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Disegno criminoso: quando non c’è continuazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento del reato continuato tra due condanne per narcotraffico. La prima riguardava un singolo episodio a Roma, la seconda un’associazione criminale operante a Napoli. Secondo la Corte, per applicare la continuazione non basta la somiglianza dei reati, ma serve un’unica programmazione iniziale, assente nel caso di specie, dove l’episodio romano è stato ritenuto occasionale e non parte del piano originario dell’associazione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Disegno Criminoso: La Cassazione Nega la Continuazione per Reati Occasionali

L’istituto del reato continuato, basato sull’esistenza di un unico disegno criminoso, rappresenta una garanzia fondamentale per l’imputato, consentendo un trattamento sanzionatorio più mite per una serie di reati. Tuttavia, quando si può affermare che più crimini, anche simili, derivino da un’unica programmazione? Con la sentenza n. 13334 del 2024, la Corte di Cassazione traccia una linea netta, negando la continuazione tra reati commessi nell’ambito di un’associazione stabile e un episodio delittuoso isolato, seppur funzionale agli interessi di alcuni associati.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria riguarda un soggetto condannato in due procedimenti distinti. Il primo, definito dalla Corte di Appello di Napoli, per partecipazione a un’associazione finalizzata al narcotraffico (operante dal 2010) e per cinque episodi di spaccio di cocaina avvenuti a Napoli nel 2014. Il secondo, definito dalla Corte di Appello di Roma, per un singolo episodio di traffico di hashish commesso a Roma nel 2013.

L’interessato, in sede di esecuzione, chiedeva il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati nelle due sentenze, sostenendo che fossero tutti riconducibili a un unico disegno criminoso. A sostegno della sua tesi, evidenziava la natura comune dei reati (narcotraffico), la contiguità temporale e il coinvolgimento di alcuni medesimi coimputati in entrambi i contesti.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. I giudici hanno ritenuto insussistente il vincolo della continuazione, poiché mancava l’elemento fondamentale: l’unicità della programmazione criminale. La Corte ha stabilito che l’episodio romano, per le sue specifiche modalità, non poteva essere considerato come parte del piano originario dell’associazione napoletana.

Le motivazioni: perché è stato negato il disegno criminoso?

La sentenza offre chiarimenti cruciali sui presupposti per l’applicazione del reato continuato, specialmente in relazione ai reati associativi. Le motivazioni si fondano su tre pilastri argomentativi.

Distinzione tra Programma Criminale e Propensione al Delitto

La Corte ribadisce un principio consolidato: il disegno criminoso non si identifica con una generica “propensione a delinquere”. Esso richiede che l’agente si sia rappresentato e abbia deliberato, fin dall’inizio, una serie di condotte criminose, almeno nelle loro linee essenziali. Nel caso di specie, mentre i reati commessi a Napoli erano la diretta espressione del programma del sodalizio criminale, il fatto di Roma è stato considerato un’azione estemporanea.

Il Contesto Occasionale del Reato Romano

L’elemento decisivo per escludere la continuazione è stata la natura occasionale e contingente del reato commesso a Roma. L’imputato e un altro sodale si erano recati nella Capitale su richiesta di un vertice dell’associazione per risolvere un problema imprevisto: sbloccare un carico di stupefacenti. Si è trattato, quindi, di un intervento non pianificato, avulso dal contesto operativo stabile del gruppo campano. Il ruolo dell’imputato, inoltre, era stato meramente esecutivo e limitato a quella singola azione, dopo la quale era immediatamente rientrato a Napoli.

Irrilevanza della Posizione dei Coimputati

Il ricorrente aveva sottolineato che ad altri coimputati era stata concessa la continuazione. La Cassazione ha respinto l’argomento, chiarendo che la valutazione del vincolo della continuazione è strettamente individuale. È irrilevante che il beneficio sia stato riconosciuto ad altri concorrenti, soprattutto se questi, come nel caso in esame, ricoprivano ruoli organizzativi e di vertice differenti da quello meramente esecutivo del ricorrente. La diversità dei ruoli può giustificare una diversa valutazione circa la programmazione iniziale dei delitti.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza l’interpretazione rigorosa dei requisiti per il riconoscimento del reato continuato. La sentenza insegna che non è sufficiente dimostrare l’omogeneità dei reati o la parziale coincidenza dei partecipi. Per affermare l’esistenza di un unico disegno criminoso, è indispensabile provare che i diversi episodi delittuosi fossero stati programmati sin dall’inizio come parte di un unico progetto. Un’azione criminale occasionale, dettata da contingenze non previste, anche se compiuta a favore di membri del proprio gruppo, non rientra automaticamente nel piano originario e non può essere unificata sotto il vincolo della continuazione.

È sufficiente commettere reati dello stesso tipo per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No. La sentenza chiarisce che l’omogeneità dei reati è solo uno degli indicatori. È necessario dimostrare che i crimini successivi erano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, fin dal momento del primo reato, come parte di un unico piano.

Un reato commesso per aiutare un membro della propria associazione criminale rientra sempre nel medesimo disegno criminoso?
Non necessariamente. La Corte ha stabilito che se il reato è frutto di una determinazione estemporanea, legato a circostanze contingenti e non programmato “ab origine” nell’ambito delle attività del sodalizio, non può essere considerato parte del medesimo disegno criminoso dell’associazione.

Se la continuazione viene riconosciuta a un coimputato, deve essere concessa anche agli altri?
No. La decisione sulla continuazione è strettamente personale. La Corte ha evidenziato che ruoli diversi all’interno di un’associazione (es. organizzativo vs. meramente esecutivo) possono portare a valutazioni differenti, giustificando il riconoscimento del vincolo per alcuni e non per altri.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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