LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra più reati omogenei (truffe, ricettazione, falso). La Corte ha stabilito che la mera ripetizione di reati, anche simili, non integra di per sé un unico disegno criminoso, ma può rappresentare una scelta di vita delinquenziale, escludendo così l’applicazione del più favorevole istituto della continuazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: la Cassazione traccia il confine con lo stile di vita delinquenziale

L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione VII Penale, del 18 aprile 2024, offre un importante chiarimento su un concetto cardine del diritto penale: il disegno criminoso. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere quando una serie di reati può essere unificata sotto il vincolo della continuazione, con notevoli benefici sulla pena, e quando invece rappresenta una scelta di vita dedicata al crimine. Analizziamo la decisione per capire la linea di demarcazione tracciata dai giudici.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato per una serie di reati omogenei, tra cui truffe, ricettazione e falso, commessi a distanza di circa un anno l’uno dall’altro. L’interessato aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione di applicare l’istituto della continuazione (previsto dall’art. 81, secondo comma, del codice penale), sostenendo che tutti i reati fossero parte di un unico piano. La Corte d’Appello di Lecce aveva respinto la richiesta, spingendo il condannato a presentare ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il concetto di disegno criminoso

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Il punto centrale della pronuncia risiede nella netta distinzione tra un disegno criminoso e una generale propensione a delinquere. Secondo la Corte, il ricorso si limitava a sollecitare una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, e le questioni giuridiche sollevate erano manifestamente infondate.

I giudici hanno sottolineato che, per riconoscere la continuazione, non è sufficiente che i reati siano simili o commessi in un certo arco temporale. È necessario dimostrare che l’agente avesse programmato, almeno nelle linee generali, tutti i futuri reati sin dalla consumazione del primo. In altre parole, deve esistere un piano unitario e deliberato in anticipo.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione evidenziando l’assenza di elementi concreti a sostegno dell’esistenza di un unico disegno criminoso. Al contrario, le prove raccolte, come il certificato del casellario giudiziale e le sentenze stesse, indicavano una situazione ben diversa: una vera e propria “scelta di vita” protrattasi per anni. Questa condizione esprime l’opzione del reo a favore della commissione di un numero indeterminato di reati, sfruttando le occasioni che si presentano, piuttosto che l’esecuzione di un piano predeterminato.

La distanza temporale di circa un anno tra i reati, pur non essendo un ostacolo assoluto, è stata considerata un importante “limite logico” alla possibilità di ravvisare un piano unitario. Maggiore è il tempo che intercorre tra i fatti, più difficile è sostenere che fossero tutti parte di un’unica deliberazione iniziale. La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’identità del disegno criminoso non si identifica con un generico programma di vita delinquenziale. Quest’ultimo rivela una propensione alla devianza che si concretizza di volta in volta, non un progetto specifico e unitario.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione rafforza un principio fondamentale per la corretta applicazione della continuazione tra reati. L’istituto, che comporta un trattamento sanzionatorio più favorevole, è riservato solo ai casi in cui sia provata l’esistenza di un piano criminoso unitario e preordinato. Una semplice inclinazione a commettere reati, anche della stessa specie, che si manifesta nel tempo, non è sufficiente. Questa decisione serve da monito: la valutazione deve essere rigorosa e basata su elementi fattuali specifici, distinguendo nettamente la programmazione criminale da una più generale e non pianificata carriera delinquenziale.

Quando più reati possono essere considerati uniti dal vincolo della continuazione?
Solo quando sono l’attuazione di un medesimo disegno criminoso, ovvero quando l’agente li ha programmati, almeno nelle loro linee generali, prima di commettere il primo reato del piano.

Una serie di reati simili commessi nel tempo configura automaticamente un unico disegno criminoso?
No. Secondo la Corte, una serie di reati simili non integra automaticamente un disegno criminoso. Se emerge che tali reati sono espressione di una generica propensione a delinquere e di una scelta di vita criminale, commessi cogliendo le varie opportunità, non si può applicare la continuazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se la Corte ravvisa una colpa nella proposizione del ricorso (ad esempio, perché manifestamente infondato), può condannare il ricorrente anche al pagamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati