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Disegno criminoso: quando non si applica la continuazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di un Tribunale che negava l’applicazione della continuazione tra due reati di contraffazione. Nonostante la somiglianza dei crimini e la vicinanza temporale, i giudici hanno escluso l’esistenza di un unico disegno criminoso, ritenendo le condotte frutto di una generale propensione alla devianza e non di un piano unitario prestabilito. La sentenza distingue nettamente tra un progetto criminoso specifico e una generica abitudine a delinquere, sottolineando come le diverse modalità esecutive e i ruoli differenti nei due episodi fossero indicativi di determinazioni estemporanee.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Continuazione

L’applicazione della continuazione tra reati, prevista dall’art. 81 del codice penale, è uno strumento che consente un trattamento sanzionatorio più mite per chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua concessione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi criteri per il suo riconoscimento, distinguendo nettamente tra un piano criminale unitario e una semplice propensione a delinquere. Analizziamo la decisione per comprendere meglio questi confini.

I Fatti del Caso: Due Episodi di Contraffazione a Confronto

Il caso riguarda un soggetto condannato in due distinti procedimenti per reati legati alla contraffazione.

Nel primo episodio, risalente al febbraio 2016, l’imputato era stato condannato per aver trasportato, in concorso con altre persone, semilavorati destinati alla produzione di articoli di abbigliamento con marchi falsificati.

Poco più di un mese dopo, nell’aprile 2016, lo stesso soggetto veniva condannato nuovamente. Questa volta, però, era stato sorpreso a detenere da solo, presso la propria abitazione, prodotti finiti e contraffatti, recanti marchi diversi e ulteriori rispetto al primo episodio.

Di fronte a queste due sentenze definitive, la difesa aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione di riconoscere la continuazione, sostenendo che entrambi i reati rientrassero in un unico progetto: trarre profitto dalla commercializzazione di merce contraffatta.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. Secondo il giudice, nonostante l’identità dei reati contestati (artt. 474 e 648 c.p.), le condotte erano sostanzialmente diverse: la prima era una fase preliminare della produzione (trasporto di semilavorati) compiuta in gruppo; la seconda era una fase finale (detenzione di prodotti finiti) compiuta in solitaria. Queste differenze, unite ai numerosi precedenti penali dell’imputato per varie tipologie di reato, non dimostravano un unico disegno criminoso, ma piuttosto una generale tendenza alla devianza, concretizzata in base alle occasioni.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, insistendo sull’omogeneità delle condotte, sulla loro vicinanza temporale e spaziale e sull’unico scopo di lucro derivante dalla contraffazione.

Le Motivazioni della Cassazione: quando non c’è un unico disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando pienamente la valutazione del giudice dell’esecuzione. I giudici supremi hanno colto l’occasione per ribadire i principi fondamentali che regolano l’istituto della continuazione.

La Corte ha specificato che l’unicità del disegno criminoso non può essere confusa con un generico ‘programma di vita delinquenziale’. Non basta che i reati siano dello stesso tipo o commessi a breve distanza di tempo. È necessaria una ‘approfondita verifica’ che dimostri l’esistenza di una programmazione iniziale, deliberata prima della commissione del primo reato, che preveda la realizzazione di una pluralità di illeciti, anche se non definiti in ogni dettaglio.

Nel caso specifico, il Tribunale ha correttamente evidenziato che elementi come le diverse modalità di esecuzione, i ruoli differenti (in concorso prima, da solo poi) e le diverse fasi del ciclo di contraffazione (semilavorati contro prodotti finiti) indicavano scelte contingenti e non un piano unitario. La Corte ha ritenuto plausibile la conclusione che i reati fossero frutto di una determinazione estemporanea, piuttosto che tappe di un progetto criminoso precedentemente stabilito.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza un principio cruciale: per ottenere il beneficio della continuazione non è sufficiente dimostrare che più reati sono simili o legati da un generico fine economico. È onere della difesa fornire indicatori concreti (omogeneità delle violazioni, contiguità spazio-temporale, modalità della condotta, ecc.) che provino, senza ombra di dubbio, che i reati successivi erano già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo. In assenza di tale prova, i reati saranno considerati episodi distinti, frutto di autonome decisioni criminali, e sanzionati separatamente.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
La continuazione si applica quando più reati sono commessi in esecuzione di un medesimo, originario disegno criminoso. Questo significa che deve esistere un piano unitario, deliberato prima della commissione del primo reato, volto a compiere una serie di illeciti.

La somiglianza dei reati e la vicinanza nel tempo sono sufficienti per dimostrare un unico disegno criminoso?
No. Secondo la sentenza, l’identità o l’analogia dei reati e la loro vicinanza temporale e spaziale non sono, da sole, sufficienti. Sono necessari ulteriori e specifici indizi che dimostrino una programmazione previa delle condotte, altrimenti potrebbero essere considerate frutto di scelte contingenti.

Qual è la differenza tra un unico disegno criminoso e una generale propensione a delinquere?
Un unico disegno criminoso è un piano specifico e preordinato per commettere una pluralità di reati. Una generale propensione a delinquere, invece, è un’abitudine o una tendenza di un soggetto a risolvere i propri problemi commettendo reati in base alle occasioni che si presentano, senza un piano unitario a monte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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