Disegno Criminoso: Quando le Differenze tra Reati Escludono la Continuazione
L’istituto della continuazione nel diritto penale permette di unificare più reati sotto un’unica pena, a condizione che siano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Ma quali sono i criteri per stabilire l’esistenza di questo piano unitario? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre chiarimenti preziosi, respingendo il ricorso di un condannato e confermando che la semplice vicinanza temporale non basta a dimostrare una programmazione comune.
I Fatti del Caso: Tre Condanne Separate
Il caso riguarda un individuo condannato con tre sentenze definitive per una serie di reati gravi. L’imputato aveva richiesto ai giudici di riconoscere la continuazione tra questi reati, sostenendo che fossero tutti parte di un unico progetto criminale.
I reati in questione erano eterogenei:
1. Una rapina commessa quattro mesi prima delle altre.
2. Una serie di rapine ai danni di sportelli bancari in una regione diversa, commesse con la minaccia di un taglierino.
3. Una rapina in abitazione ai danni di una coppia di anziani, perpetrata con violenza, percosse e il sequestro di una delle vittime.
La Corte d’Appello aveva già negato la richiesta, ma il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, le lamentele del ricorrente non riguardavano questioni di diritto, ma erano semplici critiche sulla ricostruzione dei fatti, già correttamente valutate nel grado precedente. La Corte ha quindi confermato la decisione della Corte d’Appello, ritenendo insussistenti gli elementi per ipotizzare un piano criminoso unitario.
Le Motivazioni: L’Assenza di un Disegno Criminoso Unitario
La Cassazione ha spiegato in modo dettagliato perché, nel caso specifico, non era possibile ravvisare un unico disegno criminoso. La decisione si fonda su un’analisi attenta di diversi fattori oggettivi che, nel loro insieme, smentivano l’idea di una programmazione unitaria dei delitti.
Diversità di Modalità e Contesto
Il primo elemento sottolineato dalla Corte è la profonda differenza tra i reati commessi. Da un lato, vi erano rapine ‘seriali’ a sportelli bancari, caratterizzate da una modalità operativa omogenea (minaccia con taglierino). Dall’altro, una rapina in abitazione connotata da violenza fisica diretta sulle persone, violazione di domicilio e sequestro di persona.
Inoltre, i luoghi di commissione (una regione del centro Italia per le rapine in banca, una città del sud per la rapina in casa) e la diversità dei complici coinvolti sono stati considerati indicatori della mancanza di un piano comune. Secondo la Corte, è improbabile che l’imputato, al momento di pianificare le rapine in banca, avesse già programmato un crimine così diverso per modalità e contesto.
Il Fattore Temporale
Un altro aspetto cruciale è stato il lasso di tempo tra i crimini. La prima rapina era stata commessa ben quattro mesi prima delle altre. I giudici hanno ritenuto questo intervallo temporale troppo ampio per sostenere l’ipotesi di un disegno criminoso concepito unitariamente fin dall’inizio. La distanza cronologica, sommata alle altre differenze, ha rafforzato la convinzione che i reati fossero frutto di decisioni separate e non di un unico progetto deliberato in anticipo.
Le Conclusioni: Criteri Rigorosi per il Medesimo Disegno Criminoso
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non è sufficiente una generica inclinazione a delinquere o una vicinanza temporale tra i reati. È necessario dimostrare, con elementi concreti, che tutti i crimini erano stati programmati fin dall’inizio come parte di un unico piano. In assenza di omogeneità nelle modalità esecutive, nel contesto geografico, nei complici e con un significativo scarto temporale, la tesi del disegno criminoso unitario non può essere accolta. Questa decisione serve da monito sulla necessità di una prova rigorosa per l’applicazione di un istituto che ha effetti significativi sul trattamento sanzionatorio.
Quando più reati possono essere considerati parte di un unico disegno criminoso?
Perché sia riconosciuto un unico disegno criminoso, è necessario che i reati siano stati programmati unitariamente fin dall’inizio. Devono emergere elementi concreti di omogeneità, come le modalità esecutive, il contesto, i complici e una stretta contiguità temporale. La sola vicinanza cronologica non è sufficiente.
La diversità nelle modalità di esecuzione dei reati può escludere la continuazione?
Sì. Come evidenziato dalla Corte, la profonda differenza tra le modalità di commissione dei reati (rapine in banca con minaccia vs. rapina in abitazione con violenza fisica e sequestro) è un forte indice della mancanza di un piano unitario e può portare a escludere il disegno criminoso.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure presentate dal ricorrente erano ‘mere doglianze in punto di fatto’, ovvero critiche alla ricostruzione dei fatti già valutata dalla Corte d’Appello. La Corte di Cassazione giudica solo sulla corretta applicazione della legge (questioni di diritto) e non può riesaminare i fatti del caso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2585 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il 09/01/1979
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Osservato che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione, lamentando che l’ordinanza emessa nei confronti del suddetto ha trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso a fondamento delle condotte delittuose poste in essere – perché costituite da mere doglianze in punto di fatto.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello di Bari nel provvedimento impugnato.
In esso, invero, si evidenzia, con riguardo alla richiesta continuazione tra i fatt di cui a tre sentenze esecutive, che: – al di là di una vicinanza cronologica tra i fat di cui alle sentenza sub 2) e sub 3) e del rilievo che sia stato contestato il reato d rapina in entrambi i casi, diversi risultano le ulteriori fattispecie incriminatrici ogge di contestazione, i luoghi di commissione dei reati (nel primo caso le Marche, nel secondo Bari), i correi e le modalità di commissione degli illeciti (nel primo caso consistenti in una serie omogenea di rapine commesse ai danni di sportelli bancari con la minaccia di un taglierino, mentre nel secondo in una rapina ai danni di una coppia di anziani, perpetrata violando il loro domicilio e percuotendo e sequestrando uno di loro); – non vi sono elementi sufficienti, dunque, per ipotizzare che al momento delle rapine ai danni degli sportelli bancari, COGNOME avesse programmato gli ulteriori crimini commessi nel luglio del 2014; – la rapina di cui alla sentenza sub 1), pur posta in essere con modalità analoghe a quelle giudicate con la sentenza sub 3), è stata commessa a Mola di Bari ben quattro mesi prima; – tale lasso temporale fa ritenere che la commissione dei reati non potesse essere stata unitariamente programmata al momento della commissione della prima rapina del 14.2.14.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.