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Disegno criminoso: quando non sussiste il reato unico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata che chiedeva il riconoscimento di un unico disegno criminoso per una serie di reati contro il patrimonio. La Corte ha stabilito che la notevole distanza temporale (sette anni) e la disomogeneità geografica dei luoghi in cui sono stati commessi i reati precludono la possibilità di configurare un piano unitario e preventivo, nonostante la somiglianza dei crimini. Il ricorso è stato respinto per mancanza di elementi concreti a sostegno della tesi di un’unica programmazione criminosa.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno criminoso: la Cassazione chiarisce i limiti del reato continuato

Il concetto di disegno criminoso è fondamentale nel diritto penale per stabilire se una serie di reati possa essere considerata come un’unica entità (reato continuato) o come episodi criminali distinti e separati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i criteri per la sua configurazione, sottolineando che la semplice somiglianza dei reati o del movente non è sufficiente. Analizziamo questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da una persona contro un’ordinanza del Tribunale di Genova. La ricorrente chiedeva che diversi reati contro il patrimonio, oggetto di quattro distinte sentenze e commessi in un arco temporale molto ampio (dal luglio 2012 all’agosto 2019), venissero unificati sotto il vincolo del reato continuato. La tesi difensiva si basava sull’idea che tutti i reati fossero riconducibili a un unico e medesimo disegno criminoso.

La nozione di Disegno Criminoso e i suoi requisiti

Perché si possa parlare di reato continuato, è necessario che l’agente abbia programmato, almeno nelle sue linee essenziali, una serie di violazioni della legge penale fin dal momento in cui ha commesso la prima. Non si tratta di una generica inclinazione a delinquere, ma di una deliberazione preventiva e unitaria. La giurisprudenza, consolidata da tempo, richiede la prova di elementi specifici e concreti che dimostrino l’esistenza di questo piano originario. L’onere di fornire tale prova spetta a chi richiede il riconoscimento del vincolo della continuazione.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della ricorrente manifestamente infondate. La decisione si basa su tre pilastri fondamentali:

1. Il Lasso Temporale: Un periodo di ben sette anni tra il primo e l’ultimo reato è stato considerato eccessivamente lungo per poter sostenere l’esistenza di un piano unitario concepito fin dall’inizio. Un intervallo così ampio rende inverosimile una programmazione preventiva.

2. La Disomogeneità Geografica: I reati erano stati commessi in luoghi diversi, un altro fattore che, secondo i giudici, indebolisce l’ipotesi di un’unica strategia criminale e suggerisce piuttosto scelte contingenti e occasionali.

3. L’Assenza di Prova di un Piano Unitario: La ricorrente non ha fornito alcun elemento concreto per dimostrare l’esistenza di un progetto criminoso iniziale. La Corte ha ribadito che l’omogeneità del tipo di reato (in questo caso, contro il patrimonio) e del movente (il profitto) non sono di per sé sufficienti. Questi elementi, infatti, possono essere semplici indici di un’abitudine a delinquere o di uno stile di vita, piuttosto che l’attuazione di un piano prestabilito. Invocare una nuova valutazione dei fatti, peraltro, non è consentito in sede di legittimità.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione rafforza un principio cardine: per ottenere il beneficio del reato continuato, non basta evidenziare la serialità o la somiglianza delle condotte criminali. È indispensabile dimostrare, con elementi concreti e specifici, che tutti i reati erano parte di un programma deliberato prima della commissione del primo illecito. La decisione serve da monito: la semplice ripetizione di reati dello stesso tipo, spinta da un generico fine di lucro, configura un’abitualità nel reato, non un unico disegno criminoso.

Che cos’è il disegno criminoso e perché è importante?
È un piano criminale unitario e preordinato che lega più reati. La sua esistenza è fondamentale per poter applicare l’istituto del reato continuato, che permette di considerare le diverse violazioni come un unico reato, con un trattamento sanzionatorio più mite.

Perché la Corte di Cassazione ha negato il riconoscimento del disegno criminoso in questo caso?
La Corte lo ha negato principalmente a causa dell’ampio lasso temporale (sette anni) tra i reati e della diversità dei luoghi in cui sono stati commessi. Questi elementi, secondo i giudici, sono incompatibili con l’idea di un piano unitario e preventivo.

La somiglianza tra i reati commessi è sufficiente per dimostrare un unico disegno criminoso?
No. Secondo la sentenza, l’identità o l’analogia dei reati (ad esempio, tutti reati contro il patrimonio) e del movente (come il fine di lucro) non sono sufficienti. Tali elementi possono indicare un’abitudine a delinquere, ma non provano di per sé l’esistenza di una programmazione unitaria e preventiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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