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Disegno criminoso: quando non sussiste continuità

Un soggetto ricorre in Cassazione sostenendo l’esistenza di un unico disegno criminoso tra due reati commessi a distanza di anni: una calunnia nel 2009 e una truffa nel 2011. La Corte Suprema ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. Ha stabilito che il notevole lasso temporale, la diversità dei luoghi e le differenti modalità operative sono elementi incompatibili con l’esistenza di un disegno criminoso unitario, necessario per configurare il reato continuato.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: I Limiti del Reato Continuato Secondo la Cassazione

L’istituto del reato continuato, basato sull’esistenza di un unico disegno criminoso, rappresenta una delle figure più complesse e dibattute del diritto penale. Esso consente di unificare, ai fini della pena, più reati commessi in attuazione di un medesimo programma. Ma quali sono i criteri per stabilire se ci si trova di fronte a un’unica ideazione o a reati distinti e autonomi? Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini di questo istituto, chiarendo che elementi come il tempo, il luogo e il modus operandi sono decisivi per escluderne l’applicazione.

I Fatti del Caso: Due Reati Distinti nel Tempo e nello Spazio

Il caso sottoposto all’esame della Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un individuo condannato per due episodi criminali distinti. Il primo reato, una calunnia, consisteva nella falsa denuncia di smarrimento di un assegno, commessa in un comune emiliano nel giugno del 2009. Il secondo, avvenuto oltre due anni dopo, nel periodo luglio-agosto 2011, consisteva in una simulazione di reato e truffa, perpetrati in due diverse città, Modena e Udine.

La Tesi del Ricorrente e il Concetto di Disegno Criminoso

Il ricorrente sosteneva che i due episodi, sebbene diversi per natura e distanti nel tempo, fossero in realtà riconducibili a un disegno criminoso unitario. Secondo la sua difesa, entrambi i reati facevano parte di un unico piano premeditato, volto a ottenere un illecito profitto. L’accoglimento di questa tesi avrebbe comportato l’applicazione della disciplina del reato continuato, con un conseguente trattamento sanzionatorio più mite, ossia l’applicazione della pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, definendolo ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno sottolineato come l’ordinanza impugnata avesse già correttamente evidenziato l’insussistenza di un disegno criminoso comune. La decisione si fonda su tre pilastri argomentativi, in linea con la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite (sentenza n. 28659/2017).

1. Il Lasso Temporale: Un intervallo di oltre due anni tra un reato e l’altro è stato ritenuto un ‘notevole lasso temporale’, difficilmente compatibile con un piano unitario e predefinito.
2. La Diversità dei Luoghi: I reati sono stati commessi in luoghi diversi e distanti, un altro elemento che indebolisce la tesi di un’unica programmazione.
3. Le Differenti Modalità Operative: Le modalità di esecuzione dei crimini erano diverse, suggerendo l’assenza di una strategia comune e preordinata.

Distinzione tra Movenza Pratica e Unicità del Piano

Un punto cruciale della motivazione riguarda la distinzione tra il ‘movente pratico’ (come il fine di lucro) e l”unicità del disegno criminoso’. La Corte chiarisce che la semplice identità della spinta a delinquere – ad esempio, la volontà di ottenere un profitto – non è sufficiente per configurare la continuazione. Ciò che la legge richiede è un’unica ideazione che abbracci sin dall’inizio tutti gli episodi delittuosi, come tappe di un unico percorso criminale.

le motivazioni

La Corte ha ritenuto che gli argomenti del ricorrente fossero, in sostanza, una richiesta di nuova valutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La decisione della Corte d’Appello è stata giudicata corretta, logica e ben argomentata, poiché ha giustamente valorizzato gli elementi oggettivi (tempo, luogo, modalità) come indicatori dell’assenza di un piano unitario. La radicale diversità tra le condotte e le circostanze in cui sono state poste in essere è incompatibile con l’idea di un programma criminoso concepito in un unico momento.

le conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per riconoscere il disegno criminoso, non basta una generica inclinazione a delinquere o la reiterazione di reati mossi da un simile fine. È necessaria la prova di un’unica e preventiva deliberazione che leghi tutte le violazioni. La decisione della Cassazione, quindi, serve da monito sulla rigorosa interpretazione dei criteri di individuazione del reato continuato, confermando che la sua applicazione non può essere estesa a situazioni in cui manchi una chiara e dimostrabile unità di programmazione.

Quando si può parlare di ‘disegno criminoso’ tra più reati?
Si può parlare di disegno criminoso quando esiste un piano unitario, ideato prima della commissione del primo reato, che lega tra loro tutte le successive violazioni come parte di un unico programma. Non è sufficiente che i reati siano mossi da un fine generico, come quello di lucro.

Quali elementi oggettivi possono escludere l’esistenza di un unico disegno criminoso?
Secondo la Corte, elementi come un notevole lasso temporale tra i fatti, la commissione dei reati in luoghi diversi e l’adozione di differenti modalità operative sono forti indicatori che contraddicono l’esistenza di un’unica ideazione e, di conseguenza, escludono la configurabilità del reato continuato.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure sollevate dal ricorrente non denunciavano una violazione di legge, ma chiedevano una nuova valutazione dei fatti. Tale attività non è consentita in sede di legittimità, dove la Corte può solo verificare la corretta applicazione del diritto e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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