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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento di un unico disegno criminoso tra due distinti reati associativi finalizzati al narcotraffico. La Corte ha stabilito che la diversità dei partecipanti ai due sodalizi (uno legato alla mafia siciliana, l’altro alla ‘ndrangheta) e la distanza temporale tra le condotte dimostrano l’esistenza di programmi criminali separati, escludendo così l’applicazione della continuazione.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso e Reati Associativi: La Cassazione Nega la Continuazione

L’istituto della continuazione, che permette di unificare più reati sotto un unico disegno criminoso con benefici sul trattamento sanzionatorio, richiede una rigorosa dimostrazione. Con l’ordinanza n. 18493/2024, la Corte di Cassazione ribadisce i confini di questo concetto, specialmente quando si tratta di reati associativi complessi e distinti. La sentenza chiarisce che la semplice somiglianza degli obiettivi criminali non è sufficiente a provare un’unica programmazione delinquenziale.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per la sua partecipazione a due distinti sodalizi criminali, entrambi finalizzati al traffico di sostanze stupefacenti. L’interessato aveva richiesto al giudice dell’esecuzione, la Corte d’Assise d’Appello di Torino, di riconoscere il vincolo della continuazione tra i due reati associativi. La sua tesi si basava sulla presunta identità dell’oggetto delle associazioni, sul loro simile ambito territoriale di operatività e sul ruolo apicale che egli stesso rivestiva in entrambe le organizzazioni.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto l’istanza, negando la sussistenza di un unico progetto criminale. Contro questa decisione, l’individuo ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

La Valutazione del Disegno Criminoso tra Associazioni Diverse

La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati in materia. I giudici hanno sottolineato che il riconoscimento della continuazione, anche in fase esecutiva, necessita di una verifica approfondita e rigorosa. Non basta constatare l’omogeneità dei reati o la loro vicinanza nel tempo e nello spazio. È indispensabile provare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su elementi concreti e decisivi che escludono l’unicità del disegno criminoso. Il giudice dell’esecuzione aveva correttamente evidenziato due fattori chiave:

1. La diversità dei partecipi: Un’associazione era composta da soggetti legati alla mafia siciliana, mentre l’altra vedeva la partecipazione di individui di origine calabrese e appartenenti alla ‘ndrangheta. Questa eterogeneità dei componenti è stata ritenuta un indice inequivocabile della separatezza dei due sodalizi e, di conseguenza, dei rispettivi programmi criminali.

2. La distanza temporale: Il lasso di tempo intercorso tra le attività delle due associazioni è stato interpretato come la prova di un programma delinquenziale a carattere indeterminato e temporalmente indefinito. Tale indeterminatezza è incompatibile con il concetto di un’unica e antecedente risoluzione criminosa, che deve essere precisa e definita fin dall’inizio.

La Corte ha specificato che elementi come la sistematicità delle azioni o le abitudini di vita del reo possono riflettere una scelta di vita criminale, ma non necessariamente un singolo progetto unitario. Nel caso di specie, la partecipazione a due organizzazioni criminali così diverse per composizione dimostrava non l’attuazione di un piano unico, ma la capacità del soggetto di inserirsi in contesti delinquenziali distinti, mossi da logiche e strategie autonome.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione rafforza un principio fondamentale: per riconoscere la continuazione tra reati associativi non basta la comunanza del fine illecito (in questo caso, il narcotraffico). È necessaria un’indagine specifica sulla natura dei sodalizi, sulla loro concreta operatività e sulla loro continuità. La diversità strutturale e soggettiva tra le organizzazioni, unita a una significativa distanza temporale, costituisce una prova logica e convincente della pluralità dei disegni criminosi. La decisione del giudice di merito, se adeguatamente motivata su tali aspetti, diventa insindacabile in sede di legittimità, confermando un approccio rigoroso nella valutazione di questo importante istituto giuridico.

Quando possono essere unificati più reati sotto un unico disegno criminoso?
Unicamente quando si può dimostrare rigorosamente che i reati successivi al primo erano già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento della commissione del primo illecito. Una generica propensione a delinquere non è sufficiente.

La somiglianza tra i reati e la vicinanza temporale sono sufficienti a provare la continuazione?
No. Secondo l’ordinanza, questi sono solo indici rivelatori. Elementi come la totale diversità dei partecipanti ai diversi crimini possono essere decisivi per escludere l’esistenza di un’unica risoluzione criminosa e dimostrare invece la presenza di progetti distinti.

Come viene valutata la continuazione tra la partecipazione a due diverse associazioni criminali?
La Corte richiede un’analisi specifica sulla natura dei sodalizi, sulla loro operatività e composizione. In questo caso, il fatto che un’associazione fosse legata alla mafia siciliana e l’altra alla ‘ndrangheta è stato considerato un elemento incompatibile con un unico e antecedente programma criminale, portando all’esclusione della continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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