Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 29522 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 29522 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente sul ricorso proposto da
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Con ordinanza resa in data 18.2.2025, il Tribunale di Ragusa ha provveduto, quale giudice dell’esecuzione su una istanza, proposta da XXXXXXXXX, di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna irrevocabili: a) sentenza del g.i.p. del Tribunale di Ragusa in data 18.3.2022 di condanna alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione per il reato di cui agli artt. 612bis , 89 cod. pen. (commesso in Vittoria dal mese di ottobre 2015); b) sentenza del Tribunale di Ragusa del 18.11.2022 di condanna alla pena di due anni e due mesi di reclusione e 660 euro di multa per i reati di cui agli artt. 110, 56, 624bis , commi 1 e 3, 61 n. 5 cod. pen. (commessi in Vittoria l’8.5.2021 e il 3.5.2021), 612, comma 2, cod. pen. (commesso in Vittoria fra il 3.3.2021 e il 7.5.2021), 81 e 424 cod. pen. (commesso in Vittoria il 30.3.2021 e il 5.4.2021), 110, 81, 660, 635, comma 2, n. 1), cod. pen. (commesso in Vittoria dal mese di agosto 2020 al mese di maggio 2021); c) sentenza del Tribunale di Ragusa in data 4.3.2024 di condanna alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione per i reati di cui agli artt. 341bis , 99, comma 2, cod. pen. (commesso in Vittoria il 6.5.2021), 635, comma 2, n. 1), 99, comma 2, cod. pen. (commesso in Vittoria il 6.5.2021).
Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che non sussista la medesimezza del disegno criminoso, in quanto i reati sono di indole diversa, sono stati commessi in periodi diversi e a danno di persone offese diverse. Inoltre, ha evidenziato che il vizio parziale di mente, riconosciuto in fase di cognizione al condannato, non Ł un elemento indicativo del medesimo disegno criminoso. Di conseguenza, ha rigettato l’istanza.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso il difensore di XXXXXXXXX,
articolando due motivi di ricorso.
2.1 Con il primo motivo, deduce l’erronea applicazione degli artt. 671 cod. proc. pen., 81, comma secondo, cod. pen.
– Relatore –
Sent. n. sez. 1709/2025
CC – 15/05/2025
R.G.N. 10592/2025
In particolare, evidenzia che i reati che si chiede di porre in continuazione si sono verificati tutti nello stesso luogo e in un ristretto periodo temporale.
2.2 Con il secondo motivo, deduce inosservanza ed erronea applicazione di legge penale in relazione agli artt. 81, comma secondo, cod. pen. e 671 cod. proc. pen. in relazione all’art. 89 cod. pen.
Il disagio psichico di cui soffre XXXXX Ł un elemento unificante dei reati e il giudice dell’esecuzione ha omesso di considerarlo.
Con requisitoria scritta trasmessa l’11.4.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso Ł infondato.
Va premesso che, in tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento Ł sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 12936 del 3/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275222 – 01).
In questa prospettiva, la motivazione dell’ordinanza impugnata evidenzia che i reati indicati dal ricorrente nella sua istanza hanno ad oggetto titoli di reato disomogenei tra loro, sono stati commessi in tempi diversi e ai danni di persone offese diverse, di guisa che non Ł ravvisabile un medesimo disegno criminoso che sia suscettibile di unificarli tra loro.
Il ricorrente avversa la decisione del giudice dell’esecuzione, censurando essenzialmente che la motivazione del provvedimento non abbia preso in considerazione una certa contiguità spazio-temporale tra i reati.
A tal proposito, deve escludersi, innanzitutto, che il rilievo difensivo possa riguardare il rapporto tra il delitto di cui all’art. 612bis cod. pen., commesso nel 2015, e gli altri delitti, per lo piø contro il patrimonio, commessi da XXXXX nel 2021: la eterogeneità tipologica dei reati in questione e la distanza temporale di commissione tra il primo di essi e i successivi escludono in radice che possa ravvisarsi una medesimezza di disegno criminoso.
