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Disegno criminoso: quando non si applica la continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento del medesimo disegno criminoso per una serie di reati. La Corte ha ribadito che la continuazione richiede un’unica programmazione iniziale dei delitti, distinguendola da una generica ‘scelta di vita deviante’ che si manifesta in reati occasionali. Poiché il ricorso si limitava a contestare la valutazione dei fatti del giudice di merito senza sollevare vizi di legge, è stato respinto.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Medesimo Disegno Criminoso: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Continuazione

L’applicazione della continuazione nel reato, disciplinata dall’art. 81 del codice penale, è un beneficio che presuppone un disegno criminoso unitario, ovvero una programmazione iniziale di più illeciti. Ma cosa succede quando i reati sembrano piuttosto il frutto di una generica propensione a delinquere? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti, distinguendo nettamente tra un piano premeditato e una semplice ‘scelta di vita deviante’.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato avverso un’ordinanza del Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo aveva negato l’applicazione del vincolo della continuazione tra i vari reati commessi dal ricorrente. Secondo il giudice, la natura e la tempistica dei reati non indicavano l’esistenza di un piano unitario, ma piuttosto una scelta di vita orientata alla commissione di illeciti, cogliendo le opportunità che si presentavano di volta in volta. Il condannato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando vizi di motivazione e violazione di legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno ritenuto che le argomentazioni del ricorrente fossero meramente ‘confutative’, cioè miravano a contestare l’apprezzamento dei fatti operato dal giudice di merito, senza però individuare specifiche violazioni di legge o vizi logici nella motivazione. La decisione impugnata è stata giudicata congrua, lineare e priva di contraddizioni.

Le Motivazioni: la distinzione tra disegno criminoso e scelta di vita

Il cuore della pronuncia risiede nella chiara demarcazione tra il concetto di disegno criminoso e quello di ‘programma di vita delinquenziale’. La Corte ha ribadito principi consolidati, specificando che per aversi continuazione è necessario che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato preventivamente una serie di condotte criminose, programmandole almeno nelle loro linee essenziali prima di commettere il primo reato.

Questo non si identifica con:

* Una generica propensione alla devianza: La scelta di vivere commettendo reati non predeterminati, ma realizzati in base a occasioni e opportunità, non costituisce un disegno criminoso.
* La mera ripetizione di reati simili: L’identica natura dei reati o un modus operandi analogo non sono, da soli, sufficienti a provare l’esistenza di un piano unitario.

La Cassazione ha sottolineato che la valutazione si basa su un’analisi approfondita di una serie di indicatori concreti, tra cui l’omogeneità delle violazioni, la contiguità spaziale e temporale, le causali, le modalità della condotta e la sistematicità delle abitudini di vita. Tuttavia, la presenza di alcuni di questi indici non è determinante se i reati successivi risultano essere il frutto di una ‘determinazione estemporanea’.

Nel caso specifico, il giudice dell’esecuzione aveva correttamente escluso la continuazione basandosi proprio sulla natura assorbente del fattore temporale e sulla sintomaticità dei reati come espressione di una scelta di vita deviante. Il ricorrente, d’altra parte, non è riuscito a indicare quale fosse lo scopo unitario che legava le sue condotte e che il giudice avrebbe omesso di considerare.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: per ottenere il beneficio della continuazione, non è sufficiente dimostrare che più reati siano stati commessi dalla stessa persona, anche se in un arco di tempo ravvicinato e con modalità simili. È onere dell’imputato o del condannato fornire elementi concreti che provino l’esistenza di una programmazione iniziale, di un piano unitario che abbracciava tutte le condotte illecite fin dal principio. In assenza di tale prova, i reati saranno considerati come espressione di scelte autonome e occasionali, seppur inserite in un contesto di vita incline al crimine, e non potranno godere del più favorevole trattamento sanzionatorio previsto per il reato continuato.

Qual è la differenza tra un ‘medesimo disegno criminoso’ e uno ‘stile di vita delinquenziale’?
Il ‘medesimo disegno criminoso’ implica che una serie di reati sia stata programmata, almeno nelle linee essenziali, prima della commissione del primo. Lo ‘stile di vita delinquenziale’ si riferisce invece a una generica propensione a commettere reati non predeterminati, sfruttando le occasioni che si presentano, senza un piano unitario iniziale.

Quali sono gli indicatori per riconoscere un disegno criminoso?
Gli indicatori includono l’omogeneità delle violazioni, la vicinanza nel tempo e nello spazio, l’identità della natura dei reati, l’analogia del modus operandi e la costante partecipazione dei medesimi soggetti. Tuttavia, la loro presenza non è sufficiente se i reati sono frutto di una decisione estemporanea.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche del ricorrente si limitavano a contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice dell’esecuzione, senza evidenziare veri e propri errori di diritto o vizi logici nella motivazione. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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