Disegno Criminoso: La Cassazione Chiarisce i Requisiti per il Reato Continuato
L’istituto del reato continuato, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta una figura centrale nel diritto penale sostanziale, consentendo un trattamento sanzionatorio più mite per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 8431/2024) offre un’importante lezione sui rigorosi criteri necessari per riconoscere tale unicità di pianificazione, distinguendola dalla semplice reiterazione di condotte illecite.
Il Caso: Sei Condanne e una Richiesta di Unificazione della Pena
La vicenda giudiziaria ha origine dalla richiesta di un uomo, destinatario di sei diverse sentenze di condanna, di vedere applicata la disciplina del reato continuato. In fase di esecuzione, egli si era rivolto al Tribunale competente chiedendo di unificare le pene inflitte, sostenendo che tutti i reati commessi fossero parte di un unico progetto criminale. Il Tribunale, tuttavia, rigettava la sua istanza.
Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, il giudice dell’esecuzione non avrebbe adeguatamente considerato una circostanza cruciale: le sue precarie condizioni di vita nel periodo in cui erano stati commessi gli illeciti. Egli, infatti, era stato da poco scarcerato, viveva da solo e non aveva un’occupazione lavorativa, elementi che, secondo la sua tesi difensiva, avrebbero dovuto far presumere l’esistenza di un piano unitario volto a garantirsi la sopravvivenza attraverso la commissione di reati.
La Decisione della Corte: il Medesimo Disegno Criminoso va Provato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che il provvedimento impugnato era, al contrario, correttamente e adeguatamente motivato. Il Tribunale aveva correttamente escluso la sussistenza di un medesimo disegno criminoso, poiché mancava qualsiasi elemento probatorio a sostegno di tale tesi.
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’unicità del piano criminale deve essere distinguibile dalla mera reiterazione di reati. Non è sufficiente commettere più illeciti, anche della stessa natura, per ottenere il beneficio del reato continuato. È indispensabile che l’agente si sia prefigurato, sin dalla commissione del primo delitto, di realizzare anche i successivi.
le motivazioni
Nel motivare la propria decisione, la Cassazione ha evidenziato diversi fattori che giocavano contro la tesi del ricorrente. In primo luogo, tra il primo reato e i successivi era intercorso un notevole lasso di tempo, ben sette mesi. Inoltre, i reati erano stati commessi in località diverse e con modalità esecutive differenti. Questi elementi, secondo la Corte, non solo non supportavano l’idea di un piano preordinato, ma anzi la contraddicevano.
I giudici hanno specificato che le condizioni di vita del condannato, per quanto difficili, non possono, da sole, costituire la prova di un disegno criminoso. Sebbene possano spiegare le motivazioni dietro la commissione dei singoli reati, non dimostrano che questi fossero tessere di un mosaico pianificato in anticipo. La decisione si allinea con un consolidato orientamento giurisprudenziale (richiamando le sentenze delle Sezioni Unite n. 28659/2017), secondo cui l’identità del progetto criminale deve essere rintracciabile fin dall’inizio e non può essere desunta a posteriori solo perché i reati sono stati ripetuti.
le conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine in materia di esecuzione della pena: l’applicazione del reato continuato non è un automatismo, ma richiede una prova rigorosa dell’esistenza di un disegno criminoso unitario e preesistente. Le sole circostanze personali o la generica spinta a delinquere non sono sufficienti. Questa decisione ha implicazioni pratiche significative: chi intende beneficiare di tale istituto deve fornire elementi concreti (come la prossimità temporale, l’identità del contesto e delle modalità operative) che dimostrino in modo inequivocabile la programmazione originaria dell’intera sequenza di reati. In assenza di tale prova, i reati rimarranno distinti e le pene verranno cumulate secondo le regole ordinarie.
Le difficili condizioni di vita di un condannato sono sufficienti a dimostrare un medesimo disegno criminoso?
No. Secondo la Corte, circostanze come la recente scarcerazione, la solitudine o l’assenza di lavoro possono spiegare la motivazione a delinquere, ma non provano di per sé che i vari reati fossero parte di un unico piano premeditato fin dall’inizio.
Cosa distingue la mera reiterazione di reati dal reato continuato?
La differenza fondamentale risiede nell’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’. Per aversi reato continuato, l’autore deve aver pianificato la serie di illeciti prima di commettere il primo. La semplice ripetizione di reati, anche se simili, non è sufficiente per integrare questa fattispecie.
Quali elementi possono indicare l’assenza di un disegno criminoso?
Secondo la Corte, elementi come una significativa distanza temporale tra i reati (nel caso specifico, sette mesi), la commissione degli illeciti in luoghi diversi e l’utilizzo di differenti modalità esecutive sono forti indizi contrari all’esistenza di un piano criminoso unitario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8431 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8431 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/10/2023 del TRIBUNALE di BUSTO ARSIZIO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che il Tribunale di Busto Arstizio, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di NOME di applicare la disciplina di cui all’art. 81 cod. pen. tra i reati oggetto di sei sentenze di condanna.
Rilevato che con il ricorso si deduce vizio di motivazione in quanto il Tribunale avrebbe omesso di valutare una circostanza rilevante, ai fini de.11’individuazione del medesimo disegno criminoso, costituita dalle condizioni di vita del condannato, il quale, nel periodo di commissione degli illeciti, era stato scarcerato, viveva da solo e non svolgeva alcuna attività lavorativa.
Rilevato che le doglianze oggetto del ricorso sono manifestamente infondate in quanto il provvedimento impugnato ha adeguatamente motivato in ordine all’insussistenza del medesimo disegno criminoso, non essendovi alcun elemento da cui desumere che il condannato, sin dalla commissione del primo reato di furto di cui all’art. 73 d.p.r. 309 del 1990, si fosse prefigurato di commettere, a distanza di ben sette mesi, le successive violazioni in località diverse e con differenti modalità esecutive (cfr. Sez. U, n. 28659 del’ 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 01; Sez. 1, n. 13971 del 30/3/2021, di COGNOME, n.m.; Se2:. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B, Rv. 260896 – 01);
Ritenuto pertanto che il Tribunale ha adeguatamente e correttamente motivato quanto alla necessità che l’identità del disegno criminoso, dovendosi distinguere dalla mera reiterazione del reato’ debba essere rintracciabile sin dalla commissione del primo delitto e come questo non sia desumibile dagli atti (cfr. Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01; Sez. 1, n. 13971 del 30/3/2021, COGNOME, n.m.; Sez. 1, n. 39222 del 26/02/2014, B, Rv. 260896 – 01);
Ritenuto pertanto che il ricorso è inammissibile in quanto le doglianze, oltre ad essere generiche, denunciano difetti di motivazione non emergenti nel provvedimento impugnato;
Considerato che alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’8/02/2024