Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45894 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45894 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Pompei il 21.10.1971
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Napoli del 20.4.2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurato generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 20.4.2024, la Corte d’Appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato una istanza, proposta nell’interess COGNOME Vincenzo, di applicazione della continuazione ai reati giudicati con: 1) sentenza della Corte d’Appello di Napoli del 22.2.2019 di condanna alla pena di tre anni di reclusione e 1.200 euro di multa per i reati di cui agli artt. bis DPR n. 43 del 1973, 56 e 629 cod. pen. (commessi tra il 17 giugno e il 16 dicembre 2014 in Terzigno); 2) sentenza della Corte d’Appello di Napoli del
4.12.2022 di condanna alla pena di cinque anni di reclusione e 20.000 euro di multa per i reati di cui agli artt. 73 e 80 DPR n. 309 del 1990, 56 e 629 cod. pen. (accertati in territorio nazionale ed estero nonché in Scafati e nella provincia di Salerno dal dicembre 2014 al settembre 2015).
La decisione negativa è stata assunta sulla base della considerazione che non sia possibile ravvisare tra i reati oggetto delle due sentenze l’identità del disegno criminoso, in quanto integrati da condotte tra loro disomogenee. La prima sentenza ha ad oggetto l’introduzione in Italia dalla Tunisia di ingenti quantitativi di tabacchi lavorati esteri, con il ruolo di finanziatore di COGNOME, e il connesso delitto di estorsione consumata e tentata, finalizzato alla restituzione della somma anticipata. La seconda sentenza ha ad oggetto la condotta di importazione di 40 kg. di cocaina dall’Olanda e la connessa tentata estorsione ai danni di operatori doganali del porto di Salerno, che, diversamente da quanto concordato, non avevano consentito il prelievo della merce. Secondo la Corte d’Appello di Napoli, si tratta, pertanto, di condotte commesse in luoghi diversi e con soggetti diversi, elementi da cui risulta l’assoluta disomogeneità tra i fatti di reato, imputabili ad impulsi volitivi chiaramente estemporanei.
Di contro, non sono rilevanti – prosegue l’ordinanza impugnata – né il richiamo difensivo all’identità di contestazione tra il reato sub 2) della prima sentenza e il reato sub 3) dell’ordinanza cautelare emessa nel procedimento della seconda sentenza, perché trascura di considerare che la persona offesa dell’estorsione è il coimputato NOMECOGNOME né la circostanza che l’importazione di tabacchi lavorati esteri aveva dato origine al debito in forza del quale NOME COGNOME venne poi convolto nell’estorsione della seconda sentenza, giacché questo è piuttosto indice dell’indole delinquenziale del condannato.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di COGNOME NOME, articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce erronea applicazione degli artt. 111, comma sesto, Cost., 125 e 671 cod. proc. pen., 81, comma 2, cod. pen., nonché vizio di motivazione in quanto contraddittoria.
Lamenta che il giudice dell’esecuzione abbia travisato un dato processuale, sostenendo che i reati siano stati commessi da soggetti diversi. Questa affermazione è smentita dalle emergenze processuali, in quanto il reato di cui al capo 2) della prima sentenza e il reato di cui al capo Al) della seconda sentenza sono stati commessi dagli stessi soggetti (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME).
Anche l’affermazione secondo cui le condotte sono disomogenee è illogica, perché in entrambi i procedimenti sono state contestate l’importazione dall’estero
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(in un caso di tabacchi lavorati esteri e nell’altro di droga) e in entrambi i procedimenti è stato contestato il reato di estorsione.
In terzo luogo, l’ordinanza – secondo il ricorso – non si confronta con il criterio temporale e trascura di considerare il ravvicinato arco temporale nel quale sono stati commessi i reati.
2.2 Con il secondo motivo, deduce erronea applicazione degli artt. 111, comma sesto, Cost., 125 e 671 cod. proc. pen., 81, comma 2, cod. pen., nonché vizio di motivazione in quanto contraddittoria e illogica.
