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Disegno criminoso: quando non si applica il reato

Un individuo richiede il riconoscimento di un unico disegno criminoso per vari reati commessi in 10 mesi. La Cassazione respinge il ricorso, affermando che la sola vicinanza temporale o somiglianza dei crimini non basta a provare un disegno criminoso. È necessario dimostrare un piano unitario, ideato prima del primo reato, cosa che l’imputato non ha fatto, risultando il suo ricorso inammissibile.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno criminoso: quando la vicinanza dei reati non basta

Il concetto di disegno criminoso rappresenta un elemento cruciale nel diritto penale, in quanto consente di unificare più reati sotto un’unica lente, portando all’applicazione della disciplina più favorevole del reato continuato. Tuttavia, i criteri per il suo riconoscimento sono rigorosi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce che non basta la semplice somiglianza o vicinanza temporale tra i delitti per provarne l’esistenza; è necessario dimostrare un’unica programmazione iniziale. Analizziamo la decisione per comprendere meglio questi principi.

I fatti del caso

Il caso riguarda un individuo condannato con due distinte sentenze per una serie di reati, tra cui danneggiamento aggravato, furto aggravato, evasione e furto pluriaggravato in concorso. Questi crimini erano stati commessi nell’arco di circa dieci mesi. L’interessato ha presentato un’istanza al Tribunale per ottenere il riconoscimento di un unico disegno criminoso che legasse tutti i reati, al fine di beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite. Il Tribunale ha respinto la richiesta, e l’individuo ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La prova del disegno criminoso: un onere a carico del richiedente

Il punto centrale della questione, come evidenziato dalla Suprema Corte, risiede nell’onere della prova. La giurisprudenza consolidata, richiamata nell’ordinanza, stabilisce che spetta al condannato che invoca il reato continuato fornire elementi specifici e concreti da cui si possa desumere l’esistenza di un piano unitario.

Non è sufficiente, a tal fine, fare generico riferimento a:
* Contiguità cronologica: il fatto che i reati siano stati commessi in un arco di tempo relativamente breve.
* Identità o analogia dei reati: la circostanza che i delitti siano della stessa natura (es. tutti reati contro il patrimonio).

Questi elementi, se non supportati da altro, possono al massimo indicare un’abitudine a delinquere o scelte di vita criminali, ma non un progetto criminoso unitario deliberato in anticipo.

La decisione della Corte di Cassazione sul disegno criminoso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza della decisione del Tribunale, sottolineando come questa fosse basata su argomentazioni logiche e puntuali. In particolare, sono state evidenziate le differenze oggettive tra i reati commessi, che rendevano implausibile l’ipotesi di un piano unitario:

1. Diverse modalità operative: alcuni reati erano stati commessi dal soggetto da solo, altri in concorso con un complice.
2. Arco temporale esteso: un periodo di dieci mesi è stato ritenuto non così ristretto da suggerire un’unica ideazione originaria.

Il ricorso è stato quindi considerato un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Il ricorrente non ha fornito alcun elemento concreto a sostegno della sua tesi, eludendo il principio fondamentale secondo cui il disegno criminoso richiede una programmazione unitaria, almeno nelle sue linee essenziali, che preceda la commissione del primo reato.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra la generica ‘spinta criminosa’ (come il fine di lucro) e l’unicità del ‘disegno criminoso’. Mentre la prima può accomunare molti reati di natura patrimoniale, la seconda richiede qualcosa di più specifico: una deliberazione iniziale che abbracci tutti gli episodi delittuosi futuri. L’assenza di prova su questo punto è fatale per la richiesta. La Corte ha ribadito che l’onere di allegazione a carico del ricorrente è un principio cardine: in sua assenza, indici come la vicinanza temporale sono irrilevanti e, anzi, possono deporre a sfavore, delineando un quadro di abitualità nel commettere illeciti piuttosto che l’attuazione di un singolo progetto.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento rigoroso in materia di reato continuato. Per i condannati che intendono beneficiare di questo istituto, non è sufficiente presentare un’istanza basata su elementi generici. È indispensabile fornire prove concrete di una programmazione iniziale che colleghi i vari episodi criminosi. Questa decisione serve da monito: la giustizia richiede prove specifiche e non si accontenta di mere supposizioni, specialmente quando si tratta di concedere un beneficio che attenua la risposta sanzionatoria dello Stato.

Per ottenere il riconoscimento del reato continuato, è sufficiente che i reati siano simili e commessi in un periodo di tempo ravvicinato?
No. Secondo l’ordinanza, la sola contiguità cronologica o l’analogia dei titoli di reato non sono sufficienti. Questi elementi possono indicare un’abitudine criminale, ma non provano l’esistenza di un disegno criminoso unitario e preordinato.

Chi ha l’onere di provare l’esistenza di un unico disegno criminoso?
L’onere della prova spetta a chi richiede il riconoscimento del reato continuato. È il condannato che deve fornire elementi specifici e concreti che dimostrino l’esistenza di un programma criminoso unitario, definito almeno nelle sue linee essenziali prima della commissione del primo reato.

Commettere reati a volte da solo e a volte in concorso con altri può influire sul riconoscimento del disegno criminoso?
Sì. La Corte ha considerato le differenti modalità operative (agire da solo in un caso e in concorso in un altro) come un elemento che contrasta con l’idea di un’unica ideazione e programmazione, contribuendo a negare l’esistenza del disegno criminoso unitario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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