Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20707 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20707 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/02/2023 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/~ita le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 3 febbraio 2023 della Corte di assise di appello di Napoli che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
ai reati di omicidio aggravato, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo con l’aggravante della c.d. agevolazione mafiosa, ai sensi degli artt. 575, 577, primo comma, n. 3, e 416-bis.1 cod. pen., 10, 12 e 14 legge 14 ottobre 1974, n. 497, commessi il 10 aprile 2014 in Napoli, giudicati dalla Corte di assise di appello di Napoli con sentenza del 26 maggio 2021, definitiva il 16 ottobre 2021;
ai reati di associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti con l’aggravante della c.d. agevolazione mafiosa, ai sensi degli artt. 416-bis cod. pen., 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203), commessi da ottobre 2012 con condotta perdurante, e i reati di omicidio aggravato, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo con l’aggravante della c.d. agevolazione mafiosa, ai sensi degli artt. 575, 577, primo comma, n. 3, cod. pen., 7 d.l. n. 152 del 1991, 10, 12 e 14 legge 14 ottobre 1974, commessi il 7 agosto 2013 in Napoli, giudicati dalla Corte di assise di appello di Napoli con sentenza del 15 aprile 2019, definitiva il 20 febbraio 2020.
Il ricorrente denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di considerare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, tra i quali l’omogeneità dei reati, il breve arco temporale nel quale erano state poste in essere le condotte e le medesime modalità esecutive delle condotte.
Inoltre, dalla lettura delle sentenze di condanna, si evincerebbe che COGNOME, già al momento della sua affiliazione all’associazione, aveva manifestato la volontà di porre in essere tutte le condotte illecite programmate nell’ambito del sodalizio, tra le quali quelle che hanno determinato gli omicidi di COGNOME NOME in data 7.8.2013 e di COGNOME NOME in data 10.4.2014.
Il ricorrente, quindi, non comprende le motivazioni in forza delle quali il giudice dell’esecuzione ha ritenuto condivisibili le argomentazioni fornite dal giudice della cognizione, che aveva riconosciuto il vincolo della continuazione tra il reato associativo e l’omicidio di COGNOME, ma non ha accolto la richiesta di
applicazione della disciplina della continuazione anche con riferimento all’omicidio di COGNOME, commesso a soli otto mesi di distanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, ha evidenziato che l’istanza difettava della prova circa la sussistenza dell’unicità del disegno criminoso, che ricorre quando i singoli reati costituiscono parte integrante di un unico programma deliberato fin dall’origine nelle linee essenziali per conseguire un determinato fine, al quale deve aggiungersi, volta per volta, l’elemento volitivo necessario per l’attuazione del programma delinquenziale: l’ordinanza impugnata, quindi, soddisfa i requisiti indispensabili per ritenere compiuta la verifica sull’eventuale sussistenza dell’unicità del medesimo disegno criminoso.
Non vi era, pertanto, la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, che la giurisprudenza di legittimità ha individuato nella vicinanza cronologica tra i fatti, nella causale, nelle condizioni di tempo e di luogo, nelle modalità delle condotte, nella tipologia dei reati, nel bene tutelato e nella omogeneità delle violazioni (Sez. 1, n. 12905 del 17/03/2010, COGNOME, Rv. 246838).
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che il giudice sub 2 aveva accertato che COGNOME era stato affiliato all’associazione di tipo mafioso riconducibile al c.d. clan RAGIONE_SOCIALE dal mese di ottobre 2012, con il ruolo della gestione del traffico illecito di sostanza stupefacente.
L’omicidio sub 1, invece, si era verificato il 10 aprile 2014 (dunque, a distanza di circa due anni) in forza di strategie operative non preventivabili nel momento storico nel quale COGNOME aveva deciso di aderire al sodalizio, posto che le causali e le circostanze nell’ambito delle quali l’omicidio di COGNOME era avvenuto non lasciavano presumere che tale azione delinquenziale fosse stata ideata, quantomeno nelle sue linee essenziali, sin da ottobre 2012.
Il giudice dell’esecuzione, infatti, richiamando sul punto la motivazione della sentenza della Corte di assise di appello del 29 maggio 2021, riguardante analoga questione relativa ai correi di COGNOME, ha evidenziato come la determinazione di uccidere COGNOME era nata solo a seguito della sua scarcerazione, avvenuta pochi giorni prima, sulla base del fatto che lo stesso avesse tramato insieme ai fratelli COGNOME e ai danni di COGNOME.
In senso ostativo al riconoscimento del vincolo della continuazione, inoltre, operava anche la particolare causale del delitto in esame rappresentata dal
comportamento di COGNOME, il quale avrebbe posto in essere un comportamento ribelle e desideroso di maggiore potere nell’ambito del contesto delinquenziale.
La natura del tutto occasionale ed estemporanea dell’omicidio, quindi, ha impedito in modo ineccepibile al giudice dell’esecuzione di accogliere l’istanza anche con riferimento all’omicidio sub 1 che, a differenza dell’omicidio sub 2, non era stato pianificato sin da ottobre 2012.
Il giudice dell’esecuzione, quindi, ha correttamente applicato al caso di specie il principio di diritto secondo il quale, con riferimento ai rapporti tra l’associazio per delinquere e i reati fine, la giurisprudenza, pur non escludendo in linea di principio la possibilità del riconoscimento del vincolo della continuazione tra gli stessi, richiede che i reati fine siano stati programmati nelle loro linee essenziali sin dal momento costitutivo del sodalizio criminoso (Sez. 1, n. 40318 del 04/07/2013, Corigliano, Rv. 257253).
Non è configurabile, infatti, la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio criminoso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano programmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, COGNOME Giudice, Rv. 275334-02).
In forza di quanto sopra, il ricorso deve essere rigettato. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31/01/2024