Censura che l’ordinanza, in modo illogico, non consideri che l’importazione di tabacchi lavorati esteri della prima sentenza è l’antefatto per il quale COGNOME coinvolge COGNOME nella vicenda nel recupero presso il porto di Salerno del container contenente la cocaina. Né considera che i reati per i quali si chiede l’applicazione della continuazione originariamente erano stati contestati nel medesimo procedimento e che la posizione di COGNOME era stata poi separata. In questo modo si è determinata una disparità di trattamento con i coimputati COGNOME e COGNOME
Il ricorso, inoltre, si duole che la motivazione dell’ordinanza sia illogica anche nella parte in cui esclude la continuazione in ragione del fatto che NOME è persona offesa nel primo procedimento e imputato nel secondo procedimento: in realtà, NOME è imputato anche nel primo procedimento.
Con requisitoria scritta del 2.7.2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso, in quanto consiste in una mera critica al provvedimento impugnato, che si fonda invece su una motivazione logica e corretta in diritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
In tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 12936 del 3/12/2018, dep. 2019, Rv. 275222 – 01).
Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione ha adeguatamente valutato i fatti già giudicati e ha ritenuto di escludere che i reati fossero riconducibili ad una preordinazione di fondo, con una motivazione non manifestamente illogica né contraddittoria, che fa riferimento in modo congruo alla eterogeneità delle condotte delittuose, al diverso contesto spaziale nel quale furono commesse e al
fatto che, pur trattandosi di condotte associative o concorsuali, il ricorrente le aveva poste in essere con soggetti differenti.
A fronte di tale motivazione, il ricorrente sollecita non più che una diversa valutazione degli indici della eventuale medesimezza del programma criminoso, supportandola anche con il richiamo a elementi di fatto che in realtà non sempre trovano riscontro nelle sentenze di condanna emesse in sede di cognizione.
Sotto questo profilo, per esempio, nessun punto di contatto può essere rinvenuto tra le condotte estorsive oggetto di distinte condanne nei due distinti procedimenti, perché COGNOME le ha commesse in un caso da solo e nell’altro in concorso con altri soggetti (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME Gaetano), per motivi diversi (in un caso per costringere due operatori doganali inizialmente compiacenti in relazione all’importazione di cocaina e nell’altro per recuperare dagli stessi concorrenti nel reato il denaro investito per tabacchi lavorati esteri) e in danno di persone offese diverse (in un caso COGNOME e COGNOME e nell’altro COGNOME NOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME NOME).
Dunque, non è esatto, come sostiene il ricorso, che le emergenze processuali sconfessino il dato, evidenziato dal giudice dell’esecuzione, che i reati siano stati commessi da Guastafierro con soggetti diversi: basti qui evidenziare l’elemento, correttamente enfatizzato nell’ordinanza impugnata, che COGNOME Gaetano in un caso fu concorrente nel reato e in un altro divenne persona offesa, per escludere che si possa fondare la medesimezza del disegno criminoso sulla presunta identità degli autori dei reati.
Per il resto, la omogeneità delle condotte viene invocata sulla base delle circostanza che nell’uno e nell’altro caso i beni pervenuti illecitamente nella disponibilità del ricorrente provenissero dall’estero: ma si tratta, con tutta evidenza, di un elemento che non vale ex se – soprattutto se, come nel caso in questione, non se ne indichi la specifica valenza unificante di fatti di per sé diversi tra loro – a individuare la riconducibilità di condotte eterogenee ad un iniziale programma, che sia precisamente diretto alla realizzazione di un obiettivo unitario.
Rimane, nella prospettazione difensiva, il dato della contiguità temporale delle condotte, che tuttavia, ove anche potesse essere ravvisato (la data di cessazione della permanenza dei reati in questione è comunque sfalsata di ben nove mesi), sarebbe in ogni caso del tutto recessivo: non è sufficiente, ai fini del riconoscimento della continuazione, la presenza di taluno dei concreti indicatori della programmazione unitaria se i reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/5/2017, Rv. 270074 – 01).
Si deve ritenere, in definitiva, che gli elementi addotti dalla difesa non sia idonei a superare la adeguata valutazione dei fatti operata del giudi dell’esecuzione per giungere ad escludere la riconducibilità dei reati commessi da COGNOME ad un unico disegno criminoso.
Ne consegue, dunque, il rigetto del ricorso, con la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso 1’11.9.2024