Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46910 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46910 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a TREIA il 10/11/1977
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 del TRIBUNALE di ANCONA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata con la quale il Tribunale di Ancona, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., presentata nell’interesse di NOME COGNOME
letti i motivi del ricorso;
rilevato, preliminarmente, che la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti, già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156);
rilevato, altresì, che:
l’identità del disegno criminoso, caratterizzante l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., «postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420);
«il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
non è necessaria la concomitante ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098);
l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
a tale proposito, va ribadito che «in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito» (Sez. 6 , n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601);
considerato che:
nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione ha escluso la riconducibilità al medesimo disegno criminoso dei reati per cui COGNOME è stato condannato con due sentenze per delitti di falso e bancarotta commessi tra dicembre 2013 e novembre 2014 nell’ambito commerciale, con ruoli diversi e nel contesto di società diverse e in distinti ambiti territoriali;
a fronte di tali lineari considerazioni, il ricorrente articola censure di tipo essenzialmente confutativo, incentrate su circostanze che non valgono, in alcun modo, a comprovare l’illegittimità delle argomentazioni svolte dal giudice dell’esecuzione, il quale ha chiarito, nell’esercizio del discrezionale apprezzamento delle vicende sottoposte al suo vaglio e senza incorrere in contraddizioni o in affermazioni manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, nella fattispecie, di un riconoscibile, originario disegno criminoso;
tanto vale, innanzitutto, in ordine al primo motivo con il quale sono stati eccepiti violazione di legge e vizi di motivazione riferiti all’identità dell’ambito commerciale nel quale operavano le due società (distribuzione di prodotti alimentari), oltre che l’omogeneità delle condotte, dei luoghi di commissione dei reati e la brevità del lasso temporale intercorso tra l’una e l’altra;
analoga valutazione deve essere compiuta con riguardo al secondo motivo nel quale il rilievo della mancata disamina della documentazione allegata alla memoria del 2 novembre 2023 in vista dell’udienza del 9 novembre successivo è
strettamente connessa ad una istanza rivalutativa delle situazioni di fatto ampiamente esaminate dal giudice dell’esecuzione;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14/11/2024