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Disegno Criminoso: quando non si applica tra reati

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31207/2024, ha stabilito che non è possibile applicare l’istituto della continuazione e del disegno criminoso tra reati eterogenei, come detenzione di stupefacenti, furto e incendio, se manca la prova di un programma criminale unitario e preordinato, non essendo sufficiente una generica propensione a delinquere del reo.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Limiti e Requisiti secondo la Cassazione

L’applicazione dell’istituto della continuazione, basato sull’esistenza di un disegno criminoso unitario, è un tema centrale nel diritto penale perché incide direttamente sulla determinazione della pena. Ma quando è possibile affermare che più reati, anche diversi tra loro, nascono da un’unica programmazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti, distinguendo un vero piano criminale da una semplice inclinazione a delinquere.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un soggetto condannato per una serie di reati commessi a breve distanza di tempo. In particolare, l’imputato era stato accusato di detenzione di sostanze stupefacenti in una certa data e, pochi giorni dopo, di furto, incendio e altri illeciti. L’interessato aveva chiesto alla Corte d’Appello di riconoscere la continuazione tra i diversi reati, sostenendo che fossero tutti parte di un unico disegno criminoso. A suo avviso, l’unicità era dimostrata dal contesto in cui i reati erano maturati, dalla vicinanza temporale e spaziale e dal fatto che egli facesse parte di un gruppo dedito a svariate attività illecite, connesse alla criminalità locale. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto la richiesta, ritenendo non provata l’esistenza di un piano unitario.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concetto di disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. I giudici hanno sottolineato che il ricorso era manifestamente infondato, poiché non riusciva a scalfire la logicità e correttezza dell’ordinanza impugnata. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: per aversi un disegno criminoso, non è sufficiente una mera concomitanza temporale dei reati o una generica “spinta delinquenziale” del soggetto. È invece necessaria la prova di una programmazione unitaria e originaria, almeno nelle sue linee generali, che colleghi causalmente i diversi episodi criminali.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra un piano criminale preordinato e una semplice “scelta di vita” dedita all’illegalità. Nel caso specifico, i giudici hanno evidenziato l’assoluta eterogeneità dei reati commessi: da un lato, il trasporto di un quantitativo di marijuana; dall’altro, l’incendio dell’auto di un’altra persona, il furto del combustibile necessario e la spendita di monete false. Secondo la Corte, non vi era alcun elemento per desumere che, nel momento in cui organizzava il trasporto dello stupefacente, il ricorrente avesse già programmato, anche solo a grandi linee, le successive e diverse condotte illecite. La diversità delle causali, delle modalità esecutive e la totale assenza di omogeneità tra i reati sono state considerate prove logiche dell’insussistenza di un’unica matrice programmatoria. La condotta del soggetto è stata piuttosto interpretata come espressione di una “propensione alla devianza che si concretizza di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali”. In altre parole, si è trattato di crimini occasionali e non delle tappe di un unico progetto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un importante principio interpretativo: il riconoscimento della continuazione tra reati richiede un’indagine rigorosa sulla reale esistenza di un disegno criminoso originario. Una generica inclinazione a commettere reati o la loro vicinanza nel tempo non bastano. È necessario che emergano elementi concreti e specifici dai quali si possa dedurre che l’agente abbia concepito e deliberato un piano che comprendesse, fin dall’inizio, la commissione dei diversi illeciti. Questa pronuncia serve da monito: la valutazione deve essere basata su prove fattuali di una programmazione unitaria, distinguendo nettamente le scelte criminali estemporanee da un progetto delinquenziale organico e premeditato.

Quando si può parlare di “disegno criminoso” tra più reati?
Si può parlare di disegno criminoso quando esiste la prova di una programmazione unitaria e originaria, almeno nelle linee essenziali, che lega i vari reati. Questi ultimi devono essere stati concepiti come parte di un unico piano fin dall’inizio, non essendo sufficiente che siano commessi dalla stessa persona in un breve arco di tempo.

La vicinanza di tempo e luogo tra due reati è sufficiente a dimostrare un disegno criminoso?
No, secondo la Corte la mera concomitanza temporale e spaziale dei reati non è di per sé sufficiente. È necessario dimostrare che i reati sono l’attuazione di un piano premeditato, e non semplicemente il risultato di una generica spinta a delinquere che si manifesta in occasioni diverse.

Cosa distingue un disegno criminoso da una generica “scelta di vita” criminale?
Il disegno criminoso implica un progetto specifico e preordinato che include la commissione di più reati come sue tappe. Una generica “scelta di vita” criminale o una propensione alla devianza, invece, si manifesta in reati occasionali, non legati da un piano comune, ma commessi cogliendo le singole opportunità che si presentano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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