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Disegno criminoso: quando non si applica la continuazione

Un soggetto condannato per associazione mafiosa e due omicidi ha richiesto l’applicazione della continuazione tra tutti i reati. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il riconoscimento di un unico disegno criminoso richiede che i reati-fine siano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dall’adesione al sodalizio. Un omicidio commesso per circostanze occasionali e non prevedibili non può essere considerato parte del piano originario.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Reato Associativo: la Cassazione fissa i paletti

Il concetto di disegno criminoso rappresenta un cardine del diritto penale, essenziale per l’applicazione dell’istituto della continuazione tra reati, che consente di mitigare la pena complessiva. Ma cosa accade quando i reati sono commessi nell’ambito di un’associazione mafiosa? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 20707/2024) ha fornito chiarimenti cruciali, distinguendo tra i delitti programmati sin dall’inizio e quelli che nascono da circostanze occasionali e imprevedibili. Analizziamo la decisione per comprendere i limiti di questo importante principio.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato riguarda un soggetto condannato per una serie di gravissimi reati in due distinti procedimenti. Le condanne includevano l’associazione di tipo mafioso (a partire da ottobre 2012), un primo omicidio aggravato commesso nell’agosto 2013 e un secondo omicidio, anch’esso aggravato, perpetrato nell’aprile 2014.

In fase di esecuzione, l’interessato ha richiesto al giudice di applicare la disciplina della continuazione, sostenendo che tutti i reati fossero frutto di un unico disegno criminoso, ideato al momento della sua affiliazione al clan. Mentre i giudici avevano già riconosciuto il legame tra il reato associativo e il primo omicidio, la richiesta è stata respinta per quanto riguarda il secondo omicidio, avvenuto a otto mesi di distanza dal primo. Il condannato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio fondamentale: per poter configurare la continuazione tra il reato associativo e i cosiddetti ‘reati fine’, è indispensabile che questi ultimi siano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dal momento costitutivo del sodalizio criminoso.

Le Motivazioni sul Disegno Criminoso

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra la programmazione originaria e gli sviluppi contingenti dell’attività criminale. La Corte ha evidenziato come l’omicidio del 2014 non fosse il risultato di una strategia operativa pianificata sin dal 2012.

Al contrario, la sua ideazione era nata da eventi successivi e imprevedibili: la scarcerazione della vittima, avvenuta pochi giorni prima del delitto, e il suo comportamento, percepito come ‘ribelle’ e minaccioso per gli equilibri di potere interni al clan. Questi elementi hanno conferito al delitto una natura ‘occasionale ed estemporanea’, slegandolo dal programma criminale iniziale.

Secondo la Cassazione, non è sufficiente che un reato-fine rientri genericamente nell’ambito delle attività del sodalizio e sia finalizzato al suo rafforzamento. È necessario dimostrare che esso fosse programmabile ab origine, ovvero immaginabile e deliberato, seppur a grandi linee, al momento iniziale dell’associazione. I reati legati a circostanze contingenti, occasionali e non immaginabili all’inizio, non possono essere avvinti dal vincolo della continuazione con il patto associativo originario.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. La Cassazione chiarisce che l’adesione a un’associazione criminale non crea automaticamente un disegno criminoso onnicomprensivo per qualsiasi reato futuro. La prova dell’unicità del piano delinquenziale deve essere rigorosa e non può presumersi. I delitti che scaturiscono da nuove e imprevedibili dinamiche criminali, anche se commessi a breve distanza di tempo, devono essere considerati autonomi dal punto di vista della programmazione e, di conseguenza, non possono beneficiare del più favorevole trattamento sanzionatorio previsto per il reato continuato.

Quando si può applicare la continuazione tra un reato associativo e i reati commessi dal gruppo?
La continuazione si applica solo se i reati-fine (come omicidi o estorsioni) sono stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, sin dal momento in cui il soggetto ha aderito all’associazione criminale. Non basta che siano coerenti con gli scopi del gruppo.

Un omicidio commesso per ragioni occasionali rientra nel medesimo disegno criminoso?
No. Secondo la sentenza, un omicidio che nasce da circostanze contingenti e imprevedibili al momento dell’adesione al sodalizio, come la scarcerazione di un rivale e il suo comportamento successivo, ha una natura occasionale e non può essere considerato parte del piano originario.

Quali sono gli indizi di un unico disegno criminoso?
La giurisprudenza individua diversi elementi, tra cui la vicinanza temporale, la stessa causale, le medesime condizioni di tempo e luogo e l’omogeneità delle condotte. Tuttavia, questa sentenza sottolinea che l’elemento decisivo per i reati-fine di un’associazione è la loro programmabilità sin dall’inizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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