo d detenzione tra alcuni episodi delittuosi ed altri, dell’eterogeneità di alcuni reati per i quali il ricorrente ha riportato condanna della emersione, piuttosto che di un unitario disegno criminoso, di una tendenziale inclinazione a delinquere;
a fronte di tali lineari considerazioni, il ricorrente ha addotto la carenza di motivazione e lamentato un mancato confronto con le sentenze di cognizione allegando, tuttavia, una serie di circostanze fattuali insuscettibili di essere prese in considerazione in questa sede di legittimità;
in tal senso vanno intesi i riferimenti alla funzione dei documenti falsi nella disponibilità del condannato;
si tratta dell’unica circostanza segnalata dal ricorrente che, siccome meramente fattuale e generica, non vale, in alcun modo, a comprovare l’illegittimità delle argomentazioni svolte dal giudice dell’esecuzione, il quale ha chiarito, nell’esercizio del discrezionale apprezzamento delle vicende sottoposte al suo vaglio e senza incorrere in contraddizioni o in affermazioni manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, nella fattispecie, di un riconoscibile, originario disegno criminoso;
considerato che pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
In caso di diffusione del presente o identificativi a norma generalità e gli altri dati
Così deciso il 16/1/2025