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Disegno criminoso: quando non si applica la continuazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati eterogenei (stalking, tentato furto, danneggiamento). La Corte ha stabilito che per riconoscere un unico disegno criminoso non basta la vicinanza temporale dei fatti o la presenza di un vizio parziale di mente. È necessaria la prova di una programmazione unitaria iniziale di tutti i delitti, che in questo caso mancava a causa della diversità dei reati, delle vittime e del lungo arco temporale.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Continuazione: No al Beneficio se i Reati sono Eterogenei

L’applicazione della continuazione tra reati, un istituto che consente un trattamento sanzionatorio più mite, è subordinata a un requisito fondamentale: l’esistenza di un medesimo disegno criminoso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29522/2025, ha ribadito con fermezza i paletti per il riconoscimento di tale beneficio, chiarendo che né la vicinanza temporale né un vizio parziale di mente possono, da soli, dimostrare l’esistenza di un piano unitario. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.

I fatti del caso e la richiesta di continuazione

Il caso riguarda un individuo condannato con tre sentenze irrevocabili per una serie di reati commessi in un arco temporale che va dal 2015 al 2021. I reati erano di natura molto diversa: si andava dallo stalking (art. 612-bis c.p.) a reati contro il patrimonio come il tentato furto aggravato, fino a minacce e danneggiamento.

L’interessato, tramite il suo difensore, ha presentato un’istanza al Giudice dell’esecuzione chiedendo di applicare la disciplina della continuazione. In sostanza, si chiedeva di considerare tutti i reati come parte di un’unica strategia criminale, con l’obiettivo di ottenere una pena complessiva inferiore rispetto alla somma delle singole condanne.

Il Tribunale, in funzione di Giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta. La motivazione era chiara: i reati erano troppo diversi tra loro, commessi in periodi distinti e a danno di persone differenti. Mancava, secondo il giudice, l’elemento unificante di un medesimo disegno criminoso. Inoltre, il vizio parziale di mente riconosciuto al condannato non era stato ritenuto un elemento sufficiente a dimostrare un’unica programmazione.

Il ricorso in Cassazione: i due motivi della difesa

Contro l’ordinanza del Tribunale, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, basandosi su due argomenti principali:

1. Errata applicazione della legge sulla continuazione: Si sosteneva che i reati erano stati commessi tutti nello stesso luogo e in un periodo di tempo relativamente ristretto, elementi che avrebbero dovuto indicare un unico piano.
2. Mancata considerazione del vizio di mente: La difesa ha argomentato che il disagio psichico del condannato fosse l’elemento unificante dei reati, una sorta di causa comune che avrebbe dovuto condurre al riconoscimento del disegno criminoso.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul disegno criminoso

La Suprema Corte ha dichiarato entrambi i motivi infondati, rigettando il ricorso e confermando la decisione del Tribunale. Le motivazioni della sentenza sono un importante vademecum sui limiti applicativi della continuazione.

### L’irrilevanza della mera contiguità spazio-temporale

La Corte ha innanzitutto ribadito un principio consolidato: la valutazione sull’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto, rimessa all’apprezzamento del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione è palesemente illogica o assente.

Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale è stata ritenuta corretta. La distanza temporale tra il reato di stalking del 2015 e i reati contro il patrimonio del 2021, unita alla loro totale eterogeneità, escludeva in radice la possibilità di un piano unitario. La Corte ha ricordato che la vicinanza temporale e una certa omogeneità delle condotte non sono sufficienti. Per aversi continuazione, è necessario dimostrare che i reati successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo.

### Il vizio parziale di mente non crea un piano unitario

Particolarmente interessante è il ragionamento della Corte sul secondo motivo di ricorso. Se è vero che il vizio parziale di mente non è incompatibile con un disegno criminoso, non si può sostenere che ne sia la prova. Anzi, la Corte suggerisce il contrario.

Un vizio di mente, che per definizione limita la capacità di orientarsi e di controllare gli impulsi, rende semmai più difficile l’individuazione di un elemento unificante che sorregga più fatti criminosi. Collegare i reati a un generico “bisogno psichico” non dimostra una programmazione unitaria, ma piuttosto una sistematica reiterazione di reati animata da contingenti stati di disagio. In altre parole, si tratta di azioni impulsive e separate, non di tappe di un unico piano premeditato.

Le conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza che la continuazione non è un beneficio automatico concesso a chi reitera i reati. Per ottenerla, l’imputato deve fornire elementi concreti che dimostrino una programmazione unitaria e anticipata di tutte le condotte. La diversità dei reati, delle vittime e un ampio lasso di tempo sono indici potenti che giocano a sfavore. Infine, il vizio parziale di mente, lungi dal costituire un elemento unificante, può essere interpretato come un fattore che rende meno probabile la formazione di un complesso e premeditato disegno criminoso.

Che cos’è il ‘disegno criminoso’ ai fini della continuazione?
È la programmazione iniziale e unitaria di una serie di reati, ideata prima della commissione del primo illecito. La sentenza chiarisce che una generica inclinazione a delinquere o la mera ripetizione di reati non sono sufficienti per configurarlo.

Più reati commessi in un breve periodo e nello stesso luogo sono automaticamente in continuazione?
No. La contiguità spazio-temporale è solo uno degli indicatori, ma da sola non basta. Secondo la Corte, è necessario dimostrare che i reati successivi erano stati pianificati, almeno nelle loro linee generali, già al momento della commissione del primo.

Un vizio parziale di mente può essere considerato l’elemento unificante di più reati?
No, anzi. La Corte ha stabilito che una condizione di scemata capacità di intendere e di volere, comportando una limitata capacità di pianificazione e controllo degli impulsi, rende più difficile, e non più facile, individuare un piano criminale unitario e preordinato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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