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Disegno criminoso: quando non si applica la continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati. La Corte ha confermato che per riconoscere un unico disegno criminoso non basta la natura patrimoniale dei reati o una generica vicinanza temporale, ma serve la prova di un programma criminoso unitario e preordinato, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito se la motivazione è logica e congrua.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Continuazione: La Cassazione Sottolinea i Limiti

L’istituto della continuazione nel diritto penale, che permette di unificare più reati sotto un’unica pena più favorevole, si fonda su un presupposto essenziale: l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa significa concretamente? Con l’ordinanza n. 1703 del 2024, la Corte di Cassazione torna a precisare i confini di questo concetto, stabilendo che la semplice successione di reati, anche se simili, non è sufficiente a dimostrare un piano unitario. Vediamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato con tre sentenze separate per diversi reati. L’interessato si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo l’applicazione dell’articolo 671 del codice di procedura penale, ovvero il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati. L’obiettivo era ottenere una rideterminazione della pena complessiva, considerandola come frutto di un’unica ideazione criminale.

Tuttavia, il giudice dell’esecuzione aveva respinto la richiesta. La motivazione del rigetto si basava sull’assenza di elementi concreti che potessero far risalire i vari episodi criminosi a un’unica, originaria programmazione. In particolare, il giudice aveva evidenziato la disomogeneità delle condotte e il significativo distacco temporale e territoriale tra di esse, ritenendole frutto di decisioni estemporanee piuttosto che tappe di un piano preordinato.

I Principi sul Disegno Criminoso Richiamati dalla Corte

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia. Ha chiarito che il disegno criminoso non deve essere confuso con una generica ‘concezione di vita improntata all’illecito’. La reiterazione di crimini, infatti, può essere espressione di una scelta di vita e di sostentamento, penalizzata da altri istituti come la recidiva o l’abitualità, che operano in una logica opposta al favor rei della continuazione.

Perché si possa parlare di continuazione, è necessario dimostrare che l’agente abbia deliberato un unico programma criminoso per un fine determinato, progettando una serie di illeciti almeno nelle loro caratteristiche essenziali. La prova di tale preordinazione non può basarsi su mere congetture, ma deve fondarsi su indicatori concreti, tra cui:

* L’omogeneità delle violazioni e del bene giuridico protetto.
* La contiguità spazio-temporale.
* Le causali e le modalità della condotta.
* La sistematicità e le abitudini di vita programmate.

La Corte ha specificato che non è necessaria la presenza di tutti questi indicatori, ma è sufficiente che ve ne siano alcuni significativi.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile, giudicando la motivazione del giudice dell’esecuzione ‘convincente e lineare’. Il ricorrente aveva insistito sulla prossimità temporale di alcuni furti e sulla natura patrimoniale di tutti i reati, ma la Corte ha osservato che tali elementi non erano sufficienti a scalfire la valutazione del giudice di merito. Quest’ultimo, infatti, aveva correttamente evidenziato come un lasso temporale di quasi sei mesi tra due episodi e la diversità delle condotte fossero elementi contrari all’ipotesi di un piano unitario.

Il cuore della decisione risiede nel principio secondo cui l’accertamento degli indici del disegno criminoso è un apprezzamento di fatto rimesso al giudice di merito. Tale valutazione è insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è sorretta da una motivazione adeguata, congrua e priva di vizi logici. Il giudice dell’esecuzione, esercitando il proprio potere discrezionale, aveva spiegato in modo coerente le ragioni per cui doveva escludersi l’esistenza di un riconoscibile e originario disegno criminoso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento rigoroso: per ottenere il beneficio della continuazione non basta invocare la somiglianza dei reati commessi. È indispensabile fornire prove concrete di un’ideazione unitaria e precedente alla commissione del primo reato. La decisione sottolinea l’importanza della motivazione del giudice di merito, il cui apprezzamento sui fatti è sovrano se logicamente argomentato. Per chi agisce in giudizio, ciò significa che l’onere di dimostrare l’esistenza di un piano criminoso articolato e preordinato è tutt’altro che scontato e non può fondarsi su elementi generici o presuntivi.

Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’ ai fini della continuazione?
Si intende un programma criminoso unitario, deliberato per conseguire un determinato fine, in cui una serie di illeciti viene progettata, almeno nelle sue caratteristiche essenziali, prima della commissione del primo reato. Non va confuso con una generica tendenza a delinquere o uno stile di vita basato sul crimine.

Una semplice vicinanza di tempo tra i reati è sufficiente a dimostrare un disegno criminoso?
No. Secondo la sentenza, la prossimità temporale è solo uno degli indicatori e, da sola, non è sufficiente. Nel caso specifico, un distacco di quasi sei mesi tra due reati è stato considerato un elemento contrario alla tesi di un piano unitario, soprattutto se unito ad altre differenze nelle condotte.

Quali elementi valuta il giudice per riconoscere o escludere la continuazione tra reati?
Il giudice valuta una serie di indicatori concreti, tra cui l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, per verificare se i reati successivi al primo fossero già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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