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Disegno criminoso: quando non si applica la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento del ‘disegno criminoso’ per reati commessi in un arco temporale di cinque anni. La Suprema Corte ha confermato che la notevole distanza temporale tra i fatti, unita alla diversità di luoghi e modalità esecutive, esclude la sussistenza di un unico programma delinquenziale preordinato, requisito essenziale per l’applicazione dell’istituto della continuazione.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno criminoso: quando non si applica la Cassazione

L’istituto della continuazione, basato sul concetto di disegno criminoso, è un pilastro del nostro sistema penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo piano. Tuttavia, i suoi confini non sono sempre netti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 43263/2024) offre un importante chiarimento sui criteri per la sua applicazione, specificando quando la semplice ripetizione di condotte illecite non basta a integrare un progetto unitario.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un condannato avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra una serie di reati commessi in un lungo arco temporale, dal 2015 al 2020. L’obiettivo era ottenere l’applicazione di una pena complessiva più favorevole, come previsto dall’articolo 81 del codice penale.

Tuttavia, sia il giudice dell’esecuzione prima, sia la Corte d’Appello poi, avevano respinto la richiesta. La loro analisi aveva evidenziato che i singoli reati erano stati perpetrati non solo a notevole distanza di tempo l’uno dall’altro (con intervalli di almeno un anno e mezzo), ma anche in località geografiche diverse, con modalità esecutive differenti e con il coinvolgimento di correi diversi.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione dei giudici di merito. La decisione si fonda sull’assenza di prova circa l’elemento fondamentale della continuazione: l’unicità del disegno criminoso. Secondo gli Ermellini, il provvedimento impugnato aveva correttamente interpretato la normativa e la giurisprudenza consolidata, fornendo una motivazione logica e coerente.

Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: I Criteri per il Riconoscimento del Disegno Criminoso

Il cuore della pronuncia risiede nella rigorosa applicazione dei criteri identificati dalla giurisprudenza per poter parlare di un medesimo disegno criminoso. La Corte ribadisce che non è sufficiente una generica tendenza a delinquere, ma è necessaria la prova di un programma deliberato fin dall’origine nelle sue linee essenziali, al quale si aggiunge di volta in volta l’elemento volitivo per la sua concreta attuazione.

Gli elementi sintomatici di tale programma unitario includono:
* Vicinanza cronologica: I reati devono essere commessi in un arco di tempo ragionevolmente ristretto.
* Unità di causale e condizioni: Devono essere riconducibili a un movente comune e a contesti simili.
* Omogeneità delle modalità: Le condotte esecutive e la tipologia dei reati devono presentare analogie.

Nel caso di specie, questi elementi erano palesemente assenti. La distanza temporale tra i fatti (dal 2015 al 2020), la varietà dei luoghi, delle modalità operative, dei complici e persino dei beni oggetto delle azioni delinquenziali, hanno portato la Corte a concludere in modo ineccepibile che i reati non potevano essere avvinti dal vincolo della continuazione. Erano episodi distinti, non tappe di un unico piano.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

L’ordinanza in esame rafforza un principio fondamentale: la continuazione tra reati non è un automatismo derivante dalla mera serialità delle condotte illecite. Per ottenerne il riconoscimento, è onere dell’interessato fornire la prova concreta di un progetto criminoso unitario e preordinato. La notevole distanza temporale tra un reato e l’altro, unita a significative differenze nel modus operandi, costituisce un forte indizio contrario, che difficilmente può essere superato. Questa decisione serve da monito sulla necessità di un’analisi rigorosa e fattuale per l’applicazione di un istituto che, pur avendo una finalità di equità, non può trasformarsi in un ingiustificato sconto di pena.

Che cos’è il ‘disegno criminoso’ secondo la Corte di Cassazione?
È un unico programma criminale deliberato fin dall’origine nelle sue linee essenziali, che lega più reati tra loro. La sua esistenza si valuta sulla base di indici concreti come la vicinanza nel tempo dei fatti, l’omogeneità delle modalità esecutive e delle condizioni di tempo e luogo.

Perché nel caso specifico è stato escluso il disegno criminoso?
La Corte lo ha escluso perché i reati erano stati commessi in un arco temporale molto lungo (dal 2015 al 2020), con intervalli di almeno un anno e mezzo tra un fatto e l’altro. Inoltre, erano stati perpetrati in luoghi diversi, con modalità differenti e con la partecipazione di complici diversi, elementi che contraddicono l’idea di un piano unitario.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, in questo caso 3.000 euro, in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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