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Disegno criminoso: quando non si applica la continuazione

Un soggetto si vede negare l’applicazione della continuazione tra due reati di ricettazione e detenzione d’armi, commessi a distanza di mesi. La Corte di Cassazione, confermando la decisione, chiarisce che la diversità dei beni, le differenti modalità esecutive e la distanza temporale escludono l’esistenza di un unico disegno criminoso, distinguendolo dalla mera inclinazione a delinquere.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Quando la Continuazione tra Reati non è Ammessa

L’istituto della continuazione nel diritto penale rappresenta un pilastro per la determinazione della pena, ma la sua applicazione è subordinata a requisiti stringenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui confini del disegno criminoso, chiarendo quando più reati, anche se simili, non possono essere unificati. L’analisi della Corte distingue nettamente tra un piano criminale preordinato e una semplice tendenza a delinquere, offrendo criteri interpretativi fondamentali.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo condannato con due sentenze separate per delitti di ricettazione e detenzione di armi da sparo. I reati erano stati commessi in due date diverse, rispettivamente il 28 dicembre 2010 e il 13 agosto 2010. L’interessato aveva richiesto al Tribunale di applicare l’istituto della continuazione, sostenendo che entrambi gli episodi criminosi fossero parte di un unico disegno criminoso. Tuttavia, il Tribunale aveva respinto la richiesta, evidenziando l’assenza di elementi concreti a sostegno di una programmazione unitaria.

La Decisione del Tribunale e i Motivi del Ricorso

Il Tribunale aveva negato la continuazione basandosi su tre elementi principali: le diverse modalità esecutive delle condotte, la natura completamente eterogenea dei beni oggetto dei reati (un fucile provento di furto in un caso, un altro tipo di bene nell’altro) e la significativa distanza temporale tra i due fatti. Questi fattori, secondo il giudice, rendevano improbabile che l’agente avesse pianificato il secondo reato sin dalla commissione del primo.

Di fronte a questa decisione, il ricorrente si è rivolto alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. A suo avviso, il Tribunale non aveva considerato l’omogeneità dei reati, la breve distanza temporale e l’unicità spaziale, né il fatto che la continuazione fosse già stata riconosciuta per alcuni dei reati giudicati nella seconda sentenza.

L’Analisi della Cassazione sul Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando pienamente la valutazione del Tribunale. I giudici di legittimità hanno sottolineato la corretta distinzione operata tra la continuazione, intesa come programmazione unitaria e originaria di più illeciti, e la mera inclinazione a reiterare nel tempo condotte di reato, anche se simili. La Corte ha escluso la sussistenza di un unico disegno criminoso proprio perché i reati erano stati commessi in tempi molto distanti e avevano ad oggetto beni del tutto diversi. Questa eterogeneità, secondo la Corte, rendeva ‘incredibile’ l’ipotesi che l’imputato, nel commettere il primo fatto, avesse già programmato la futura ricettazione di un bene così differente.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa del concetto di disegno criminoso. Non è sufficiente che i reati siano della stessa indole o che intercorra un lasso di tempo relativamente breve. È necessaria la prova di un nesso psicologico che li unisca in un progetto unitario, concepito sin dall’inizio, almeno nelle sue linee generali. La Corte ha ritenuto che gli elementi portati dal ricorrente, quali l’omogeneità dei reati, non fossero sufficienti a dimostrare tale programma. Inoltre, ha qualificato come ‘fuorviante’ l’argomento secondo cui la continuazione era già stata riconosciuta per alcuni dei fatti giudicati in una delle sentenze, poiché tale valutazione interna non può automaticamente estendersi a collegare reati oggetto di un diverso procedimento.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non basta asserire l’esistenza di un piano, ma occorre allegare elementi specifici e concreti che lo dimostrino. La decisione rafforza una linea giurisprudenziale che richiede un’attenta valutazione degli indici fattuali, come la contiguità temporale, l’omogeneità delle condotte e, soprattutto, la coerenza del piano criminale complessivo. Per la difesa, ciò significa che la richiesta di continuazione deve essere supportata da una solida argomentazione probatoria, capace di superare la presunzione che reati distinti e commessi a distanza di tempo siano espressione di scelte criminali autonome e non di un unico programma.

Cosa si intende per ‘medesimo disegno criminoso’ ai fini della continuazione tra reati?
Secondo l’ordinanza, si intende un programma unitario e originario che precede la commissione di più reati, e non una mera inclinazione a commettere nel tempo condotte illecite, anche se simili.

La distanza temporale e la diversità dei beni oggetto dei reati possono escludere il disegno criminoso?
Sì. La Corte ha ritenuto che la rilevante distanza temporale e la natura del tutto eterogenea dei beni (in questo caso, un fucile e un mezzo operativo) rendessero incredibile l’ipotesi che l’agente avesse programmato il secondo reato sin dalla commissione del primo, escludendo così la continuazione.

Se la continuazione è già stata riconosciuta per alcuni reati in una sentenza, si estende automaticamente ad altri reati giudicati con una sentenza diversa?
No. L’ordinanza chiarisce che il riconoscimento della continuazione per alcuni fatti all’interno di una singola sentenza è un’affermazione irrilevante (‘fuorviante’) quando si deve valutare l’esistenza di un disegno criminoso che leghi quei fatti a reati giudicati in un procedimento separato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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