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Disegno criminoso: quando non è reato continuato

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che sosteneva l’esistenza di un unico disegno criminoso. La Corte ha stabilito che la ripetizione di reati omogenei, se espressione di una generica propensione al crimine e di uno ‘stile di vita’, non configura il reato continuato. Il ricorso è stato respinto perché basato su doglianze di fatto, già esaminate e correttamente rigettate dal giudice precedente.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: Tra Piano Unitario e Stile di Vita Criminale

L’istituto del reato continuato, disciplinato dall’articolo 81 del codice penale, permette di applicare una pena più mite a chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma cosa succede quando la serialità delle condotte non deriva da un piano preordinato, ma da una scelta di vita? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta tra queste due casistiche, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e confermando che una generica propensione al delitto non può essere confusa con un progetto unitario.

I Fatti del Caso

Il ricorrente si era opposto a un’ordinanza del GIP del Tribunale di Milano, sostenendo che le sue condotte delittuose dovessero essere considerate come un unico reato continuato. A sostegno della sua tesi, la difesa evidenziava diversi elementi: l’omogeneità delle norme violate, le modalità esecutive identiche e la stretta vicinanza nel tempo e nello spazio dei fatti. Secondo il ricorrente, questi indici avrebbero dovuto portare il giudice a riconoscere l’esistenza di un unico disegno criminoso a monte delle sue azioni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni presentate non fossero valide censure di legittimità, ma semplici “doglianze” sui fatti, finalizzate a ottenere una nuova valutazione del merito, attività preclusa in sede di Cassazione. Inoltre, la Corte ha sottolineato come le censure fossero una mera riproduzione di argomenti già adeguatamente esaminati e respinti dal giudice dell’esecuzione.

Le Motivazioni: la differenza tra disegno criminoso e propensione al crimine

Il cuore della decisione risiede nella distinzione fondamentale operata dai giudici. Il provvedimento impugnato aveva già chiarito, in modo corretto, che i reati contestati non erano il frutto di un’ideazione unitaria. Al contrario, essi rappresentavano l’espressione di una “generica propensione alla specifica tipologia delittuosa”.
In altre parole, secondo la Corte, le azioni dell’imputato non derivavano da un piano specifico e deliberato in origine, ma piuttosto dall’adozione di un determinato “stile di vita” criminale. Questa condizione esclude la configurabilità del reato continuato, che richiede, per sua natura, una premeditazione che abbracci fin dall’inizio tutte le violazioni successive.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale per la corretta applicazione dell’istituto del reato continuato. Non è sufficiente che i reati siano simili per tipologia, modalità e contesto per invocare l’esistenza di un unico disegno criminoso. È necessario dimostrare che essi sono stati concepiti come parte di un unico progetto deliberato prima dell’inizio dell’esecuzione della prima condotta. Una semplice inclinazione a delinquere o una serialità dettata dalle circostanze non integra i requisiti richiesti dalla legge. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della decisione precedente, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.

Cosa distingue un disegno criminoso da una semplice propensione a delinquere?
Un disegno criminoso implica un’ideazione unitaria e un piano preordinato che lega tutte le condotte illecite. Una propensione a delinquere, invece, è una generica tendenza o uno ‘stile di vita’ che porta a commettere reati simili quando se ne presenta l’occasione, senza un progetto iniziale comune.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché le argomentazioni presentate erano considerate ‘mere doglianze’ sui fatti, ovvero tentativi di ridiscutere la valutazione delle prove, compito che non spetta alla Corte di Cassazione. Inoltre, le censure erano una semplice ripetizione di punti già correttamente valutati e respinti dal giudice precedente.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente in caso di inammissibilità del ricorso?
In seguito alla dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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