Per il resto, va ricordato che la contiguità temporale e anche una certa omogeneità di violazioni non sono da soli sufficienti per il riconoscimento della continuazione, che necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica non solo della sussistenza di concreti indicatori, ma anche del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/5/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01).
Dunque, l’omogeneità di alcune delle violazioni e la contiguità temporale, seppure indicative di una scelta delinquenziale, non consentono, da sole, di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 3111 del 20/11/2013, dep. 2014, P., Rv. 259094 – 01).
Sotto questo profilo, l’ordinanza impugnata, per il tramite del richiamo ad un appropriato precedente giurisprudenziale di legittimità, afferma che la mera inclinazione a reiterare violazioni della stessa specie non integra di per sØ l’unitaria e anticipata ideazione di piø condotte costituenti illecito penale, già insieme presenti alla mente del reo, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen.
In tal modo, ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui, in tema di
esecuzione, incombe sul condannato che invochi l’applicazione della disciplina della continuazione l’onere di allegare elementi sintomatici della riconducibilità dei reati a una preventiva programmazione unitaria, onde evitare che il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 81, comma secondo, cod. pen. si traduca in un automatico beneficio premiale conseguente alla mera reiterazione del reato, rendendo evanescente la linea di demarcazione tra continuazione e abitualità a delinquere (Sez. 3, n. 17738 del 14/12/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275451 – 01).
Da questo punto di vista, invece, il ricorso non ha indicato le ragioni specifiche per le quali la reiterazione in un circoscritto arco temporale di piø comportamenti delittuosi, peraltro solo limitatamente omogenei (si tratta di reati contro la persona, contro pubblici ufficiali e contro il patrimonio), fosse da considerarsi ex se significativa di un dato progettuale unitario.
Di conseguenza, in modo immune da censure il giudice dell’esecuzione ha ritenuto che i delitti commessi da XXXXX fossero espressione di una mera inclinazione a reiterare nel tempo violazioni della stessa specie e, pertanto, non Ł ravvisabile la violazione di legge denunciata con il primo motivo.
La circostanza che l’ordinanza impugnata abbia ritenuto di non ravvisare strutturalmente una specifica preordinazione di fondo comune ai delitti commessi Ł suscettibile di orientare anche il vaglio del secondo motivo di ricorso.
Se Ł vero che la riconosciuta parziale menomazione psichica del condannato non Ł incompatibile con l’unicità del disegno criminoso richiesto dall’art. 81 cod. pen., ciò nondimeno il vizio di mente può venire in rilievo quando si tratti appunto di stabilire se il medesimo disegno criminoso sia conciliabile con la scemata capacità di intendere e di volere ma non anche per sostenere, al contrario, che da essa si possa trarre motivo per ritenere che vi sia una preventiva programmazione delittuosa unitaria.
Del resto, la continuazione richiede per definizione, una rappresentazione mentale anticipata dei singoli episodi delittuosi commessi e la loro finalizzazione ad un unico scopo, sicchØ un vizio parziale di mente, comportando una limitazione della capacità di orientarsi secondo una percezione corretta della realtà esterna e di controllare gli impulsi ad agire, rende semmai piø disagevole, benchØ non impossibile, l’individuazione di un elemento unificante che sorregga piø fatti criminosi.
Il ricorso, al contrario, collega l’elemento unificante dei reati proprio al disturbo di personalità, in quanto – si sostiene – le azioni delittuose sarebbero espressione di un bisogno psichico operante in un soggetto che tende stabilmente a risolvere i propri problemi commettendo reati.
Ma si tratta, con tutta evidenza, di un argomento che svaluta la possibilità di rinvenire un disegno criminoso unitario e appare, al contrario, maggiormente aderente ad una ricostruzione dell’agito del condannato come espressione di una sistematica reiterazione dei reati, animata da contingenti stati di disagio psichico e non sorretta invece da una ideazione e da una rappresentazione anticipate di una serie di fatti delittuosi.
Ne consegue, pertanto, che anche il secondo motivo di ricorso Ł da considerarsi infondato.
Alla luce di quanto fin qui osservato, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. pen., al pagamento delle spese processuali.
Deve disporsi, inoltre che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME